Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 18

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NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
affrontate.
Il punto di partenza si individua al § 7.2.3 della Circo-
lare 11/E che, rifacendosi alle Linee Guida OCSE
7
,
ammette l’utilizzabilità di metodi alternativi derivanti
dalla migliore prassi valutativa.
In concreto, e a titolo esemplificativo, sarebbe possi-
bile determinare la redditività incrementale generata
dall’impiego in via diretta dell’intangibile individuan-
do il differenziale tra i risultati prodotti da due rami
d’azienda: uno che sfrutta il bene immateriale ed uno
in una fase anteriore, precedente all’introduzione del
bene immateriale nei processi produttivi dell’impresa.
Tale approccio potrebbe essere considerato una
rielaborazione dei metodi suggeriti dall’Agenzia e
dall’OIV: conformemente al RPSM, si individuerebbe-
ro due
funzioni
/
business unit
sostanzialmente identi-
che, tranne che per la presenza dell’intangibile stesso.
Quest’ultimo approccio, analogamente al metodo “
With
and Without
” proposto dall’OIV
8
, permette la deriva-
zione dell’utilità economica apportata dal bene – che
frequentemente consiste in un risparmio di costi e/o un
aumento di produttività – mediante un’analisi differen-
ziale tra i risultati prodotti dalle due unità produttive.
Dopo aver quantificato il contributo economico, resi-
dua tuttavia l’attività probabilmente più complessa di
tutto il processo valutativo: sarà necessario, dimo-
strare la coerenza dei risultati conseguiti con il princi-
pio dell’
arm’s length
in modo da garantire il rispetto
degli assiomi valutativi stabiliti dalla norma.
In primis, quindi, è necessario indagare se le grandezze
impiegate nel processo valutativo siano coerenti con
quanto riscontrabile per il generico operatore di mer-
cato. Un simile concetto, sebbene caratterizzato da
una formulazione teorica estremamente semplice, nel-
la pratica può scontrarsi con l’assenza di una base
informativa di quantità e qualità pari a quella utilizza-
ta per la stima del contributo economico. A supporto
dell’analisi svolta per il contribuente, infatti, vengono
tendenzialmente utilizzati i dati forniti dalla contabili-
tà industriale, dotati di un elevatissimo grado di preci-
sione e riservatezza, la cui estrapolazione dalle fonti
informative pubbliche o a pagamento risulta presso-
ché inverosimile. Risulta pertanto necessario affron-
tare la problematica da un punto di vista diverso: al-
l’interno del metodo di calcolo per la determinazione
del contributo economico del contribuente è certamente
possibile individuare quali siano le specificità che inci-
dono maggiormente nella determinazione dello stesso,
così da determinare gli elementi contabili che risultano
fondamentali nella differenziazione del prezzo nel caso
di una pluralità di transazioni e definire la relazione tra
questi elementi contabili ed il contributo economico. A
questo punto, estrapolando dal mercato il dato medio
degli elementi contabili definiti in precedenza, è possi-
bile determinare il contributo economico del quale può
godere il generico operatore nel mercato che intenda
acquistare la concessione in uso del bene immateriale,
riscontrando, in tal modo, la concreta possibilità di
commercializzazione dell’intangibile. Un tanto, corri-
sponde alla verifica che il contributo economico ricava-
to da un operatore generico sia superiore al contributo
economico di cui gode il contribuente proprietario del
bene immateriale (una sorta di “
surplus
di mercato”).
Tuttavia, il superamento di questa primo test non è
sufficiente a determinare il rispetto dell’
arm’s length
principle
, in virtù del quale è garantita la conformità
del modello valutativo adottato con il dettato
normativo. Per comprendere quale possa essere il per-
corso logico capace di rendere il modello valutativo
impiegato perfettamente rispondente alle previsioni
della norma, è opportuno focalizzare l’attenzione su
quali siano le dinamiche che si instaurano tra due parti
nella determinazione di un prezzo (o una royalty nel
caso di concessione di un bene immateriale). L’ele-
mento di maggiore impatto economico e che certamen-
te va considerato è che entrambe le parti concluderan-
no la transazione solamente se ne possono ricavare un
profitto in grado di remunerare gli oneri ed i rischi
assunti. Pertanto, se il
surplus
di mercato rappresenta
l’utilità differenziale che il generico operatore di mer-
cato ricaverebbe dall’utilizzo diretto dell’intangibile,
il prezzo al quale il terzo è disposto ad acquistare la
concessione in uso del bene è certamente inferiore a detto
surplus
, per un importo pari alla remunerazione che il
terzo intende ricavare dalla transazione (nel caso di ro-
yalty, tale valore prende il nome di “licenza passiva”).
Il rispetto
dell’arm’s length principle
,
per tanto, è
verificabile solamente nei casi in cui il
surplus
di mer-
cato sia sufficientemente elevato da garantire al ceden-
te (licenziante) una remunerazione almeno pari al con-
tributo economico generato dall’uso diretto del bene
immateriale (la licenza attiva, che dev’essere almeno
pari al reddito oggetto di agevolazione) ed all’acqui-
rente (licenziatario) l’appropriazione di un profitto
almeno pari alla remunerazione degli oneri e dei rischi
assunti (“licenza passiva”). La determinante di cui
non si conosce ancora l’entità, in questo caso, è rap-
presentata dalla licenza passiva. Pur nella consapevo-
lezza che le possibili determinanti della licenza passi-
va siano molteplici, una su tutte è senza dubbio domi-
nante: la già citata remunerazione del capitale investi-
to e dei rischi assunti dal soggetto licenziatario.
L’entità della suddetta licenza passiva è quindi
determinabile ricavando dal mercato l’idoneo tasso di
remunerazione dell’investimento richiesto al licenzian-
te, fissando la misura minima di tale capitale investito
nell’entità della licenza attiva (come già riportato, pari
al reddito agevolabile). In altre parole, se da un lato il
licenziante è disposto a concedere a terzi l’uso del
bene immateriale solo a fronte di una
royalty
almeno
pari al contributo economico generato dall’utilizzo
diretto dell’intangibile, dall’altro il generico operatore
nel mercato è disposto a corrispondere tale
royalty
unicamente se il contributo economico che ne ricava è
almeno in grado di remunerare il capitale vincolato a
tale operazione.
Il tasso di remunerazione dell’investimento può esse-
re assunto pari al W.A.C.C. di settore, calcolato sulla
base del tasso di remunerazione del capitale di rischio
(stimato con il metodo C.A.P.M.), del tasso di
indebitamento ottimale per il settore e del tasso di
approvvigionamento del capitale di debito. Nel caso
in cui applicando alla licenza attiva un tasso di
remunerazione pari al W.A.C.C. si stimi una licenza
passiva inferiore al “
surlpus
di mercato”, è possibile
considerare rispettato l’
arm’s length principle
: un ge-
nerico partecipante al mercato, infatti, riconoscerebbe
al licenziatario una licenza di valore non inferiore al
contributo economico definito in capo allo stesso istan-
te, riuscendo contemporaneamente a garantirsi la
remunerazione del proprio investimento.
4.
Conclusioni
Dall’analisi proposta emerge come la determinazione di
un contributo economico valevole ai fini del
Patent Box
richieda un importante sforzo valutativo. A ciò si ag-
giunga la scarsa collaborazione dell’Agenzia delle En-
trate che, tramite un richiamo pressoché passivo agli
affermati criteri OCSE, ha perso l’occasione per fornire
un reale contributo inmerito ai criteri valutativi adottabili
in caso di utilizzo diretto dell’intangibile, generando
ulteriori complessità nell’approccio alla materia.
È necessario ammettere come la fissazione di criteri
valutativi predefiniti mal si adatti a un processo così
complesso come quello considerato: l’adozione dei
metodi diversi
”, pur integrata dalle idonee analisi di
congruità suggerite, sembra l’unico mezzo non solo
per superare le difficoltà applicative in ordine alla scar-
sa disponibilità di valori di mercato, ma anche per
garantire il rispetto del principio di libera concorren-
za, caposaldo delle Linee Guida OCSE, senza ridurlo
all’applicazione di rigidi schemi preimpostati.
In situazioni complesse come quelle del
Patent Box
,
un valutatore attento, farà riferimento non tanto agli
specifici criteri da adottare ma presterà un’attenzione
particolare ai principi fondamentali, al fine di operare
l’indispensabile adattamento in grado di salvaguardare
il rispetto della norma e, di riflesso, gli interessi del-
l’Agenzia e del contribuente.
7
Si veda in particolare il § 2.9.
8
In merito all’utilizzabilità dei metodi OIV come “traduzioni pratiche” dei metodi dell’Agenzia si veda Luca Gaiani,
cit., pag. 912.
Patent Box
SEGUE DA PAGINA 17
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