Il Commercialista Veneto n.239 (SET/OTT 2017) - page 24

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NUMERO 239 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
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ell’ordinamento tributario nazionale il perseguimento di utilità sociali
ha da sempre goduto di agevolazioni fiscali, tuttavia la disciplina
settoriale aveva risentito di normative disorganiche e stratificate che in
taluni casi potevano rendere difficoltosa l’individuazione del corretto
trattamento da riservare alla fattispecie concreta.
Il D. Lgs. 117/2017, articoli 79 e seguenti, semplifica e riordina inmodo unitario la
disciplina fiscale degli Enti del Terzo Settore, introducendo una coerenza sistemica
di fondo e fornendo maggior certezza operativa.
La normativa esclude dalla disciplina anzidetta le imprese sociali, le quali sono
oggetto di specifico decreto che introduce agevolazioni volte ad incrementare
l’attrattività degli investimenti attraverso un sistema di detrazioni/deduzioni per
oneri connessi ad investimenti nel capitale dell’impresa sociale. Sono invece par-
zialmente interessate alle novità le cooperative sociali.
In primis
viene circoscritta la definizione fiscale di Non Commercialità, chiarendo
che vi rientrano le attività di interesse generale di cui all’art. 5 del Decreto svolte
senza scopo di lucro per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Il legisla-
tore ha voluto in tal guisa scongiurare il ricorso a presunzioni assolute di detassazione,
quali quelle attualmente previste per le ONLUS e, contestualmente, ha
definitivamente chiarito che gli Enti del Terzo Settore sono soggetti alle disposizio-
ni di cui al Titolo II del D.P.R. 917/1986 previste in materia di I.R.E.S. “in quanto
compatibili”.
La definizione generica viene successivamente declinata in via analitica, mediante
elencazione di specifiche attività, lasciando minor margine alla soggettività della
qualificazione.
Di rilievo le specifiche di cui agli artt. 79, commi 2 e 3, che marcano l’economicità
e il valore normale quali criteri di separazione tra le attività non commerciali e quelle
commerciali, specificando che:
-
si considerano di natura non commerciale le attività svolte, a titolo gratuito o
dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi;
-
che il principio dell’economicità e del valore normale si applica anche alle
attività convenzionate o contrattualizzate con la PubblicaAmministrazione;
-
si presumono ex lege di natura non commerciale talune fattispecie ricondu-
cibili al settore della ricerca scientifica.
La legge prevede che, indipendentemente dalle disposizioni statutarie, la qualifica-
zione tributaria di Ente del Terzo Settore decade sin dal periodo d’imposta in corso
nel momento in cui i proventi delle attività di interesse generale sono svolte in
maniera sostanzialmente non conforme alle disposizioni di legge. La fattispecie si
verifica qualora nel periodo di imposta “i proventi delle attività di cui all’art. 5,
svolte in forma di impresa” e delle altre attività (di cui all’art. 6) superano “le
entrate derivanti da attività non commerciali”. L’art. 89, del coordinamento
normativo, prevede a tal proposito la disapplicazione dell’art. 148 e 149 dei T.U.I.R.,
stabilendo pertanto una rilevante gerarchia tra le norme di settore.
La norma in esame appare particolarmente rilevante in quanto chiarisce al contempo
quali sono le entrate derivanti dalle attività non commerciali che consentono di
mantenere la qualificazione tributaria di Ente del Terzo Settore, identificando tra
queste in via tassativa i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative
dell’ente e ogni entrata assimilabile alla precedente, ivi comprendendo i proventi di
cui all’art. 79 sopra riportato.
Al ricorrere delle condizioni di legge, l’Ente deve sottoporre a tassazione, se pre-
sente, il reddito d’impresa, identificato come reddito che non deriva dall’attività
non commerciale come sopra circoscritta. L’alternativa prevede l’applicazione di
due regimi forfettari, il primo disciplinato all’art. 80, opzionabile da tutti gli Enti
del Terzo Settore, e uno riservato alle Organizzazioni di Volontariato (ODV) e alle
Associazioni di Promozione Sociale (APS), disciplinato dall’art. 86.
Il regime forfetario di cui all’art. 80 è rinnovabile con cadenza triennale e prevede,
nel caso in cui le attività siano svolte con modalità commerciali, la determinazione
del reddito di impresa mediante l’applicazione di coefficienti correlati alle dimen-
sioni e al settore di appartenenza espresso in termini di prevalenza in caso di
attività multiple. Eventuali plusvalenze, dividendi ed interessi, sopravvenienze
attive e proventi immobiliari seguono le regole propriamente dettate dal D.P.R.
917/1986 in materia di società commerciali. E’ altresì prevista la completa
disapplicazione di parametri, studi di settore e dagli indici di affidabilità.
Il regime forfetario di cui all’art. 86, riservato adODVeAPS di piccole dimensioni,
prevede l’applicazione di coefficienti simbolici, rispettivamente fissati al 1% e al
3%dei ricavi percepiti nei limiti di 130.000 euro. Gli obblighi contabili sono circo-
scritti alla conservazione dei documenti, escludendone la registrazione e tenuta
delle scritture contabili.
La tenuta delle scritture contabili è obbligatoria in tutti gli altri casi, con la previsio-
ne del libro giornale e del libro inventari come disciplinati dall’art. 2216 e 2217 del
codice civile, nonché della separazione delle attività nel caso di presenza delle
attività commerciali. Sul punto è bene chiarire che tale disposizione rappresenta
una novità assoluta, in quanto per la prima volta vengono dettati specifici impegni
anche per le realtà che perseguono esclusivamente attività istituzionali. La ratio
della norma è facilmente intuibile e connessa alla necessità di unmaggior controllo
dell’intero sistema, volto a prevenire fenomeni distorsivi e indebita fruizione di
vantaggi fiscali. Congiunta a tale aspettativa è la nomina dell’organo di controllo
interno (art. 30) e della revisione legale dei conti (art. 31), che diventano obbligato-
rie in diverse casistiche.
Il filo conduttore del legislatore con riferimento alle imposte indirette è l’incremento
dell’attrattività del settore, al fine ultimo del rafforzamento patrimoniale degli enti. Lo
strumento della detassazione e delle agevolazioni fiscali nei confronti degli erogatori
viene privilegiato anche nel caso delle liberalità a favore degli Enti del Terzo Settore,
attraversol’introduzionedel“Socialbonus”(art.81)ediunsistemacalibratodidetrazioni
e deduzioni (art. 83).
E’ introdotta una generalizzata esenzione dalle imposte sulle successioni e sulle
donazioni, dalle imposte ipotecaria, di registro e catastale, così come disposto
dall’art. 82.
A favore degli immobili destinati all’effettivo svolgimento di attività istituzionali
vengono confermate le agevolazioni IMU/TASI, le quali si allargano mediante la
previsione dell’irrilevanza reddituale ai fini IRES del reddito fondiario connesso.
In tema di accertamento e controlli, l’art. 94 attribuisce ampio potere all’amministra-
zione finanziaria, la quale è legittimata ad agire autonomamente per verificare la
disciplina statutaria e i requisiti richiesti per la fruizione dei benefici fiscali connessi
all’iscrizione nel RegistroUnicoNazionale del Terzo Settore. La legittimazione è nel
richiamo ai poteri istruttori in materia di IVA (artt. 32 e 33 D.P.R. 917/1986) e di
Redditi (artt. 51 e 52 D.P.R. 633/1972).
Da ultimo si sottolinea come il legislatore si dimostra particolarmente innovativo
introducendo all’art. 77 del decreto i Titoli di solidarietà, rappresentati da strumen-
ti finanziari emettibili dagli istituti di credito e destinati al potenziamento delle
attività svolte dagli Enti del Terzo Settore, nonché attraverso l’introduzione di un
credito d’imposta connesso al recupero di particolari tipologie di immobili.
A chiosa di questo intervento si segnala che, come peraltro evidenziato dalla prassi
e dalla dottrina, la riforma fiscale del terzo settore, pur apprezzabile nella volontà
di omogeneizzare il sistema, rischia di risultare inefficace a causa di talune criticità
implicite.
In primo luogo la fruizione dei benefici della riforma è univocamente legata alla
iscrizione al Registro del Terzo Settore, per il quale ad oggi non è previsto un
passaggio automatico, se non con riferimento a casistiche isolate quali ODV,APS e
ONLUS. Di conseguenza si ritiene che saranno numerosi gli enti che, non adem-
piendo all’iscrizione o non adattando i propri statuti alle novità in commento,
continueranno ad applicare vecchi regimi che non sono stati esplicitamente ed
integralmente abrogati, mantenendo la disomogeneità che voleva essere eliminata. Il
rischio sottostante è quello di non poter più contare su specifici benefici disposti
dal T.U.I.R. che sono stati rimodulati o cancellati.
In secondo luogo, come già richiamato nella prima parte, alla data odiernamancano
diversi regolamenti attuativi e autorizzazioni Ue per il completamento della rifor-
ma, che per questo motivo rischia di prolungarsi oltre le tempistiche attese: basti
pensare, ad esempio, semplicemente allamole di atti e fatti necessari all’organizza-
zione e all’implementazione del Registro Unico. Talune disposizioni legate alle
detrazioni fiscali saranno in vigore già a decorrere dal 1 gennaio 2018, così come il
Social Bonus, le disposizioni in tema di fiscalità indiretta e le abrogazioni di talune
norme del T.U.I.R. attualmente vigente. Di contro, le disposizioni sulla fiscalità, il
nuovo concetto di non commercialità e i regimi forfetari per le attività commerciali
dovranno attendere la concreta implementazione del RegistroUnico e l’autorizzazio-
ne dell’Unione Europea.
Il Terzo settore nella realtà attuale rappresenta un settore in fermento, in quanto
direttamente connesso ai più generici bisogni di welfare della collettività. Appare
dunque altamente auspicabile che i decreti attuativi, i regolamenti e le autorizzazio-
ni rispettino la tempistica al fine di non deludere le aspettative.
NORME E TRIBUTI
DENISE PEDERIVA*
Ordine di Trento e Rovereto
La fiscalità nella
riforma del terzo settore
*UGDCEC di Trento e Rovereto
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