Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 5

NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
nendogli la prova di fatti negativi, astrattamente possibile ma spesso
assai difficile
». Secondo l’orientamento della Suprema Corte, dunque la
prova della sussistenza del credito previdenziale incombe sull’INPS, men-
tre l’opponente (attore formale) deve allegare e provare i fatti estintivi,
impeditivi e modificativi della pretesa dell’Ente previdenziale.
Ciò premesso e come anticipato, il contribuente che intenda contestare l’av-
viso di addebito notificatogli dall’INPS deve presentare ricorso d’innanzi al
Giudice del Lavoro. Vi è dunque una discrasia tra verifica della legittimità
dell’accertamento tributario per il quale sussiste la giurisdizione del giudice
tributario e la verifica della legittimità dell’accertamento dei maggiori contri-
buti previdenziali per il quale vi è la giurisdizione del giudice ordinario.
La normativa di riferimento è contenuta nel decreto legislativo 26/02/1999,
n. 46 il quale, all’art. 24, rubricato “Iscrizioni a ruolo dei crediti degli enti
previdenziali”, così dispone:
«1. I contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali non versa-
ti dal debitore nei termini previsti da disposizioni di legge
o dovuti in
forza di accertamenti effettuati dagli uffici
sono iscritti a ruolo,
unitamente alle sanzioni ed alle somme aggiuntive calcolate fino alla
data di consegna del ruolo al concessionario, al netto dei pagamenti
effettuati spontaneamente dal debitore.
2. L’ente ha facoltà di richiedere il pagamento
mediante avviso bonario
al debitore. L’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il
debitore provvede a
pagare le somme dovute entro trenta giorni dalla
data di ricezione del predetto avviso. Se, a seguito della ricezione di tale
avviso, il contribuente presenta domanda di rateazione, questa viene
definita secondo la normativa in vigore e si procede all’iscrizione a
ruolo delle rate dovute. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 25,
l’iscrizione a ruolo è eseguita nei sei mesi successivi alla data prevista
per il versamento.
3. Se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’auto-
rità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedi-
mento esecutivo del giudice.
4. In caso di gravame amministrativo contro l’accertamento effettuato
dall’ufficio, l’iscrizione a ruolo è eseguita dopo la decisione del compe-
tente organo amministrativo e comunque entro i termini di decadenza
previsti dall’articolo 25.
5. Contro l’iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione
al
giudice del lavoro
entro il termine di quaranta giorni dalla notifica
della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all’ente impositore.
6. Il giudizio di opposizione contro il ruolo
per motivi inerenti il merito
della pretesa contributiva
è regolato dagli articoli 442 e seguenti del
codice di procedura civile. Nel corso del giudizio di primo grado il giu-
dice del lavoro può sospendere l’esecuzione del ruolo per gravi motivi.
7. Il ricorrente deve notificare il provvedimento di sospensione al con-
cessionario.
8. Resta salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462».
Il successivo art. 25 D. Lgs. 46/1999, rubricato «Termini di decadenza per
l’iscrizione a ruolo dei crediti degli enti pubblici previdenziali» così prescri-
ve al comma 1 lett. b):
«1. I contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali sono iscritti
in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza: (…)
b)
per i contributi o premi
dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre
dell’anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, per
quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell’anno
successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo».
Gli art. 24 e 25 D. Lgs. 46/1999 che parlano espressamente di iscrizione a
ruolo e non di avviso di addebito, vanno coordinati con l’art. 30 D.L. n. 78/
2010 che, come noto, ha introdotto per l’INPS un nuovo strumento di
recupero per il credito, ossia proprio il c.d. avviso di addebito, con valore di
titolo esecutivo. Tale norma, che interviene sul piano sostanziale eliminan-
do per l’INPS la fase di iscrizione a ruolo, non incide sui mezzi di opposizio-
ne che restano quelli previsti per il ruolo e per le cartelle. Di più, è lo stesso
comma 14 dell’art. 30 sopramenzionato a disporre che «
i riferimenti conte-
nuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella
di pagamento si intendono effettuati ai fini del recupero delle somme
dovute a qualunque titolo all’INPS al titolo esecutivo emesso dallo stes-
so Istituto, costituito dall’avviso di addebito contenente l’intimazione
ad adempiere l’obbligo di pagamento delle medesime somme affidate per
il recupero agli agenti della riscossione
».
Ne deriva dunque l’automatica estensione all’avviso di addebito di tutti i
riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo e, conseguentemente, anche
degli artt. 24 e 25 D. Lgs. 46/1999.
3.
L’importanza di una tempestiva impugnativa dell’avviso di addebito
L’abrogazione del ruolo e l’introduzione dell’avviso di addebito – che ora
è formato e notificato direttamente dall’INPS – fa sorgere in capo al
destinatario dell’atto impositivo l’interesse ad impugnare il medesimo. Non
solo «
interesse ad agire
», ma, sembra più corretto parlare (seppur impro-
priamente) di «
dovere di agire
». E ciò sulla base dell’orientamento (ormai
pressoché costante
3
) della giurisprudenza di legittimità che è ferma nel
riconoscere la
perentorietà
del termine indicato dall’art. 24 comma 5 D.
Lgs. 46/1999, nonché nel riconoscere in caso di suo decorso senza che sia
esperita l’azione giudiziale,
l’incontrovertibilità della pretesa previdenziale
:
a giudizio della Cassazione (sentenza n. 17978/2008) il titolo stragiudiziale,
qual è l’avviso di addebito, diviene definitivo «
con effetti analoghi a quel-
li del giudicato
».
Ciò significa che il destinatario dell’avviso di addebito che scientemente
decide di non impugnare lo stesso d’innanzi la competente autorità
giudiziaria entro il termine perentorio previsto dalla legge perde la possibi-
lità di far valere successivamente sia i vizi formali, che quelli inerenti il
merito della pretesa.
È dunque evidente l’interesse di ogni contribuente che riceve un avviso di
addebito inficiato da errori formali e/o sostanziali ad impugnare il medesimo
per far valere i relativi vizi e contrastare la pretesa contributiva illegittima.
Quello che è importante segnalare, ancorché in diritto ciò rappresentereb-
be un “assurdo”, riguarda il fatto che se l’avviso di addebito INPS non
viene impugnato, ancorchè successivamente si vinca nel merito in
contenzioso tributario con sentenza passata in giudicato, ebbene sembre-
rebbe (il condizionale è d’obbligo stante la magmaticità della questione), che
la non tempestiva impugnazione dell’avviso di addebito imponga il paga-
mento della maggiore richiesta contributiva ancorché, come anticipato, la
fonte di genesi della richiesta INPS – avviso di accertamento tributario –
risulti essere venuta meno con sentenza passata in giudicato. Pertanto, se
tutto ciò fosse corretto, appare di vitale importanza la tempestiva doppia
impugnazione giudiziale (sia in sede tributaria contro l’avviso di accertamen-
to, sia davanti il giudice ordinario contro l’avviso di addebito INPS).
4.
La diversa natura dei vizi da far valere in sede di impugnazione
determina i diversi termini per impugnare l’avviso di addebito
Una ulteriore questione sulla quale riflettere e che deve essere tenuta in
debita considerazione dal difensore che si appresta a impugnare l’avviso
di addebito, attiene ai vizi che lo stesso intende far valere. La Suprema
Corte ha infatti chiarito (Cassazione n. 4506/2007) che il termine previsto
dal D.Lgs. n. 49 del 1999, art. 24, comma 5, è il termine accordato
per l’oppo-
sizione nel merito
della pretesa contributiva, e quindi per l’instaurazione
di un normale giudizio di cognizione diretto all’accertamento della fondatezza
della pretesa contributiva. Con l’azione ex art. 24, comma 5 è dunque pos-
L'opposizione agli avvisi
di addebito INPS a seguito
accertamento tributario
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Cfr. Cassazione 23.10.2012, n. 18145, Cassazione 07.4.2011, n. 7959, Cassazione nn. 6674 e 17978/2008, Cassazione n. 14692/2007, Cassazione, n. 4506/2007 la quale ha
chiarito quanto segue: «Come questa Corte ha già avuto modo di precisare (vedi Cass. n. 21863 del 2004), quello prescritto dal quinto comma dell’art. 24 cit. è il termine
accordato dalla legge al debitore per l’opposizione nel merito della pretesa contributiva, al fine di instaurare un vero e proprio processo di cognizione per l’accertamento della
fondatezza della pretesa dell’ente. Detto termine deve ritenersi perentorio, perchè diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell’ente
previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo. Alla natura perentoria del termine in esame non osta
la mancata espressa previsione della sua perentorietà. Questa Corte ha già avuto modo di precisare che sebbene l’art. 152 c.p.c. disponga che i termini stabiliti dalla legge sono
ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si può da tale norma dedurre che, ove manchi una esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz’altro
escludersi la perentorietà del termine, dovendo pur sempre il giudice indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che
adempie, debba essere rigorosamente osservato a pena di decadenza e sia quindi perentorio (cfr. Cass. n. 5074 del 1997, Cass. n. 177 del 1998). Il principio affermato da questa
Corte ha valenza generale a prescindere dalla fattispecie concreta (in materia di procedimento fallimentare) in occasione della quale è stato formulato. Alla perentorietà del
termine in esame non è neppure di ostacolo il fatto che l’iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali avvenga senza un preventivo accertamento giudiziale. L’ordinamento non
ignora titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo dell’ente impositore. A questa categoria si ascrivono le iscrizioni a ruolo delle imposte dirette
ed indirette, che diventano definitive (ove non precedute dall’avviso di accertamento) se non impugnate nei termini di cui alla L. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21. Non è senza
significato che il legislatore abbia previsto la procedura di riscossione mediante ruolo, tipica delle imposte, anche per i crediti contributivi, inserendo le relative norme in un testo
normativo diretto a riordinare la disciplina del procedimento di riscossione mediante ruolo delle entrate tributarie. Nessun parallelo è di conseguenza possibile con il
procedimento di riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato regolato dal R.D. 14 aprile 1910 n. 639, applicabile anche alla riscossione delle imposte indirette prima
dell’entrata in vigore del D.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43, trattandosi di procedimento del tutto diverso da quello in esame. Si aggiunga che il termine previsto dal D.Lgs. n. 46 del
1999, art. 24, comma 5, non troverebbe alcuna plausibile giustificazione se non fosse finalizzato a rendere incontrovertibile, se non impugnato tempestivamente, il credito
iscritto a ruolo».
1,2,3,4 6,7,8,9,10,11,12,13,14,15,...36
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