Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 31

NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
ANTONIOFORTAREZZA
Ordine diMilano
Antiriciclaggio: ripartiamo
con maggior consapevolezza
NORME E TRIBUTI
C
ome professionisti, a distanza di oltre 10 anni da quando nei nostri studi
è comparsa per la prima volta la normativa antiriciclaggio, possiamo fare
alcune riflessioni, soprattutto per comprendere meglio la portata di un
obbligo, che ancora oggi, è uno dei più sofferti, ma ritenuto dalla categoria
necessario. Prima di addentrarci nello sviluppo del tema e nel tentativo di condivi-
dere alcune riflessioni, che abbiano almeno la speranza di far comprendere meglio la
portata di un adempimento che per la prima volta ed in modo devastante ha riguar-
dato il nostro Studio, non possiamo fare a meno di chiederci a che cosa serve tutto
questo sistema. Aquesta domanda è facile rispondere. Questo sistema è un presidio
di carattere organizzativo per contrastare la libera ed indifferente circolazione tra gli
operatori finanziari e professionali di proventi derivanti da attività illecite.
Nella massima onestà intellettuale, non possiamo far finta di non vedere che la lotta
alla criminalità finanziaria con questo nuovo sistema di presidi (a cui anche i Com-
mercialisti hanno partecipato) ha dato durissimi colpi ad operatori scorretti che con
le loro scorribande finanziarie destabilizzavano e turbavano il mercato in cui miglia-
ia di onesti imprenditori, fossero essi piccoli, medi o grandi, operavano.
Basta leggere i dati dei recenti rapporti della Guardia di Finanza e della Dia, per
rendersi conto che il crimine finanziario dovendo anche passare per canali leciti,
lascia inesorabilmente delle tracce, e gli investigatori, soprattutto la Guardia di
Finanza, grazie anche a piccoli ed insignificanti elementi messi insieme dalla UIF
per il tramite delle segnalazioni di operazioni sospette, riescono a ricostruire flussi
di denaro illecito e punire le conseguenti condotte criminose.
Tra l’altro, la sensibilità tra i professionisti sulla portata della norma che stiamo
esaminando è decisamente aumentata negli anni, al punto tale che nell’ultimo rappor-
to della UIF sul numero di segnalazioni di operazioni sospette nel I semestre del
2016, su un totale di 52.000 segnalazioni, oltre il 10% delle stesse sono state effettua-
te dalla categoria dei professionisti. Nel primo semestre dello scorso anno, su un
totale di 39.000 segnalazioni sospette, i professionisti ne avevano trasmesso il 5%.
La sensibilità e l’adesione di tutti i cittadini a contrastare tali fenomeni, in generale
non si ha con leggi o regolamenti, bensì con un sistema morale di regole e di corret-
tezza che abbiamo l’onere di diffondere.
Per i Dottori Commercialisti, iniziamo a fare una considerazione che apparente-
mente con la normativa antiriciclaggio non c’entra nulla, e prendiamo piccoli spunti
dal regolamento di deontologia professionale, a cui tutti siamo soggetti.
Il regolamento di deontologia professionale contiene principi e doveri che il profes-
sionista deve osservare nell’esercizio della professione a tutela dell’affidamento
della collettività, dei clienti e dei terzi, della correttezza dei comportamenti nonché
della qualità ed efficacia della prestazione professionale. Il Commercialista è tenuto
alla conoscenza delle norme di deontologia, la cui ignoranza non lo esime da respon-
sabilità disciplinare. Non dimentichiamo mai come professionisti, che abbiamo la
responsabilità di agire nell’interesse pubblico e soltanto nel rispetto di tale interes-
se possiamo soddisfare le necessità del cliente.
Ad esempio, proprio per la tutela dell’interesse pubblico che ci è stato affidato
dalla legge, abbiamo il dovere di segnalare al Consiglio dell’Ordine anche di violazio-
ni delle regole di deontologia da parte di colleghi che non le rispettano.
Ci piaccia o meno, come Dottori Commercialisti, queste sono le regole del nostro
regolamento di deontologia, ma la stessa cosa vale anche per altri professionisti.
Tra l’altro, e qui il collegamento del nostro codice di deontologia professionale con
la normativa antiriciclaggio è evidente, si prevede un importantissimo elemento di
valutazione e riflessione da parte di tutti i professionisti. Infatti all’art. 21 del
regolamento di deontologia professionale viene previsto che il Commercialista,
prima di accettare un incarico professionale da un cliente, deve valutare se tale
accettazione possa dar luogo a violazione dei principi di deontologia quali, a titolo
esemplificativo,
il sospetto coinvolgimento del cliente in attività illegali
.
La cosa si fa interessante, poiché prima ancora che con la legge antiriciclaggio, il
Dottore Commercialista ha già un suo preciso dovere di correttezza, che lo deve
spingere ad evitare di assumere incarichi professionali che per la loro natura o
scopo integrino il sospetto di una attività illegale.
In quest’ultimo passaggio del regolamento di deontologia professionale, iniziamo
meglio a comprendere come il sistema di prevenzione e contrasto definito con la legge
antiriciclaggio, altro non è che un miglior sistema organizzato per evitare pericolosi
coinvolgimenti ad insaputa del professionista nelle attività illegali del cliente.
In effetti, le disposizioni contenute nel D.Lgs 231/2007 altro non dicono ai vari
destinatari che di “organizzarsi” e di allestire all’interno dello studio idonei e ap-
propriati sistemi e procedure in materia di obblighi di adeguata verifica della clien-
tela, di segnalazione delle operazioni sospette, di conservazione dei documenti, di
controllo interno, di valutazione e di gestione del rischio, di garanzia dell’osservan-
za delle disposizioni pertinenti e di comunicazione per prevenire e impedire la
realizzazione di operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Inoltre il legislatore ha ben in mente che gli obblighi di “collaborazione attiva” per
i professionisti potrebbero essere onerosi, ed infatti non pretende nella maniera più
assoluta che le regole organizzative siano le medesime per il piccolo Studio o per lo
Studio più strutturato, lasciando la libertà ad ogni destinatario di modulare il pro-
prio livello organizzativo in funzione delle dimensioni strutturali della propria
organizzazione, chiarendo comunque che i professionisti si devono limitare alle
informazioni possedute o acquisite nell’ambito della propria attività istituzionale o
professionale, non essendo previsti ulteriori obblighi di carattere “investigativo”.
L’aspetto organizzativo dello Studio, previsto dalla legge antiriciclaggio come vero
e proprio suggerimento al professionista (poiché non prevede nessuna sanzione in
caso di inadempimento) è l’elemento centrale di tutta l’impalcatura normativa dei
vari obblighi che in parte si commenteranno.
In effetti, se ci pensiamo bene, questo legislatore dice al professionista di organiz-
zarsi, o almeno suggerisce di prendere in seria considerazione di gestire un rischio
molto pericoloso che è appunto quello del riciclaggio, attraverso adeguate misure
organizzative. Questo rischio specifico, diverso da altri rischi, il professionista lo
deve gestire in proprio. Sarà la sua sensibilità, la sua organizzazione interna, lo
strumento con cui lo stesso mitigherà il rischio di riciclaggio, essendo impensabile
o impraticabile eliminarlo.
Del resto, a ben vedere, anche le procedure di controllo sugli obblighi antiriciclaggio
ai professionisti della Guardia di Finanza sono molto attente e sensibili, a compren-
dere il livello di presidio che c’è nello studio professionale oggetto di ispezione o
controllo. La Guardia di Finanza, ben consapevole che questa legge per i professio-
nisti è una legge di presidi organizzativi, deve cercare di comprendere bene le
modalità (piccole o grandi che siano) con cui lo Studio ha deciso di organizzarsi.
In pratica, organizziamoci perché è un buon biglietto da visita.
Ecco allora che elementi di questa legge non necessariamente sanzionati in caso di
omissione, diventano cruciali per consentire anche in fase di controlli e ispezioni,
quel corretto e necessario clima di collaborazione che la legge richiede a tutti gli
operatori, e non soltanto ai professionisti. Diventa cruciale ad esempio la forma-
zione del personale dipendente, da ritenersi il primo e forse il più importante
presidio negli studi. Diventa importante dotare lo studio di un piccolo sistema di
modulistica standard. Diventa molto importante definire alcune piccole procedure
che partano dall’accettazione dell’incarico. Non per ultimo diventa essenziale por-
si l’obbiettivo nel medio termine di dotarsi all’interno dello Studio di un sistema
informatico con cui effettuare le registrazioni previste per legge.
La registrazione dei dati nel registro potrebbe sembrare più complicata di quanto
non sia; ecco allora che la gestione dei dati, con lo strumento informatico, sia chiaro,
dotato delle specifiche tecniche previste dalle Autorità e non un software sprovvi-
sto di tali indicazioni, diventa uno strumento di grandissima utilità, ovviamente da
accompagnarsi anche alla predisposizione e manutenzione del fascicolo del cliente.
Ad esempio, prima di trasferire i dati dal registro cartaceo all’archivio informatico,
sarà molto importante, sotto un profilo organizzativo, fare un elenco di verifica
delle prestazioni professionali ancora in corso, in modo tale da trasferire sul sup-
porto informatico soltanto queste ultime, e lasciar traccia di quelle concluse sul
registro cartaceo che andrà comunque conservato.
Non dimentichiamo mai, anzi, facciamolo diventare un principio condiviso, che lo
scopo principale della legge antiriciclaggio per i professionisti, così come interpre-
tata a livello internazionale, è quello di prevenire l’abuso dei servizi professionali
da parte di un soggetto il cui proposito non dichiarato è quello di immettere nel
sistema legale proventi da attività criminosa, utilizzando la prestazione professio-
nale del Dottore Commercialista.
La
ratio
di cui sopra, e soprattutto l’articolazione delle previsioni normative, del
resto coerenti con lo spirito dell’intero sistema di prevenzione, ha come presuppo-
sto l’assenza di qualunque forma di partecipazione materiale o morale alle condotte
di riciclaggio, e quindi la correttezza ed estraneità a tali fatti del professionista o in
generale dei destinatari di tali obblighi. Per certi versi, con il sistema di prevenzione
in argomento, si è passati dalla silenziosa vicinanza ad operazioni che, se non
propriamente di natura illecita, erano quantomeno anomale, ad una forma di vero e
proprio sistema integrato e tutelato, per evitare il coinvolgimento del professioni-
sta, mediante le previsioni indicate all’art. 41 del D.Lgs.231/2007 sull’obbligo di
segnalazione di operazioni sospette.
In tal senso, ed in presenza di anomalie relative all’operazione, ripetute e opache,
o di un profilo soggettivo altamente a rischio, e della consapevolezza del professio-
nista di agire all’interno di una situazione di rischio alto, l’omessa segnalazione di
operazione sospetta, oltre alla sanzione amministrativa (di per se molto critica e
che arriva fino al 30% del valore dell’operazione non segnalata), potrebbe essere
valutata quale sintomo o segnale di una adesione al disegno illecito se non addirittu-
ra come contributo concreto alla realizzazione del disegno criminoso, con evidenti
conseguenze di natura penale di sicuro molto più complicate.
Ricordiamo che l’obbligo di segnalazione di operazione sospetta (e nel rispetto
dell’esenzione prevista per legge nei casi di assistenza giudiziaria), non è una de-
nuncia di reato, bensì una ragionata comunicazione in cui si evidenziano anomalie
del cliente che possono essere di carattere oggettivo o soggettivo, quindi l’appiat-
timento (molto diffuso) sulla ricerca di elementi costitutivi delle varie condotte
delittuose, tipiche del sistema penale, quale presupposto per l’obbligo di segnala-
zione di operazione sospetta, è un esercizio del tutto inutile, atteso che le disposi-
zioni richiamate individuano condotte o situazioni dell’agente o degli agenti che
potrebbero non ancora avere i connotati o integrare una ipotesi di reato (ad esem-
pio, vi potrebbe essere il sospetto da parte del professionista di una condotta
penalmente rilevante sotto il profilo tributario ed essere obbligati a segnalare, pur
se tale condotta ai sensi del D.Lgs. 74/2000 difetta ancora dei suoi elementi
costitutivi), o addirittura non avere neanche i connotati di una operazione ricondu-
cibile ad una fattispecie penalmente rilevante (si pensi all’articolazione di alcune
operazioni che non abbiamo coerenza con il profilo economico del cliente).
Infatti, i professionisti, oltre che gli altri soggetti destinatari della normativa
antiriciclaggio, hanno l’obbligo ai sensi dell’art. 41 di trasmettere alla UIF una
segnalazione di operazione sospetta quando sanno, sospettano o hanno motivi
ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate
operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Il legislatore stabilisce sempre all’art. 41 del decreto antiriciclaggio, che il sospetto
è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell’operazione o da qualsivoglia altra
circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della
capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli
elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell’ambito dell’attività svolta
ovvero a seguito del conferimento di un incarico. Questa impostazione legislativa,
da qualcuno ritenuta articolata, in realtà è l’evoluzione di esperienze di contrasto
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