Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 6

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NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
sibile contestare il diritto di credito azionato in via esecutiva, cioè il solo
merito della pretesa. Diversamente, i vizi formali (vizio di notifica/mancanza
di indicazione del responsabile del procedimento/vizio di motivazione
4
)
devono essere invece contestati in termini più stringenti (ossia nel termine
perentorio di 20 giorni), essendo regolati dall’art. 617 ss. c.p.c., giusto il
richiamo dell’art. 29 D. Lgs. 46/1999.
5.
L’impugnazione dell’accertamento tributario costituisce
impedimento/preclusione all’emissione dell’avviso di addebito?
La giurisprudenza di merito e di legittimità appare oggi quasi unanime nel
sancire che l’impugnazione dinnanzi la Commissione Tributaria competente
dei risultati dell’accertamento fiscale dal quale scaturisca una maggior pre-
tesa a titolo di contributi previdenziali ai sensi dell’art. 24 comma 3 D.Lgs.
n. 46 del 1999 costituisca
impedimento
alla emissione e notifica dell’avviso
di addebito, con la conseguenza che lo stesso (ove comunque emesso) è
da ritenersi illegittimo e va pertanto annullato (giocoforza, però, che se
l’avviso di addebito è stato emesso, lo stesso deve essere impugnato per
poter essere dichiarato illegittimo).
La ragione di siffatte conclusioni discendono dal tenore testuale e dalla
collocazione sistematica: l’art. 24, comma 3, a mente del quale «
Se l’accerta-
mento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria,
l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del
giudice
» non può essere considerato applicabile (come sosterrebbe l’INPS)
ai soli casi di impugnazione, dinanzi al giudice del lavoro, dei verbali di accer-
tamento redatti dagli organi ispettivi degli enti previdenziali, ma è improntato
a garantire, più in generale, al debitore una
tutela in via anticipata
atta a
paralizzare l’attività di riscossione qualora l’accertamento della situazione
fattuale o reddituale posta a base della pretesa contributiva sia
sub iudice
e
ciò, indipendentemente dall’identità del soggetto (sia esso l’INPS o l'Agen-
zia delle Entrate) che abbia eseguito quell’accertamento.
Conferma di tale interpretazione pare potersi rinvenire anche nella comple-
mentare disciplina concernente i termini utili all’iscrizione a ruolo dei crediti
previdenziali. L’art. 25 comma 1, lett. b), D. Lgs. n. 46 del 1999, infatti, indica,
quale termine entro il quale «
contributi o premi dovuti in forza di accerta-
menti effettuati dagli uffici
» possono essere iscritti a ruolo, il 31 dicembre
successivo alla data di notifica del provvedimento,
ma
eccettua a questa
regola proprio per il caso in cui si tratti di
accertamenti «
sottoposti a grava-
me giudiziario
»
, individuando il relativo termine ultimo nel 31 dicembre
dell’anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto
definitivo
.
Dalla norma appena richiamata pare possibile dedurre tali conseguenze:
per il solo fatto della contestazione giurisdizionale della pretesa contributi-
va accertata o dei suoi presupposti, il credito contributivo non può essere
iscritto a ruolo (ed oggi, con la riforma del D.L. 78/2010 art. 30, non può
essere notificato l’avviso di addebito),
salvo che in forza di un provvedi-
mento giurisdizionale esecutivo
. La norma sembra dunque tratteggiare
una vera e propria
preclusione
all’emissione dell’avviso di addebito, fun-
zionale ad assicurare una previa verifica giurisdizionale dei presupposti
della pretesa contributiva. La «questione fiscale» del resto, è «propedeutica»
all’accertamento dell’eventuale credito contributivo.
Tali conclusioni, sono state espresse dalla
Suprema Corte di Cassazione
con le sentenze “gemelle” n. 8379 del 9/4/2014 e n. 8451 del 10/4/2014
con le quali i giudici di legittimità hanno così statuito: «
In tema di iscrizione
a ruolo dei crediti degli enti previdenziali, l’art. 24, comma 3, del d.lgs. 26
febbraio 1999, n. 46, che prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito
previdenziale sino a quando non vi sia il provvedimento esecutivo del
giudice, qualora l’accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia
impugnato davanti all’autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che
l’accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dal-
l’ente previdenziale, ma
anche quello operato da altro ufficio pubblico
come l’Agenzia delle Entrate
, né è necessario, ai fini della non iscrivibilità
a ruolo, che, in quest’ultima ipotesi, l’INPS sia messo a conoscenza
dell’impugnazione dell’accertamento innanzi al giudice tributario
».
Nel ricorso per Cassazione che ha originato dette importanti pronunce,
l’INPS prospettava che il comma 3, del citato art. 24 (il quale, come detto,
inibisce l’iscrizione a ruolo della pretesa contributiva se l’accertamento su
L'opposizione agli avvisi
di addebito INPS a seguito
accertamento tributario
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cui si fonda è impugnato davanti all’autorità giudiziaria), fosse da riferirsi
esclusivamente a quello eseguito da tale Istituto, o, che comunque l’inibi-
zione fosse subordinata alla conoscenza da parte dell’Istituto della pen-
denza del giudizio.
La tesi dell’INPS è stata rigettata “su tutti i fronti” dalle sentenze gemelle
della Cassazione: a detta della Corte «
la norma non distingue affatto tra
accertamento eseguito dall’Istituto previdenziale e accertamento operato
da altro ufficio, nè esclude l’inibizione all’emissione del ruolo nell’ipotesi
in cui l’accertamento, su cui il credito dell’ente previdenziale si radica, sia
impugnato davanti al Giudice tributario. Neppure subordina, la norma, la
non iscrivibilità a ruolo alla conoscenza che l’ente previdenziale abbia
dell’impugnazione dell’accertamento davanti alla autorità giudiziaria.
La lettera della legge,infatti, è tale da non consentire alcuna interpreta-
zione che subordini, nell’ipotesi di cui trattasi, la detta non iscrivibilità a
ruolo alla sussistenza di condizioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle
normativamente previste. Diversamente si opererebbe una integrazione
della volontà legislativa che, non essendo avallabile in via interpretativa,
non è consentita nel nostro ordinamento giuridico
».
Tali conclusioni sono avallate anche dalla giurisprudenza di merito.
In particolare, il
Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, sez. lavoro n.
1934/2014 del 30.12.2014
ha statuito che
«… il recupero delle somme a
titolo di contribuzione previdenziale operato dall’I.N.P.S. viene attuato
sulla evoluzione di un rapporto debitorio che trova il suo fondamento in
un accertamento fiscale di maggiore base imponibile; per cui, venendo
meno la sussistenza dell’accertamento di natura tributaria, a cascata,
viene meno la base imponibile sulla quale vengono automaticamente
calcolati anche i contributi previdenziali per i quali si adopera l’I.N.P.S.».
Il Tribunale prosegue evidenziando che
«la frettolosa emissione di un
accertamento previdenziale (con conseguente cartella – ora avviso di
addebito) successivo all’accertamento fiscale, espone senza dubbio di
sorta l’Istituto previdenziale a soccombenza e responsabilità nel caso in
cui l’accertamento di base (il presupposto anche per il recupero di con-
tributi previdenziali) venga annullato ad opera della Commissione tri-
butaria competente
».
Nel medesimo senso si sono espressi:
Tribunale di Catanzaro, sez. I
dell’11.5.2010
,
Corte d’Appello di Firenze, sez. lav. n. 294/2011
dell’8.3.2011
,
Tribunale di Milano – Sez. Lavoro del 05.5.2015
,
Trib. Udine
Sez. lavoro, Sent., 11.02.2016, Tribunale di Bergamo, sez. lavoro, senten-
za n. 700/2016 del 15.9.2016
che, si rileva, ha condannato l’ente
previdenziale al pagamento delle spese di lite liquidate in Euro 2.000,00
oltre oneri accessori di legge.
Nella sentenza sopra riportata, quindi, i Giudici del lavoro fissano questi
importanti principi:
-
se la pretesa contributiva trova la fonte di genesi nell’accertamento
tributario, allora la “caduta” dell’accertamento tributario determina il venir
meno della pretesa contributiva;
-
la volontaria emissione “ante” termini di legge da parte dell’INPS
dell’avviso di addebito espone l’Istituto previdenziale medesimo alla
soccombenza
ed alla
responsabilità
nei confronti del contribuente il quale
ha diritto di vedersi ristorato dei danni subiti.
Il Giudici di merito sottolineano, in ossequio ai predicati dei Giudici di
legittimità, che la norma in esame, concernente «
tutti i crediti degli enti
previdenziali iscrivibili a ruolo e non solo quelli emergenti dagli accer-
tamenti eseguiti dai loro organi ispettivi
», tratteggia una vera e propria
preclusione
, funzionale ad assicurare una previa verifica giurisdizionale
dei presupposti della pretesa da riscuotere attraverso avviso di addebito.
Il
Tribunale di Venezia, con la recentissima sentenza n. 548/2016 pubbli-
cata in data 23.9.2016
, dopo aver affermato di aderire alla più recente
giurisprudenza di legittimità (
Cassazione n. 4032/2016 e Cassazione n.
8379/2014
) e statuito che «
l’avviso di addebito qui opposto, in quanto
emesso e notificato in pendenza di impugnazione giudiziaria avverso
l’avviso di accertamento fiscale, non avrebbe dovuto essere emesso e va
annullato
», puntualizza che «
né vi è l’obbligo per il giudicante di deci-
dere comunque nel merito la questione della debenza o meno dei contri-
buti ivi azionati, considerato che tale questione dipende direttamente
dalla decisione che verrà assunta in sede di giustizia tributaria
».
Per completezza espositiva si rammenta che alcuni giudici di merito inter-
pretando con meno “rigore” la disciplina in esame, propendono, su istanza
dell’Ente previdenziale, per la sospensione giudiziale
ex
art. 295 c.p.c. del
contenzioso inerente l’impugnazione dell’avviso di addebito in attesa della
definizione (con sentenza passata in giudicato) del giudizio in sede tributaria
(cfr
ordinanza Tribunale di Venezia 13.5.2016
). Si ritiene di non condividere
tale soluzione, posto che il rimedio, come detto, è stato previsto
a priori
dallo
stesso legislatore con la disciplina dell’art. 24, comma 3 D. Lgs. 46/1999.
4
Sull’impugnazione dell’avviso di addebito per dedurre vizi di motivazione si richiama la recente sentenza della Cassazione, 19-10-2015, n. 21080 resa in tema di cartella di
pagamento, ma le cui conclusioni, come esposto al paragrafo 2 vanno estese anche per l’avviso di addebito: «In tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo delle entrate non
tributarie ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, la contestazione dell’assoluta indeterminatezza per mancanza di motivazione della cartella di pagamento integra un’opposizione agli
atti esecutivi di cui all’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 46 cit., per la cui regolamentazione rinvia alle forme ordinarie, poiché è diretta a far valere un vizio di forma dell’atto
esecutivo, sicché, prima dell’inizio dell’esecuzione, l’opposizione va proposta entro il termine di venti giorni decorrente dalla notificazione della cartella che contiene un
estratto del ruolo costituente titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 49 del D.P.R. n. 602 del 1973».
1,2,3,4,5 7,8,9,10,11,12,13,14,15,16,...36
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