Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 21

NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
della Cassazione e ha quindi sostenuto l’impossibilità di dedurre dal reddi-
to d’impresa le sanzioni in argomento.
Nella sentenza
n. 370 del 04/04/2001
9
, riguardante un caso sulle sanzioni
antitrust, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ne ha ammesso
la deducibilità, sviluppando la sua motivazione su tre punti principali:
1)
se è vero che il Ministero delle Finanze si era espresso per
l’indeducibilità delle sanzioni come diretta conseguenza del comportamen-
to illecito del contribuente, affermando che “le sanzioni pecuniarie irrogate
dalla UE o da altri organismi non sono deducibili dal reddito d’impresa in
quanto trattasi di oneri non inerenti all’attività d’impresa. L’irrogazione
della sanzione è infatti una conseguenza del comportamento illecito tenuto
dal contribuente”, è anche vero per la Commissione che l’aver tenuto una
condotta antigiuridica non è rilevante per la soluzione della questione della
deducibilità delle sanzioni. Si consideri infatti che anche le sanzioni civili
sono conseguenza di un comportamento antigiuridico, ma lo stesso Mini-
stero delle Finanze con
risoluzione n. 9/174 del 27 aprile 1991
le reputa
deducibili dal reddito d’impresa.
2)
inoltre, la Commissione mette in discussione un’altra argomenta-
zione posta a base della teoria della indeducibilità delle sanzioni, e cioè che
se le sanzioni fossero deducibili dal reddito, esse sarebbero poste a carico
dell’intera collettività in termini di minor gettito fiscale. Ma non si capisce
perché la collettività, così come partecipa al risultato positivo dell’attività
d’impresa, non debba partecipare anche quando questo risultato si riduce,
attività lecita o illecita che sia.
3)
infine, la Commissione sostiene la deducibilità di tali sanzioni per-
ché nel caso opposto il contribuente verrebbe penalizzato due volte: una
prima volta con la sanzione, e una seconda volta riprendendo l’importo
corrispondente alla sanzione in aumento ai fini della determinazione del-
l’imponibile fiscale. Violando anche il principio di capacità contributiva,
giacché si andrebbe a tassare un reddito imponibile invece affievolito dalle
sanzioni subite.
A medesime conclusioni è giunta la Commissione Tributaria Provinciale di
Milano nelle
sentenze
10
n. 427/3/2010 del 28.10.2010 e n. 78/03/11 del
02.03.2011
, ritenendo che le sanzioni irrogate dall’Antitrust “…
hanno
un’incidenza sulla determinazione dell’imponibile, non tanto per la loro
esplicita e diretta connessione ad una determinata componente di reddi-
to, ma ad una attività potenzialmente idonea a produrre reddito...
” e
pertanto sono fiscalmente deducibili.
Gli orientamenti della dottrina
Nella dottrina si distinguono due opposte posizioni.
La corrente minoritaria distingue tra le sanzioni con carattere afflittivo (in
nessun caso deducibili) e quelle di tipo risarcitorio (che dovrebbero essere
deducibili). La prevalente dottrina ritiene invece opportuno analizzare se il
comportamento sanzionato sia riferibile all’attività d’impresa e se dunque il
carattere dell’inerenza ex art.109 TUIR sia presente. Se infatti le sanzioni
fossero fiscalmente irrilevanti, l’impresa verrebbe colpita due volte: una pri-
ma volta, direttamente, mediante la comminazione dalla sanzione amministra-
tiva prevista per l’illecito compiuto; una seconda volta, in modo indiretto,
per via della asserita indeducibilità della sanzione stessa, violando il princi-
pio della legalità della pena ex
art. 25 della Costituzione
, poiché aggravereb-
be irrazionalmente la portata punitiva della pena, oltreché il già citato
art. 53
della Costituzione
, riguardante la capacità contributiva del contribuente.
Tale corrente esclude, comunque, la possibilità di dedurre le sanzioni per
violazioni tributarie, rappresentando queste ultime la conseguenza di illeci-
ti compiuti dall’imprenditore in veste di contribuente e non nello svolgi-
mento dell’attività aziendale.
Al riguardo, ricordiamo che, in base alla
Norma di comportamento n. 138
del 9 aprile 1999 dell’Associazione Dottori Commercialisti di Milano
, le
sanzioni antitrust sono deducibili ai fini della determinazione del reddito
d’impresa in quanto le infrazioni per cui sono irrogate si manifestano nel-
l’ambito dell’attività imprenditoriale e sono finalizzate al conseguimento di
maggiori ricavi rispetto a quelli realizzabili in assenza della condotta illecita
sanzionata.
A sostegno di siffatte argomentazioni si è sostanzialmente pronunciata
anche
Assonime nella circ. 24 maggio 2000, n. 39
, in cui viene affermato
come sia difficile negare che le sanzioni in parola presentino comunque un
collegamento con la gestione aziendale, ma occorre valutare caso per caso
se sussiste una correlazione con la produzione dell’utile. Assonime prose-
gue affermando anche che la sanzione costituisce la punizione irrogata
dell’ordinamento e negarne la deducibilità significherebbe ampliarne la
portata negativa sull’impresa, violando fra l’altro il principio della capacità
contributiva.
Deducibilità delle sanzioni antitrust
Posizioni favorevoli.
In giurisprudenza di merito, fra le altre:
- Comm. trib. prov. di Milano, sent. n. 78 del 2 marzo 2011;
- Comm. trib. prov. di Milano, sent. n. 427 del 28 ottobre 2010;
- Comm. trib. prov. di Milano, sent. n. 370 del 4 aprile 2001.
In dottrina, fra gli altri:
- Associazione Dottori Commercialisti di Milano, Norma di comportamento
9 aprile 1999, n. 138
- Assonime, circ. 24 maggio 2000, n. 39.
Posizioni contrarie.
Amministrazione Finanziaria:
- circ. 17 maggio 2000, n. 98/E;
- ris. 12 giugno 2001, n. 89/E;
- circ. 20 giugno 2002, n. 55/E;
- circ. 26 settembre 2005, n. 42/E.
In giurisprudenza di legittimità, fra le altre:
- sent. Cassazione n. 5050 del 3 marzo 2010;
- sent. Cassazione n. 8135 dell’ 11 aprile 2011;
- sent Cassazione n. 18368 del 26 ottobre 2012.
Contravvenzioni al codice della strada
Per quanto riguarda il trattamento fiscale delle sanzioni inflitte a fronte di
infrazioni alle norme del codice della strada, in dottrina l’orientamento as-
solutamente prevalente disconosce la loro rilevanza come componenti ne-
gativi deducibili dal reddito d’impresa, adducendo la loro innegabile fun-
zione punitiva.
Tale posizione dottrinale è d’altronde allineata con la giurisprudenza della
Cassazione, in particolare, con la
sent. 29 maggio 2000, n. 7071
11
, in cui la
Corte ha escluso la correlazione di tali sanzioni con la produzione del red-
dito, ribadendo la loro funzione repressiva di condotte illecite.
Tuttavia, in dottrina non mancano opinioni contrarie. Per esempio, la Fon-
dazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con il
parere n. 1 del 19 gennaio
2010
, ha sostenuto la deducibilità della contravvenzione irrogata ad un
autotrasportatore, imprenditore individuale, a seguito di un grave inciden-
te stradale. In quell’occasione, la citata dottrina ha osservato che all’im-
prenditore era pacificamente riconosciuta la deduzione degli oneri di
dissequestro dell’automezzo e del maggior premio assicurativo dovuto alla
penale applicata dalla compagnia assicurativa; pertanto, “non si compren-
de perché non debba essere deducibile anche la contravvenzione che è
una delle componenti relative all’intera vicenda nella quale è evidente che
l’uso del mezzo di trasporto è avvenuto nell’ambito dell’attività d’impresa
ordinariamente esercitata dall’imprenditore”.
Ad ogni modo, parte della dottrina, sottolineando l’evidente inerenza all’at-
tività d’impresa delle contravvenzioni riferite a beni strumentali, come sono
gli autoveicoli utilizzati per fornire, produrre, commercializzare, ha giusta-
mente rilevato che, anche per tali sanzioni, vanno comunque applicati i limiti
di deducibilità dei costi afferenti gli automezzi stabiliti dall’
art. 164 del TUIR
.
Penalità contrattuali
Quello delle penalità contrattuali è invece un caso molto diverso in cui
infatti la Corte di Cassazione riconosce l’esistenza del principio dell’inerenza.
Con la
sent. n. 19702 depositata il 27 settembre 2011
12
,
la Corte di
Cassazione ha ammesso la deducibilità ai fini della determinazione del red-
dito d’impresa delle somme versate a titolo di penalità per il ritardo nel-
l’adempimento o in caso di inadempimento contrattuale, posta la loro
inerenza alla dinamica della stessa attività d’impresa.
La clausola che prevede tale penalità (prevista all’
art. 1382, comma 1, del
codice civile
) rappresenta un patto accessorio del contratto che svolge sia
la funzione di rafforzare il vincolo contrattuale fra le parti, ovvero di
coercizione all’adempimento, sia quella di determinare, in via preventiva e
consensuale, la misura del risarcimento in caso di inosservanza degli obbli-
ghi contrattuali. Pertanto, non è connotata da una finalità sanzionatoria o
punitiva e, quindi, le somme dovute in sua dipendenza non possono in
alcun modo essere equiparate alle sanzioni comminate dall’Autorità ammi-
nistrativa per punire comportamenti illeciti dell’imprenditore
13
.
Riflessioni conclusive
In conclusione, l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale negano
aprioristicamente la possibilità di scomputare dal reddito d’impresa le som-
me dovute a titolo di sanzione amministrativa, poiché ritenute non inerenti.
9
In banca dati Fisconline.
10
Entrambe in banca dati Fisconline.
11
In riferimento alla sentenza del 26 novembre 1996 della Commissione Tributaria Regionale delle Marche.
12
In riferimento alla sentenza dell’11aprile 2005 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
13
Giuseppe Rebecca e Maurizio Zanni,
Il trattamento delle sanzioni amministrative nella determinazione del reddito d’impresa: le diverse posizioni a confronto
, Il Fisco, 2012.
La deducibilità
delle sanzioni amministrative
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