Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 11

NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
dell’imposta di registro è quella per i fabbricati, nel caso di cessione da privato.
Cosa fare, a questo punto? Le alternative non sono molte, in attesa di un
sempre possibile e auspicabile intervento chiarificatore. Le opzioni sono:
- non trattare l’atto, ai fini delle imposte dirette, come operazione specula-
tiva (in questo caso l’accertamento potrebbe essere sicuro, salvo cambia-
mento di rotta ante accertamento);
- trattare l’atto come cessione di area, ai fini delle imposte dirette, presen-
tando la dichiarazione e contestualmente istanza di rimborso, cui far segui-
re il ricorso avanti la Commissione Tributaria Provinciale competente av-
verso il sicuro silenzio/rifiuto da parte dell’Agenzia delle Entrate, richia-
mando le due sentenze della Cassazione, la n. 4150 del 2014 e la n. 15629;
- adeguarsi all’interpretazione ministeriale e, in presenza di norme che con-
sentano l’affrancamento delle plusvalenze sui terreni, più volte rinnovate,
rivalutare il fabbricato da demolire, tenendo presente che la perizia dovrà
peraltro riferirsi all’area, non al fabbricato. E anche questo è un aspetto
quantomeno originale. In ogni caso la sentenza della Cassazione n. 4150
del 21 febbraio 2014, la prima della Cassazione dopo la Risoluzione
Ministeriale del 2008, ci ha fatto riguardo la n. 15629 dal 9 luglio 2014,
lasciano ben sperare. Una cessione di un immobile che sarà abbattuto (ma
potrebbe anche non esserlo) è sempre cessione di un fabbricato, non di
terreno, con le conseguenze che ne derivano. Speriamo che non sia neces-
sario continuare ad adire il contenzioso, su questo punto, per far valere
questa semplice tesi: la natura del bene ceduto non può essere variata solo
per questione di gettito.
6 – Conclusioni
Dopo un iniziale ottimismo, vista la sentenza n. 4150/2014 che finalmente
contestava quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate in tema di cessio-
ne di immobili da demolire, la riconferma con la sentenza n. 15629/2014
lasciava ben sperare in un adeguamento, in tal senso, da parte dell’Ammi-
nistrazione Finanziaria.
Ma evidentemente la Cassazione non ha influenzato in alcun modo l’Am-
ministrazione Finanziaria, che prosegue imperterrita nella sua strada della
riqualificazione delle cessioni di immobili da abbattere in cessione di aree
edificabili. In questo senso, vedasi la risposta di all’interpello del 15 luglio
2014. Eppure il tutto appare molto semplice: se l’atto di cessione ha per
oggetto un fabbricato, tale deve essere anche ai fini delle imposte dirette, a
prescindere dalla volontà dell’acquirente di demolirlo o meno o dalla richie-
sta o meno, da parte del venditore, della concessione edilizia per la demo-
lizione e ricostruzione dell’immobile.
E’ quello che la dottrina ha da sempre sostenuto: la cessione di un immobi-
le, seppure da demolire secondo le intenzioni delle parti, non può essere
legittimamente riqualificata in cessione di area edificabile, ma deve restare,
ai fini dell’imposizione sia diretta che indiretta, cessione di immobile.
Noi continuiamo a sperare in un
revirement
dell’Amministrazione Finan-
ziaria, seppur con sempre meno fiducia. C’è anche da augurarsi che inter-
venga nuovamente la Corte di Cassazione, con pronunce che si esprimano
in accordo con le due precedenti sentenze del 2014, e che il Ministero,
finalmente, le faccia proprie, come preannunciato nella risposta all’interro-
gazione parlamentare di luglio 2014. Ma invero, del tutto inopinatamente, la
Cassazione è successivamente intervenuta con la sentenza n. 16983 del 19
agosto 2015, ma il caso era proprio riferito ad un’area di terreno con sovra-
stante fabbricato da demolire. E questo elemento ha fatto propendere per la
tesi poi espressa, peraltro senza mai richiamare le due precedenti sentenze.
Abbiamo poi altre sentenze, ma sono relative all’imposta di registro, e
questa è altra cosa.
La cessione di fabbricati
da abbattere
SEGUE DA PAGINA 10
Il caso
Un collezionista acquista e vende piccole bottigliette di liquori di antiqua-
riato (c.d.“mignons”) su un noto sito online (“ebay”).
L’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Lucca, gli notifica un avviso di accer-
tamento per l’anno di imposta 2007, per imposte (IRPEF-IVA-IRAP) e
contributi INPS, a seguito di p.v.c. della Guardia di Finanza.
L’Ufficio ritiene che sussista in capo al contribuente l’esercizio di attività
di impresa (“commercio elettronico indiretto”), avendo riscontrato una
attività di scambio, acquisto e vendita di bottigliette.
Il collezionista presenta ricorso contro l’avviso di accertamento. La C.T.P.
di Lucca (sentenza 155/4/13 del 18/07/2013) accoglie il ricorso del contri-
buente e annulla l’avviso. L’Agenzia delle Entrate pre-
senta appello alla C.T.R. Toscana.
Le caratteristiche dell’attività del collezionista
nel caso in esame
Vediamo quali erano le caratteristiche dell’attività svol-
ta dal collezionista. Innanzitutto, c’era un numero esi-
guo di vendite, realizzate per la maggior parte sempre
nell’ambito degli stessi soggetti collezionisti
(presumibilmente tra loro conoscenti). Le bottigliette
erano vendute a prezzi assolutamente inferiori a quelli
di mercato. Provenivano, a loro volta, sempre da altri
collezionisti privati.
Era uno scambio, come afferma la C.T.R. Toscana, vol-
to essenzialmente “ad arricchire la propria collezione”.
Linea di demarcazione tra “collezionista” e “mer-
cante d’arte”
I giudici della C.T.R. Toscana osservano che il settore di cui si discute è
spesso chiamato il “mondo degli scambi”.
In questo variegato mondo, va tracciato il (non facile) confine tra il
“collezionista” e il “mercante d’arte”. Ebbene, secondo i giudici toscani,
la linea di demarcazione è rappresentata dalla presenza o meno dei requi-
siti di “commercialità”.
Bisogna distinguere se le operazioni di acquisto/vendita sono state poste
in essere:
1- con finalità speculativa (tipica del “mercante d’arte”), o
2- se il soggetto si è invece limitato ad acquistare i beni solo per tenerseli
per la sua collezione, oppure magari li rivende ed utilizza il (piccolo)
ricavato per l’acquisto di altri mignons che gli piacciono di più.
Ma solo nel primo caso il contribuente è un imprenditore.
La C.T.R. afferma che “il collezionista rimane tale sino a quando non
assume le caratteristiche dell’imprenditore abituale”.
Per qualificare un soggetto come imprenditore bisogna valutare la finalità
da lui perseguita nella sua attività.
La compravendita configura attività d’impresa ed è soggetta agli obblighi
contabili-fiscali solo se viene “realizzata in via professionale e abituale”.
Devono esserci regolarità, sistematicità, ripetitività, “con cui il soggetto
realizza atti economici finalizzati, al raggiungimento di uno scopo”.
Alla luce di tutto ciò, è evidente che il collezionista che compra e vende
oggetti su siti online a fini di collezionismo non svolge alcuna attività di
impresa, e quindi è escluso da tassazione e dagli obblighi contabili e
fiscali.
Le conclusioni della C.T.R.
Concludendo, la C.T.R. della Toscana (sezione 31, sentenza 826/31/16,
depositata il 09/05/2016) ha confermato la sentenza di primo grado, con
l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle
Entrate nei confronti del collezionista.
La C.T.R. ha escluso di riconoscere il contribuente come “imprenditore”
ai fini fiscali, in quanto la sua attività di compravendita di bottiglie
“mignon” su ebay era da ricondurre a quella del collezionista.
Il contribuente non esercitava l’attività di compravendita come profes-
sione abituale (era un pensionato!), e non possedeva i requisiti di profes-
sionalità,
organizzazione, economicità richiesti dal Codice Civile (art. 2082 c.c.). In
assenza di questi requisiti si deve ritenere che il contribuente non sia
titolare di reddito d’impresa e che quindi non sia assoggettato agli obblighi
contabili e fiscali.
Il collezionista on-line
non paga imposte (finché
non diventa imprenditore)
ANTONIO SACCARDO*
Ordine di Vicenza
* Socio Ordinario della Società Numismatica Italiana.
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