Il Commercialista Veneto n.230 (MAR/APR 2016) - page 12

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NUMERO 230 - MARZO / APRILE 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
I regimi di
Patent Box
in Europa
NORME E TRIBUTI
ALESSIASBROIAVACCA
Praticante Ordine di Venezia
SEGUE A PAGINA 13
C
ONLALEGGEDI STABILITÀ per l’anno 2015 è stato introdotto
nell’ordinamento fiscale italiano il cd. “patent box”, regime fiscale
agevolato che consente, al ricorrere di determinati requisiti, di
detassare parzialmente i redditi derivanti dallo sfruttamento di
determinati beni immateriali. In particolare il Decreto attuativo del 30.7.2015
ha conferito corpo al regime in parola, disciplinandone i dettagli, ed in specie
i soggetti che possono beneficiare di tale agevolazione (
2
), l’ambito oggettivo
di applicazione e cioè i beni immateriali a tal fine rilevanti (
3
), le concrete
modalità di calcolo dell’agevolazione spettante, etc.
L’introduzione di tale
agevolazione nel sistema
fiscale italiano risponde alla
necessità di incentivare
l’allocazione
ed
il
mantenimento in Italia dei
beni immateriali rilevanti,
cercando quindi di favorire
forme di investimento in
attività di ricerca e sviluppo
in Italia, e si colloca sulla scia
di analoghe azioni già da
tempo intraprese da altri
Paesi europei.
Invero, se per le imprese
italiane che svolgono attività
di ricerca la possibilità di
fruire del regime agevolato del patent box è una interessante novità, di
fatto per le imprese di altri Paesi europei l’agevolazione in parola è cosa
nota: basti pensare, infatti, che circa una dozzina di Paesi europei hanno
adottato regimi di
patent box
già dall’inizio degli anni Duemila (ad esempio,
la Francia l’ha introdotto nel 2000, l’Ungheria nel 2003, l’Olanda e il Belgio
nel 2007, etc.).
Nel dettaglio, soprattutto in tempi recenti sono stati sempre più numerosi i
Paesi che hanno scelto di offrire, a determinate condizioni, la possibilità di
usufruire di tale agevolazione fiscale, e tale scelta è stata essenzialmente
guidata dalla necessità di “tenere il passo coi tempi”. Ed invero, tramite
l’introduzione di tali regimi agevolativi, gli Stati hanno cercato, in primo
luogo, di contrastare fenomeni di delocalizzazione di redditi mobili facilmente
esportabili in altri ordinamenti a fiscalità minore – pratiche frequentemente
poste in essere da gruppi societari multinazionali; d’altro lato non nuoce
che per mezzo delle agevolazioni in parola sia possibile perseguire anche
più lodevoli finalità di matrice extrafiscale, e cioè la stimolazione e
l’incentivazione a sviluppare innovative attività di ricerca e sviluppo.
L’introduzione del “patent box” anche in Italia offre quindi lo spunto per
allungare lo sguardo oltre i confini nazionali e sbirciare le caratteristiche dei
regimi di
patent box
attualmente in vigore negli altri Paesi europei.
DARIO STEVANATO
1
Università di Trieste
Normative ed esperienze di altri Paesi: quale
l’
appeal
del regime di Patent box italiano?
L’accesso ai regimi di patent box: quale IPè qualificante?
L’analisi comparata tra i molteplici modelli di patent box introdotti in alcuni
Paesi europei risulta essere particolarmente interessante in quanto ogni
modello presenta dei tratti peculiari: vuoi per la tipologia di
intangibles
posta a presupposto per fruire dell’agevolazione, vuoi per le modalità
tecniche di concessione dell’agevolazione, vuoi per la misura effettiva
dell’agevolazione, etc.
Per quanto riguarda il cd. “IP qualificante”, e cioè i beni immateriali che
possono, in variomodo, far accedere all’agevolazione in parola, le normative
nazionali hanno infatti posto differenti presupposti. Premesso che, in linea
generale, è possibile individuare alcuni elementi strutturali ricorrenti (
4
),
osservando nei dettagli si possono individuare interessanti differenze.
Ad esempio, i regimi di patent box belga e francese individuano quale
presupposto per la concessione dell’agevolazione il possesso di brevetti
non solo nazionali ma anche europei ed internazionali - in questi ultimi casi
a condizione che l’invenzione protetta dal brevetto sarebbe stata
brevettabile anche nello Stato che concede l’agevolazione. Altre normative
invece estendono l’ambito di applicazione dell’agevolazione anche ad altri
intangibles
: si pensi al Lussemburgo, il cui regime di patent box è applicabile
non solo ai flussi reddituali derivanti dai brevetti, bensì anche a quei flussi
generati da marchi, design, modelli, software, etc.Anche il patent box inglese
individua quale “Ip qualificato”, oltre ai brevetti, i diritti connessi al know-
how, segreti commerciali ovvero industriali (i.e. formule, processi, etc.).
Chiaramente il “semplice” possesso del bene immateriale non viene sempre
fatto assurgere a titolo idoneo per la fruizione dell’agevolazione fiscale,
anche se in linea generale questo è sicuramente il punto di partenza, ed in
alcuni casi è persino la regola (
5
). Invero, alcune normative particolarmente
“accorte” stabiliscono che, al fine di poter fruire dell’agevolazione, la società
proprietaria ovvero concessionaria del bene immateriale debba svolgere
una effettiva attività di ricerca e sviluppo, ovvero sia coinvolta nella
formulazione di piani di sviluppo del bene immateriale, etc. Tale condizione,
che prende il nome di “
development condition
” ovvero “
active ownership
condition
”, è posta proprio al fine di evitare che siano perseguite logiche
1
Il Prof. Avv. Dario Stevanato è Ordinario di Diritto Tributario presso l’Università di Trieste; la dott.ssa Alessia Sbroiavacca è Praticante presso l’Ordine di Venezia.
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Persone fisiche che esercitano imprese commerciali ex art. 55 TUIR nonché soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a-b-c-d TUIR, a condizione che esercitino attività di
ricerca e sviluppo (art. 2 del decreto attuativo).
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Brevetti industriali, marchi d’impresa, disegni e modelli, software protetti da copyright, etc. (art. 6 del decreto attuativo).
4
In relazione al presupposto oggettivo, e cioè all’IP qualificante ai fini dell’accesso all’agevolazione, tutti i Paesi includono i brevetti.
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Ciò vale ad esempio per il regime lussemburghese.
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