Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 16

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NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
mente alle società figlie e che tali servizi presen-
tino un grado di specificità di un livello tale da
impedirne un’eventuale reperibilità sul mercato
Per il primo metodo considerato, il
CUP
, la sua
attuazione sarebbe impedita in entrambe le sue
varianti: per il
CUP
interno, l’impresa eroga i ser-
vizi
intercompany
ma non anche a imprese indi-
pendenti; per il
CUP
esterno, il servizio presenta
delle peculiarità tali da renderlo incomparabile
con transazioni indipendenti.
Nella situazione considerata, l’unica alternativa
percorribile, in base alle Linee Guida, sembra es-
sere quella del
CPM
, il quale prevede la defini-
zione dei costi del servizio e l’applicazione di un
idoneo
cost plus markup
. Anche in questo caso,
però, la particolare casistica considerata è foriera
di alcune difficoltà applicative di non poco con-
to. Infatti, l’applicazione del metodo
CPM
preve-
de tre fasi: l’individuazione di transazioni
comparabili tra imprese indipendenti, la
quantificazione del costo di produzione del ser-
vizio e l’individuazione della percentuale di
ricaricomediamente applicata nel mercato in tran-
sazioni similari. Come rilevato per il
CUP
, l’appli-
cazione concreta di tali passaggi risulta comples-
sa nella misura in cui l’individuazione di transa-
zioni comparabili è compromessa dall’elevata
peculiarità dei servizi
intercompany
prestati. In
subordine, anche la determinazione del costo di
produzione presuppone il possesso di informa-
zioni spesso non disponibili a soggetti terzi.
5.
Unmetodoalternativo
Partendo dal metodo del
CPM
, in questa sezione
si propone una misura alternativa di determina-
zione del
markup
che sfrutta un’elaborazione
originale del principio di libera concorrenza, alla
base degli stessi principi OCSE.
5.1.
Individuazione delle Funzioni
intercompany
Primo passo per l’applicazione del
markup
, è la
definizione delle Funzioni che la casamadre svolge
per le imprese appartenenti al gruppo. Le fasi che
qui si consigliano per una tale procedura sono le
seguenti:
-
individuazione delle unità produttive de-
putate alla somministrazione dei servizi
intercompany
, isolando i valori fondamentali in
termini di costi (diretti ed indiretti) e capitale im-
piegato
7
;
-
ripartizione tra le società percipienti dei
costi e del capitale impiegato per la prestazione
di ogni servizio
intercompany
8
. Le modalità di
ripartizione dei costi devono esprimere l’effetti-
vo utilizzo del servizio da parte del percipiente,
non considerando i costi relativi al sotto utilizzo
di capacità produttiva a disposizione di ogni
business unit
. Tale specificazione rappresenta
un’applicazione pratica del principio dell’
arm’s
length
: in una transazione di mercato tra parti
indipendenti, il rischio derivante dalla inefficien-
za della struttura produttiva dell’erogatore grava
esclusivamente sulla società prestatrice. Un tan-
to rappresenta una differenza fondamentale rispet-
to ai
CCA
, dove costi, rischi e benefici vengono
ripartiti tra tutte le imprese partecipanti a prescin-
dere da chi materialmente svolge l’attività.
5.2.
Determinazione del
cost plus markup
L’importanza di applicare il
markup
ai costi attri-
buiti ai soggetti percipienti è cruciale; si consi-
deri come la mancanza di un idoneo
markup
non
solo precluderebbe la corretta applicazione del
metodo
CPM
(o del valore normale ai sensi
dell’art. 9 TUIR), ma sarebbe incompatibile con
lo stesso principio dell’
arm’s length
: il soggetto
erogante sostiene i rischi imprenditoriali inerenti
ai servizi prestati, perciò – in condizioni di libero
mercato – pretenderebbe un’adeguata
remunerazione del capitale investito.
Una volta appurata la necessità di un adeguato
markup
, resta da determinarne la misura e la base
su cui applicarlo. Come già accennato in prece-
denza, nel caso in cui l’individuazione di transa-
zioni comparabili sia compromessa risulta fonda-
mentale l’individuazione di metodi alternativi,
purché in linea con l’
arm’s length principle
9
.
A tal fine, partendo dal particolare metodo di
individuazione delle Funzioni
intercompany
pro-
posto in precedenza, una possibile soluzione
potrebbe consistere nello stabilire una relazione
di mercato tra la redditività complessiva che la
casa madre riesce a generare dalla sua attività di
prestatrice di servizi
intercompany
ed il valore
capitale investito nella medesima attività. In altre
parole, in una situazione di società indipendente
che opera nel libero mercato, è possibile riscontra-
re come l’attività svolta, dedotti i costi di produ-
zione, serva a remunerare i fattori produttivi impie-
gati, ad un tasso che rispetta le condizioni media-
mente riscontrate negli specifici settori. In una tale
prospettiva, mancando ogni altro riferimento per
l’applicazione del metodo del
CPM
secondo i det-
tami dell’OCSE, è possibile svolgere una verifica
indiretta del
markup
stabilito tra le parti, verifican-
done la coerenza con le aspettative remunerative
dell’azienda in un contesto di libero mercato.
Una tale verifica presuppone una serie di attività:
-
la derivazione del risultato di periodo,
normalizzato rispetto alla presenza di componen-
ti irripetibili, anomale e straordinarie, delle Fun-
zioni
intercompany
;
-
la verifica che il risultato atteso sia in linea
con la rendita ragionevolmente ritraibile dall’im-
piego del capitale investito dalla società per l’eser-
cizio delle varie Funzioni
10
, pari al costo medio
ponderato del capitale per ciascuna funzione.
Nel processo di valutazione, estraendo i dati di
remunerazione del capitale di rischio di settore e di
costo del debito per la derivazione delW.A.C.C., è
necessario integrare il costo medio di mercato con
il rischio implicito nell’esercizio dell’attività di im-
presa, rischio, questo, che è funzione di diverse
variabili, quali il tipo di servizi prestati, i soggetti
destinatari, l’attività dagli stessi esercitata, etc.
Una volta determinato tale tasso per ogni servizio,
non sarà difficile arrivare alla determinazione del
corrispettivo da applicare alla transazione
intercompany
, individuando il
markup
in grado di
assicurare una redditività tale da garantire una
remunerazione media normale del capitale investito.
Semplificando a mero scopo illustrativo, presup-
ponendo una redditività illimitata nel tempo, il
presupposto di cui al paragrafo precedente si
intende verificato qualora venga rispettata la se-
guente relazione:
Dove:
:
rappresenta il patrimonio netto
della società, riferibile unicamente alle Funzioni
che svolgono l’attività di servizi
intercompany
;
:
rappresenta la -esima Funzione
erogatrice di un servizio
intercompany
;
R :
rappresenta il reddito medio atte-
so normalizzato della -esima Funzione;
W.A.C.C.
:
rappresenta il costo medio ponde-
rato del capitale per la -esima Funzione;
C
:
rappresenta il costo operativo so-
stenuto dalla della -esima Funzione per
l’erogazione del servizio
intercompany
;
m
:
rappresenta il
markup
applicato per
l’erogazione del servizio della -esima Funzione;
K
:
rappresenta gli elementi di reddito
non operativi (ad esempio, costi e proventi fi-
nanziari) riconducibili alla -esima Funzione.
Vale la pena qui ricordare, che il principio di libe-
ra concorrenza, nell’approccio presentato, non è
garantito solamente dall’applicazione di tassi di
remunerazione di mercato, ma anche dalla già ci-
tata duplice “
prospettiva sia del fornitore del
servizio che del beneficiario dello stesso
11
. In-
fatti, si ricorda, il corrispettivo così determinato è
depurato dalle eventuali inefficienze relative
all’erogazione del servizio.
Una volta effettuate e opportunamente documen-
tate le analisi e rettifiche proposte, si avranno a
disposizione gli elementi economici utili alla reda-
zione del contratto
intercompany
. In particolare,
saranno definite le modalità di calcolo dei
corrispettivi per ogni servizio infragruppo. Moda-
lità che, salvo la periodica valutazione della con-
formità con l’
arm’s length principle
, non necessi-
teranno di modifiche o integrazioni in caso di even-
tuali nuove adesioni o recessi dal contratto.
6.
Conclusioni
La redazione di contratti
intercompany
presenta
rilevanti criticità in ordine all’applicazione delle
discipline fiscali di riferimento – su tutte quella
del
transfer pricing
– le quali rendono necessa-
rie importanti riflessioni su quali siano i servizi
infragruppo e quali siano i corrispettivi idonei a
remunerarli. Con particolare riferimento a questo
ultimo aspetto, nonostante l’OCSE abbia predi-
sposto nelle Linee Guida un apparato fortemente
strutturato in termini di criteri e metodi di calcolo,
risulta difficile una loro pedissequa applicazione
nel caso concreto.
In situazioni di assenza di valori e transazioni di
mercato cui far riferimento, risulta opportuno (e
talvolta necessario) percorrere strade alternati-
ve, che permettano una più agevole determina-
zione del corrispettivo
intercompany
. Tale scel-
ta, presuppone tutta una serie di analisi
case by
case
molto profonde e complesse
volte a garan-
tire il costante rispetto del principio cardine di
libera concorrenza.
La soluzione qui prospettata riconduce la determi-
nazione del
markup
a logiche aziendalistiche più
ampie le quali, per il rispetto dell’
arm’s length
principle
, adottano delle logiche di coerenza di
valore dell’attività svolta, riuscendo in tal modo a
superare le difficoltà applicative del
CUP
e del
CPM
senza prescindere dai principi dettati dall’OCSE.
7
Non è questa la sede per trattare le modalità di allocazione di costi e capitale, in ogni caso si osserva come a tal fine sarà necessario definire idonei
cost drivers
per ogni voce
considerata. Tale processo è tanto più attendibile quanto più avanzati sono i sistemi di controllo di gestione adottati internamente, si pensi all’
activity based costing
, piuttosto
che sistemi più tradizionali, come l’
absorption cost system
o lo
standard costing
.
8
Il tutto avverrà previa definizione di idonee chiavi di riparto capaci di esprimere al meglio, per ogni servizio, il livello di utilizzo da parte di ogni società percipiente. Anche
in questo caso, la bontà di tale passaggio cruciale dipende dal grado di raffinatezza del sistema gestionale utilizzato, che dovrà essere in grado di monitorare puntualmente ogni
base di ripartizione scelta.
9
Linee Guida § 2.9.
10
Si veda Martone A.,
La determinazione dei prezzi di trasferimento intercompany: normativa e metodologie applicabili
, Il Fisco, 11/2013 – parte 1, in riferimento alla
Circolare Ministeriale 32/1980.
11
Linee Guida § 7.29.
Valore dei servizi
intercompany
SEGUE DA PAGINA 15
1...,6,7,8,9,10,11,12,13,14,15 17,18,19,20,21,22,23,24,25,26,...36
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