Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 15

NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
TOMMASO VIDALE
1
Ordine di Udine
Valore normale dei servizi
intercompany
:
quando l'OCSE non basta
BORSE DI STUDIO 2016
SEGUE A PAGINA 16
1.
I contratti
intercompany
Il panorama economico mondiale attuale è carat-
terizzato dalla capillare presenza di gruppi
societari, gestiti ed orientati in ottica unitaria dal-
la casa madre. Tra tutte le interrelazioni presenti
tra i membri di queste aggregazioni, la casa ma-
dre è solita svolgere delle attività che producono
utilità a tutto il gruppo in una prospettiva di eco-
nomie di scala e/o di scopo: si tratta della
fattispecie dei c.d. servizi infragruppo (o
intercompany
), i quali possono essere forniti alle
consociate sia dalla casa madre che da altri mem-
bri del gruppo a ciò deputati
2
. Tali prestazioni
non sono esclusivamente orientate al coordina-
mento delle attività globali – servizi tendenzial-
mente amministrativi – ma abbracciano spesso
anche aspetti specifici quali l’assistenza produt-
tiva, commerciale ed organizzativa, arrivando a
costituire un flusso di attività che influenza in
misura sostanziale la gestione imprenditoriale.
Prescindendo dalle caratteristiche che possono
assumere i servizi infragruppo e dai benefici che
ne conseguono, in questa sede si analizzeranno
gli strumenti con cui vengono gestiti questi rap-
porti, i c.d. contratti
intercompany
, concentran-
do l’attenzione sui casi in cui esistano delle con-
crete difficoltà di applicazione di metodi
standard
” per la definizione del valore normale
del corrispettivo da applicare a tali prestazioni.
Di seguito, quindi, si tenterà di definire alcune
modalità pratiche utili alla corretta costruzione
dei contratti
intercompany
, con particolare riguar-
do alla determinazione del corrispettivo, alla luce
dei principi dettati dalle direttive fiscali nazionali
e convenzionali. Ci si calerà, in particolare, in una
situazione in cui risulta molto complesso appli-
care pedissequamente i criteri definiti dall’OCSE,
i quali prevedono un profondo allineamenti ai
valori di mercato. Caso senza dubbio verosimile
in quanto le valutazioni di mercato risultano spes-
so impedite da diversi elementi: la società
prestatrice potrebbe erogare i servizi esclusiva-
mente alle consociate; i servizi potrebbero carat-
terizzarsi di peculiarità talmente specifiche da ren-
derli difficilmente confrontabili con quelli di altre
imprese presenti nel mercato; il corrispettivo po-
trebbe non essere determinato tramite imputazio-
ne diretta. Si vedrà come, a queste condizioni, l’ap-
plicazione dei criteri delineati nelle LineeGuida sia
complessa e saranno necessarie alcune particola-
ri analisi al fine di adattare i principi in esse stabiliti
ai fini del rispetto della disciplina fiscale.
2.
Profili fiscali dei contratti
intercompany
I contratti
intercompany
consistono in accordi a
prestazioni corrispettive tra società membri di uno
stesso gruppo d’impresa con cui vengono disci-
plinati i rapporti e fissati i compensi per la gestio-
ne di tali prestazioni. Non si tratta dunque di una
mera ripartizione dei costi tra le consociate in
funzione dei benefici ottenuti, come nei contratti di
ripartizione di costi (
CCA
). Questi accordi, invece,
comportano un vero e proprio trasferimento di ma-
teria imponibile tra imprese – spesso localizzate in
Stati differenti – il che li rende, proprio per questo,
soggetti a una particolare disciplina fiscale.
In breve, per ciò che concerne la normativa inter-
na, si tratta del combinato disposto dell’art. 109
co. 5 del TUIR, il quale impone che il costo
deducibile debba essere correlato a ricavi impo-
nibili, e dell’art. 110 co. 7 del TUIR, la disciplina
del c.d.
transfer pricing
, che impone che la de-
terminazione dei corrispettivi per transazioni in-
ternazionali infragruppo debba avvenire a valore
normale. In seconda battuta, nel caso di
fattispecie internazionali, la disciplina interna
deve essere coordinata con quella convenziona-
le: all’art. 9 del Modello di convenzione OCSE si
definisce, infatti, tale fattispecie, trattata poi pun-
tualmente nelle “Linee Guida dell’OCSE sui prez-
zi di trasferimento per le imprese multinazionali e
le amministrazioni fiscali”.
Nella definizione dei rapporti
intercompany
, solo
sottostando al panorama normativo appena deli-
neato sarà possibile evitare riprese fiscali da par-
te dell’amministrazione finanziaria. In particola-
re, è proprio alla fonte convenzionale, che peral-
tro richiama i principi dettati dai predetti articoli
del TUIR, a cui è necessario rivolgere fondamen-
tale attenzione ai presenti fini. Al cap. 7 elle Li-
nee Guida si sancisce che
“due questioni sorgo-
no nell’analisi del
transfer pricing
per i servizi
infragruppo
”, la prima delle quali mira a ricercare
“l’effettiva prestazione dei servizi
”: in altre pa-
role, sarà necessario individuare, tra tutti gli scam-
bi che intercorrono tra le imprese del gruppo,
quelli che possano essere effettivamente consi-
derati servizi
intercompany
in senso stresso.
Sempre secondo l’OCSE, cap. 7 delle Linee Gui-
da, al fine di determinare l’idoneo corrispettivo
per il servizio infragruppo
3
risulta necessario va-
lutare “
la conformità al principio di libera con-
correnza dei pagamenti infragruppo per la
prestazione di detti servizi
”.
3.
Verifica dell’effettiva prestazione
dei servizi
Per l’identificazione dei servizi, le Linee Guida
stabiliscono che il requisito di effettività è verifi-
cato nel caso in cui un soggetto indipendente
sarebbe disposto ad acquistare il medesimo ser-
vizio da terzi o a dotarsene internamente; in altri
termini, il servizio deve aver
contribuito a con-
ferire […] un vantaggio economico
”.
Sulla natura e l’esistenza di tale beneficio in capo
alla società percipiente vi sono tuttora molte in-
certezze. Quel che pare opportuno sottolineare
in questa sede è che sia da prediligersi la visione
più estensiva assunta dall’OCSE, rispetto
inter
alia
alla norma interna, la quale ammette la sussi-
stenza di un beneficio anche solo prospettico, di
lungo termine, anche se effettivamente non ver-
rà mai conseguito. Di contro, le stesse conside-
razioni non possono essere spese nel caso in cui
i benefici siano solo accessori – in cui l’impresa
gode indirettamente di benefici generati in capo
ad altri membri – o occasionali – imputabili cioè
non alla specifica attività erogata ma soltanto
all’essere parte di un’entità più ampia
4
.
Un tanto premesso, è palese come i servizi che
non garantiscono vantaggi alle consociate
percipienti non possano essere definiti
intercompany
. Tra questi, i servizi “per eccellen-
za” da escludersi sono quelli di regia tipici della
funzione di azionista
5
. Parimenti saranno esclusi
i servizi prestati dalla consociata se semplice-
mente duplicano un servizio di cui il percipiente
è già dotato, salva la dimostrazione della tempo-
raneità della duplicazione o della presenza di de-
terminate peculiarità che differenziano il servizio
intercompany
. Attenzione particolare meritano
invece i servizi c.d.
on call
, i quali potrebbero
configurare un servizio infragruppo nel caso in
cui la mera disponibilità potenziale del servizio
abbia comunque un valore economico
6
.
Dall’esposizione di queste casistiche, appare
chiaro che per la definizione di quali possano
essere o meno considerati servizi
intercompany
è necessaria un’analisi
case by case
volta a indi-
viduare i benefici generati in capo al soggetto
percipiente. Requisito imprescindibile di tale ana-
lisi è che si basi su fatti e circostanze reali. È
invalida pertanto l’individuazione astratta delle
attività costituenti i servizi infragruppo. All’op-
posto, sarà necessario dimostrare l’effettiva pre-
stazione, requisito assolutamente non necessa-
rio – di contro – nei
CCA
, dove la mera partecipa-
zione all’accordo giustifica l’allocazione di un
costo.
Risultato di tale analisi di “effettività” è
l’elencazione puntuale dei servizi che rientreran-
no nel contratto
intercompany
.
4.
Determinazione dell’idoneo corrispettivo
Secondo le Linee Guida dell’OCSE, la
quantificazione del valore normale del
corrispettivo riconosciuto a fronte
dell’erogazione del servizio
intercompany
,
deve
avvenire tramite uno dei metodi delineati dalle
stesse Linee Guida, tra cui i due più utilizzati sono
il metodo del
comparable uncontrolled price
(
CUP
) e il
cost plus method
(
CPM
).
Come già accennato in precedenza, tuttavia, è
possibile riscontrare in concreto delle situazioni
che impediscono una loro automatica applica-
zione. Si consideri ad esempio la possibilità che
una casa madre fornisca dei servizi esclusiva
1
Elaborato vincitore del primo premio del Bando per Borse di Studio denominato “Il Commercialista Veneto 2016" indetto dall’Associazione dei Dottori Commercialisti e degli
Esperti Contabili delle Tre Venezie
2
Nel prosieguo, al fine di semplificarne la trattazione, si farà riferimento sempre a servizi intercompany erogati dalla casa madre.
3
Nel caso in cui il soggetto prestatore del servizio si avvalesse del c.d. metodo di imputazione diretta, che prevede l’immediata fatturazione della prestazione puntualmente per
ogni servizio prestato, il corrispettivo sarebbe già determinato e sarebbe sufficiente un’analisi di conformità con il principio di libera concorrenza. Tuttavia, la fattispecie
considerata ipotizza che ciò non si verifichi, rendendo necessaria, per la determinazione del corrispettivo
infragruppo, l’applicazione di un metodo indiretto, certamente più complesso e ingenerante un maggiore rischio di ripresa fiscale. Linee Guida § 7.27.
4
Linee Guida § 7.12-13.
5
Linee Guida § 7.10.
6
Linee Guida § 7.17.
1...,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14 16,17,18,19,20,21,22,23,24,25,...36
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