Il Commercialista Veneto n.239 (SET/OTT 2017) - page 20

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NUMERO 239 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
GIORNO PER GIORNO
ANTONIO RIGHINI
Ordine di Verona
A
priamo il dizionario: FIDUCIA, sostantivo femminile (dal lati
no fiducia, da fidere, fidare) sentimento di chi si fida, tranquil-
lità e sicurezza in qualcuno o qualcosa. In particolare: Corag-
gio, sicurezza in se stessi.
d esempio: Non ho fiducia in nessuno, Sopportare con fiducia le avver-
sità, Mi rivolgerò a persona di fiducia. FIDUCIA è altresì considerato
come sinonimo di coerenza esteriore così come di coerenza interiore: adem-
piere gli obblighi esteriori non sono sufficienti per meritare la fiducia.
Ad esempio: Presentarsi puntuali agli appuntamenti, rispettare gli impe-
gni, mostrare sempre lo stesso atteggiamento, conferisce un’apparenza
d’impeccabilità, che però è facilmente incrinabile (infatti, si fa trapelare
la preoccupazione di voler fornire un’immagine di sé professionale e
rigorosa ma di non volere investire nella relazione anche il lato più
umano di sé).
Meritare la fiducia non implica aderire a una linea rigidamente coerente,
ma richiede autenticità e congruenza tra i sentimenti manifestati e quelli
effettivamente provati. Chiudiamo il dizionario.
“A cosa stai pensando Alberto?”
“Alla categoria, al suo futuro. Io la vedo nera. Per tutti! Maledetta intelli-
genza artificiale!” rispose Alberto picchiando col pugno sulla scrivania.
“A proposito di futuro” disse Antonio “ho letto che il futuro è un tempo
verbale che contiene in se il passato del verbo essere: FU e questo
passato nel futuro ci spaventa un poco tutti. Sei d’accordo Alberto?”
“Basta scherzare!”
Dalla poltrona dove stava leggendo la documentazione per l’incontro
di domani, Alberto si girò, avvicinò la sua sedia a quella di Antonio e
all’orecchio gli sussurrò: “Sei capace di mantenere un segreto?”
“Dio santo, Alberto, quando fai così mi preoccupi. Mi devo preoccupare?”
“No, ma mi raccomando devi fare come se non ti avessi mai detto niente,
almeno all’inizio, pensi di farcela?” disse Alberto rimanendo seduto
sulla poltrona in attesa di una risposta.
“Si”.
Alberto si alzò e si avvicinò alla finestra che dava sul cortile volgendo
lo sguardo più in là per vedere se c’erano orecchie che non dovevano
sentire.
“Forse è meglio uscire e andare a fare una passeggiata verso il Boulevard
della Fiducia” disse con voce bassa.
Come sindaco di TRUST CITY, Alberto non aveva molto lavoro.
Da quanto era scoppiata la IV rivoluzione industriale, il mondo, che per
millenni l’umanità aveva conosciuto, era scomparso. In principio, dalla
costituzione della TERRAUNITA, emanata subito dopo il terremoto del
2045, pochi avevano compreso il nuovo stile di vita cui ci si sarebbe
dovuti conformare, tanto era il sollievo per aver evitato la fine del mondo.
Sollievo che era scomparso quando la menzogna contenuta nella diret-
tiva 123 divenne chiara: abrogazione del lavoro e della pensione e piano
obbligatorio delle nascite per mantenere gli elevati tenori di vita pre
terremoto. Bene, dopo l’ouverture classica da dizionario (sulla fiducia),
ho preferito alzare l’asticella della vostra attenzione con un esempio
d’incipit di un racconto sulla fiducia ambientato nel futuro così da po-
terla dire
obliqua
, come dicono quelli che parlano bene, perché trattare
del tema della fiducia nel presente, è opportuno farlo con un approccio
diverso, direi quasi naif, e per questo ci sorge spontanea una domanda:
di cosa parliamo quando parliamo di fiducia?
Ebbene, nel passato quando si parlava di fiducia, in via alternativa, ci si
limitava a:
-
dare definizioni della fiducia;
-
formulare le più diverse teorie e sistemi di valutazione della fiducia;
-
definire quali riflessi sui sistemi economici e sulla democrazia
aveva la fiducia.
Ovviamente, la mia è una semplificazione per il passato, ma per il futuro
tutto questo non basta più. E’ necessaria una forte provocazione e
allora un
aforisma sulla fiducia,
che tanto piace agli intellettuali, può
esserci utile:
“Uno dei grandi piaceri della vita è avere la fiducia degli
Di cosa parliamo quando parliamo di fiducia?
altri ed esserne degni”.
Bella frase, bell’idea, ma nel concreto cosa significa?
Sul punto una precisazione è d’obbligo. Siamo la prima generazione
che vive in un tempo pieno d’idee,
spesso molto reclamizzate ma poi
abbandonate
(alzi la mano chi non si ricorda il
tivufonino
!!!) e su que-
ste idee facciamo addirittura dei format. Li chiamiamo TED e li fondiamo
su una dialettica commerciale irresistibile e che fa crollare ogni barriera:
IDEASWORTHSPREADING
(IDEEDACONDIVIDERE).
Eppure, semplificando, a me sembra che tutte queste idee noi non sap-
piamo condividerle; se è vero che viviamo nel miglior momento della
storia, perché alla domanda che a noi sta a cuore, “
Ci sarà un futuro
professionale/lavorativo per tutti o saremo sostituiti dall’intelligen-
za artificiale?”
noi non riusciamo
né a dare né a pensare,
una risposta
tanto siamo sfiduciati.
Ma siamo tanto sfiduciati perché non sappiamo condividere le idee?
Ma non sappiamo condividere le idee perché non ci fidiamo?
Se le cose stanno così, allora è utile tornare alla domanda iniziale: di
cosa parliamo quando parliamo di fiducia?
Ebbene, quando parliamo di fiducia, essenzialmente parliamo di fiducia
sociale ovvero nei rapporti sociali, non avendo senso parlare della
fiducia in noi stessi (fiducia individuale). Entrando poi nel tecnico, la
fiducia sociale si atteggia diversamente a seconda che trattasi di fidu-
cia istituzionale (istituzioni politiche, istituzioni pubbliche e istituzioni
economiche) rispetto alla fiducia tra familiari e/o terze persone (ovvero
alla fiducia sociale propriamente detta e che io chiamo l’altra fiducia).
C’è infatti una differenza sostanziale tra la fiducia istituzionale e l’altra
fiducia; sul punto, nonostante reiterati proclami a voler impostare il
rapporto tra Stato e cittadini usando la fiducia come chiave di volta,
ritengo di non dire niente di nuovo, affermando che in Italia vi è una
totale sfiducia istituzionale.
Come sempre, in Italia
manca la lista del come e del perché
soprattutto
nei rapporti fiscali (provate a chiudere gli occhi e a immaginare una
vostra disavventura), mentre così non è all’estero, anche se non è dato
di sapere perché questa fiducia all’estero funzioni (una chiave di lettura
mi è stata suggerita da mia nipote che l’ha individuata nell’opacità
dell’amministrazione pubblica, anche se non sono del tutto convinto).
In ordine poi alla fiducia nelle istituzioni economiche e giudiziarie la
questione è così seria e importante da doverla confrontare con la fidu-
cia sociale e con il forte cambiamento in essere rispetto al passato.
Provo quindi a mettermi nei panni di un nativo digitale e a tal proposito
useremo come esempio, la parola TANGENTOPOLI. Ebbene, se per un
nativo digitale
tangentopoli
è una parolaccia o quasi, per me o un mio
coetaneo ha rappresentato in un dato momento storico, un simbolo di
speranza e fiducia insieme tanto erano alte le attese evocate e che
sembravano sul punto di realizzarsi.
Il risultato fu che la fiducia nelle istituzioni economiche e giudiziali
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