Il Commercialista Veneto n.230 (MAR/APR 2016) - page 13

NUMERO 230 - MARZO / APRILE 2016
13
IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
elusive, come potrebbe invece accadere, anche senza troppi ostacoli, nel
caso in cui per l’accesso all’agevolazione fosse sufficiente possedere il
brevetto. Tale situazione potrebbe essere invero foriera di condotte non in
linea con gli obiettivi dell’agevolazione: si pensi ad esempio ad importanti ed
estesi gruppi societari multinazionali, i quali in tal caso potrebbero “spostare”
la proprietà dell’IP tra le società del gruppo cercando di sfruttare al meglio i
disallineamenti tra le diverse normative fiscali, senza che tuttavia a tale
delocalizzazione corrisponda un interesse ulteriore e diverso da quello fiscale.
In particolare, sotto tale profilo la normativa belga risulta essere
particolarmente stringente, in quanto richiede che l’IP sia stato sviluppato
interamente ovvero prevalentemente dalla società che lo possiede (in tal
senso anche la normativa olandese); anche la normativa francese risulta
essere particolarmente severa, imponendo un requisito temporale: l’IP deve
infatti essere di proprietà della società che intende beneficiare
dell’agevolazione da almeno due anni.
Si evidenzia peraltro che, ancora una volta, il regime lussemburghese si
presenta quale il più vantaggioso, in quanto non pone quale condizione
per fruire dell’agevolazione fiscale che l’IP sia sviluppato
in-house
, potendo
infatti beneficiarne anche i soggetti che l’hanno acquistato da terzi ed
addirittura senza che sia stata in seguito svolta ulteriore attività di sviluppo.
Come viene realizzata l’agevolazione?
Si è detto che le normative di patent box europee differiscono anche sotto un
profilo squisitamente tecnico, ed in particolare in relazione alle modalità di
concessione dell’agevolazione in parola. Nel dettaglio, tali differenze risultano
essere per certo quelle più rilevanti, posto che diversi risultano essere i flussi
reddituali agevolabili, le modalità di calcolo dell’agevolazione, etc. (
6
).
Ad esempio, alcune normative prevedono che possano costituire oggetto
di agevolazione le royalties percepite a seguito della concessione in licenza
o sublicenza dell’IP rilevante (
7
) ovvero, nel caso in cui il brevetto non sia
concesso in licenza a terzi, le
notional royalties
(
8
). Ma possono essere
agevolabili anche i ricavi derivanti dalla vendita di prodotti che incorporano la
tecnologia brevettata (
9
), le plusvalenze derivanti dalla cessione degli IP, come
in Francia ed Olanda, ed addirittura possono costituire base di calcolo per
l’agevolazione i corrispettivi conseguiti per danni derivanti dalla violazione dei
diritti di proprietà intellettuale (Lussemburgo e Inghilterra).
A partire quindi dai componenti positivi di reddito agevolabili, l’agevolazione
in parola può assumere la forma di una deduzione dalla base imponibile di un
certo importo del reddito derivante dall’IP qualificato (
10
) ovvero può essere
applicata un’aliquota agevolata direttamente sul reddito netto derivante dall’IP.
Quanto all’effetto finale, aspetto che ovviamente interessa maggiormente
i soggetti che devono scegliere se avvalersi, o meno, dell’agevolazione in
parola, deve evidenziarsi che molte normative conducono ad una
significativa riduzione dell’aliquota effettiva d’imposta gravante su quella
parte del reddito che deriva dallo sfruttamento dei beni immateriali, rispetto
all’ordinaria aliquota che colpisce il reddito societario.
In particolare, l’aliquota fiscale effettivamente sopportata dai redditi
derivanti dall’IP qualificato è ad esempio pari al 6% in Belgio (ove l’aliquota
sui redditi societari è pari al 34%), al 15% in Francia (ove l’aliquota standard
dell’imposta sul reddito delle società è pari al 33,3%), al 5,76% in
Lussemburgo (ove l’aliquota dell’imposta sul reddito societario è pari al
28,8%) e ad appena il 5% in Olanda (la cui aliquota standard su reddito
societario è pari al 25%).
Osservazioni conclusive.
Se, sulla base di quanto appena evidenziato, fosse possibile stilare un
ipotetico “podio” dei regimi di patent box più convenienti per potenziali
soggetti fruitori di tali regimi, al primo posto troveremmo per certo il regime
lussemburghese, seguito da quello olandese e quindi da quello inglese.
Invero l’ambito di applicazione del patent box lussemburghese è
decisamente ampio, comprendendo non solo brevetti e modelli, ma anche
marchi, design, etc. Tali beni immateriali sono invece esclusi dall’ambito di
applicazione del regime olandese; tuttavia, complessivamente, in tal caso
l’aliquota fiscale cui viene assoggettato il reddito netto derivante dall’IP
qualificato è la più bassa in assoluto (appena il 5%).
Alla luce di tali evidenze e considerati gli obiettivi perseguiti
dall’introduzione del patent box anche nell’ordinamento fiscale italiano, e
precisamente incentivare la detenzione di beni immateriali in Italia
parallelamente allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo in Italia,
viene naturale chiedersi quale collocazione sia possibile attribuire al neonato
patent box italiano. In altri termini, la formulazione legislativa italiana risulta
essere effettivamente vincente nel panorama giuridico europeo?
È ancora presto per rispondere puntualmente a tali domande, eppure è già
possibile effettuare qualche prima considerazione alla luce dei primi dati
resi disponibili dall’Amministrazione finanziaria. Invero, secondo l’Agenzia
delle Entrate sono oltre 4.000 le istanze di adesione al regime del patent box
che sono state inviate e le stesse giungono principalmente dalla Lombardia,
dal Veneto e dall’Emilia Romagna. Nel dettaglio, l’agevolazione è stata in
primo luogo richiesta avuto riguardo ai flussi reddituali derivanti dall’utilizzo
di marchi, successivamente ai flussi connessi allo sfruttamento del know-
how ed infine all’impiego dei brevetti.
Emerge, quindi, che i potenziali beneficiari hanno richiesto l’applicazione
dell’agevolazione principalmente ai redditi derivanti dai marchi; tale
eventualità costituisce un punto di forza eppure anche un punto di
debolezza del patent box italiano.
Da un lato, invero, la possibilità di agevolare i redditi derivanti dai marchi
costituisce un elemento peculiare del sistema “patent box” italiano,
considerato che tali beni immateriali non sono solitamente inclusi tra l’IP
qualificato alla fruizione dell’agevolazione in altri regimi di patent box europei
(
11
). Sotto tale profilo, il sistema italiano si presenta quindi particolarmente
incentivante. D’altro lato, tuttavia, la scelta di agevolare i flussi reddituali
in parola è contraria alle direttive del progetto Beps-Action 5, secondo le
quali i marchi sono esclusi dal novero dei beni immateriali agevolabili (
12
).
In tal senso, quindi, il regime italiano non risulta essere conforme e dovrà
presumibilmente essere adeguato – con conseguente effetto disincentivante
per quei contribuenti che avevano aderito al regime per ottenere
l’agevolazio e sui flussi derivanti dallo sfruttamento dei marchi, considerato
che in futuro non potranno beneficiarne.
Alla luce di quanto considerato, sarà quindi necessario attendere ulteriori
precisazioni e sviluppi al fine di poter concretamente verificare se il regime
di patent box italiano sarà effettivamente in grado di raggiungere gli
obiettivi posti, oppure se si tratterà di un’opzione di detassazione
senz’altro valida eppure introdotta nell’ordinamento italiano in ritardo
rispetto agli altri Paesi europei.
6
In ogni caso si precisa che la “natura” dell’agevolazione non cambia, e cioè il “patent box” rimane un’agevolazione che concerne il lato positivo del conto economico, e
precisamente i flussi reddituali conseguiti dallo sfruttamento di taluni beni immateriali, e non i costi sostenuti in vista della loro “produzione”. In tal senso, potranno variare i
flussi considerati rilevanti (corrispettivi da concessione a terzi, plusvalenze maturate, etc.), la misura del flusso considerato (i.e. lordo o netto), etc..
7
Così accade in Belgio, Francia, Olanda, Spagna.
8
Trattasi delle cd. “royalties figurative” (anche
embedded royalties
), e cioè dell’importo a titolo di royalty che la società avrebbe ricevuto nel caso in cui avesse concesso il
brevetto in licenza ad un soggetto terzo. Si tratta in sostanza del canone teorico relativo a beni immateriali direttamente usati dall’impresa proprietaria. Belgio, Lussemburgo
e UK agevolano anche le
national royalties
.
9
Ad esempio UK e Olanda consentono di agevolare anche i ricavi di vendita su base “mondiale” dei prodotti brevettati ed altresì di qualsiasi bene che incorpori fisicamente un
elemento brevettato.
10
Ad esempio così funziona il sistema belga, che viene denominato “
patent income deduction
”, in quanto la società ha la possibilità di dedurre dalla sua base imponibile
dell’imposta societaria un importo pari all’80% del reddito lordo derivante dal possesso del brevetto e, quale conseguenza, solo il restante 20% del medesimo viene assoggettato
a tassazione.
11
Ad esempio non sono inclusi tra gli
intangibles
agevolabili in Olanda, Francia, Belgio, etc.
12
Nel documento si legge infatti che “The modified nexus approach explicitly excludes from receiving benefits marketing-related IP assets such as trademarks”.
PREMI PER I GIOVANIAUTORI
Anche per l’anno 2016 saranno premiati i tremigliori giovani autori
di articoli pubblicati sul nostro giornale. I premi consistono nel-
l’iscrizione gratuita ad un percorso formativo proposto
dall’Associazione, oltre ad un premio in denaro per l'articolo primo
classificato, e saranno riservati agli autori di età anagrafica non
superiore a 35 anni.
Essi saranno assegnati sulla base dei giudizi espressi dai componen-
ti del Comitato di Redazione de “Il CommercialistaVeneto”.
Collaborate con il giornale, e prendete contatto con il redattore del
Vostro Ordine per qualsiasi eventuale informazione.
I regimi di
Patent Box
in Europa
SEGUE DA PAGINA 12
1...,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 14,15,16,17,18,19,20,21,22,23,...36
Powered by FlippingBook