Il Commercialista Veneto n.239 (SET/OTT 2017) - page 30

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NUMERO 239 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
comportato
l’eliminazione dall’OIC 24 dei costi accessori su finanziamenti dalla
voce “Altre” immobilizzazioni immateriali
»;
-
chiuderebbe il cerchio l’OIC 12.98, secondo il quale «
i costi di transazione
iniziali di competenza dell’esercizio
» si rilevano in C17 del conto economico.
Ora, indipendentemente dalla introduzione della c.d. «derivazione rafforzata»
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, chi
non avendo valutato al costo ammortizzato i debiti finanziari intenda continuare ad
ammortizzarne i costi accessori deducendoli ai fini IRAP ed ignorandoli nei conteggi
dell’art.96 TUIR deve essere pronto a dimostrare che la tesi degli OIC, per la quale
dal 2016 esisterebbero in ogni caso solo maggiori oneri finanziari e non più quote di
ammortamento di immobilizzazioni immateriali, non è «
secondo le disposizioni del
codice civile
»
5
. Comunque non è fisica atomica: lo si dimostra in quattro
step
.
In mancanza di indicazioni da parte del codice civile, per l’OIC19.56 del 2014
(come già nel 2005, conformemente a tutta la dottrina da sempre) «
Il principio
generale per la valutazione dei debiti prevede che essi siano esposti in bilancio
al
loro valore nominale
».
Completano la descrizione del criterio le indicazioni dell’OIC 24.76 e 24.94 di
gennaio 2015 per le quali, in modo analogo a quanto indicato dall’OIC 24 del 2005,
rispettivamente «
I costi accessori sostenuti per ottenere finanziamenti, quali le
spese di istruttoria, l’imposta sostitutiva su finanziamenti a medio termine, e tutti
gli altri costi iniziali sono capitalizzati nell’attivo dello stato patrimoniale (e classi-
ficati nella voce “altre” immobilizzazioni immateriali)
» e «
L’ammortamento dei
costi accessori su finanziamenti è determinato sulla durata dei relativi finanziamenti
in base a quote calcolate preferibilmente secondo modalità finanziarie, oppure a
quote costanti, se gli effetti risultanti non divergono in modo significativo rispetto al
metodo finanziario
».
Va osservato che questo criterio di valutazione non ha motivo di trasformare in
interessi passivi i costi accessori di natura pluriennale, che non essendo corrispettivo
di operazioni di finanziamento non hanno infatti mai presentato problematiche dal
punto di vista fiscale in ordine alla loro piena deducibilità: i costi accessori al
finanziamento non assumono la veste di «oneri finanziari». L’unico aspetto «finan-
ziario» riguarda quindi la modalità di calcolo delle quote di ammortamento, che
l’OIC 24.94 di gennaio 2015 come detto indicava di calcolare «
preferibilmente
secondo modalità finanziarie
» invece che «
a quote costanti
» come si sarebbe fatto
in base alla competenza temporale.
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In particolare sull’imputazione dei costi accessori va segnalata agli amanti del
rischio fiscale la Cassazione n.6.172 del 2 maggio 2001, per la quale «
i costi per la
stipulazione di un finanziamento sarebbero da inquadrare fiscalmente tra i costi
d’esercizio e non tra le spese ad utilità pluriennale, in quanto correlate esclusiva-
mente all’ottenimento del prestito e non alla fase di restituzione del medesimo,
differita in più esercizi
».
Più che dal fatto che la risoluzione n.240/E del 19 luglio 2002 non condivide, gli
amanti del rischio saranno attratti dalla circostanza che nel 2016 e nel 2017 la
Cassazione non ha applicato le opinioni dei Documenti OIC, oltretutto su temi
tutt’altro che controversi.
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L’art.2435 bis c.c. prevede al comma 7-
bis
che «
le società che redigono il
bilancio in forma abbreviata, in deroga a quanto disposto dall’art.2426, hanno la
facoltà di iscrivere
(…)
i crediti al valore di presumibile realizzo e i debiti al valore
nominale».
In questi casi (oltre alle piccole imprese hanno facoltà di iscrivere «
i
debiti al valore nominale
» anche le micro-imprese, per il richiamo all’art.2435-
bis
c.c. fatto dall’art.2435-
ter
comma 2 c.c.) il codice civile non può che confermare
l’applicazione del precedente criterio del valore nominale; ed ovviamente questo
vale anche per il bilanci0 «ordinario» della società che si sia avvalsa della facoltà di
deroga (
ex
art.2434 comma 4 c.c.) al criterio del costo ammortizzato.
Questo perché, salendo a livello sistematico, quando non si applica il criterio del
costo ammortizzato (che il codice civile ha preso dagli
IAS/IFRS
) il codice civile fa
riferimento alla Direttiva 34, il cui art.12 paragrafo 10 prevede che «
Se l’importo da
rimborsare su debiti è superiore all’importo ricevuto, gli Stati membri possono
consentire o prescrivere che la differenza sia rilevata nell’attivo. Essa è indicata
separatamente nello stato patrimoniale o nella nota integrativa. L’ammontare
della differenza è ammortizzata ogni anno per un importo ragionevole ed è comple-
tamente ammortizzato al più tardi all’atto del rimborso del debito
»
.
Ricordato che alla Direttiva 34 il concetto di costo ammortizzato è sconosciuto, a
chi ora sorgessero dei dubbi va rammentato che analoga formulazione era prevista
dalla IV Direttiva CEE (78/660/CE), che ai punti 1 e 2 dell’art.41 stabiliva «
1. se
l’importo da rimborsare su debiti è superiore all’importo ricevuto, la differenza
può essere portata all’attivo. Essa deve essere indicata separatamente nello stato
patrimoniale o nell’allegato. 2. Tale differenza deve essere ammortizzata ogni
anno con un congruo importo, al più tardi all’atto del rimborso del prestito
».
Questo conferma senza lasciare dubbi che il criterio di valutazione vigente fino al
2015, cioè valore nominale con capitalizzazione ed ammortamento dei costi acces-
sori ai finanziamenti:
- non è stato soppresso ma semplicemente affiancato dal criterio del costo ammor-
tizzato;
- continua ad operare quando il criterio del costo ammortizzato non viene applicato.
Per cui la tesi dell’OIC di imporre la riclassificazione ad interessi a chi non valuta
i debiti a costo ammortizzato, oltre a comportare aggravi fiscali
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, semplicemente
non trova supporto nel codice civile né, ancora prima, nella Direttiva 34.
La tesi dell’OIC non sarebbe stata «
secondo le disposizioni del codice civile
»
neanche se avesse giustificato la presunta sparizione dell’immobilizzazione imma-
teriale non con l’«
introduzione dell’istituto del costo ammortizzato
» ma con il
principio generale della prevalenza della sostanza sulla forma, prescindendo quindi
dalla applicazione o meno del costo ammortizzato: essendo il criterio del costo
ammortizzato espressione della prevalenza della sostanza sulla forma, le facoltà di
disapplicazione previste dal codice civile fanno sì che questo principio non conti-
nui ad operare - trasformando costi accessori in interessi passivi - quando il
criterio del costo ammortizzato, appunto, non viene applicato. La novità portata
dalla prevalenza della sostanza sulla forma si ha solo se si applica il costo ammor-
tizzato: se questo criterio non si applica, non si hanno novità rispetto al passato.
E l’interpretazione da parte dell’OIC delle norme del c.c. in materia di bilancio nei
casi in cui non ci sia nulla da integrare perché la volontà del legislatore è chiara e
completa non richiedendo elaborazioni di sorta, come in questo caso, si deve ferma-
re prima di diventarne una integrazione secondo ciò che l’OIC ritiene opportuno.
Questo non solo perché l’OIC non svolge alcuna funzione legislativa.
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Ma ancora prima per i precisi limiti del mandato che la legge attribuisce all’OIC: le
indicazioni che non siano (art.9-
bis
del D.Lgs n.38 del 28 febbraio 2005) «
secondo
le disposizioni del Codice civile
» o che, come in questo caso, non aggiornino i
documenti OIC (art.12 comma 3 del Decreto 139) «
sulla base delle disposizioni
contenute nel presente decreto
» non hanno alcuna rilevanza, neanche fiscale.
Anche se in verifica il fisco avrà verosimilmente la bandiera dell’OIC 19 che gli ha
riqualificato i costi di transazione in interessi passivi in ogni caso, ci si potrà
difendere con due fatti che sono fuori discussione:
- quelle del codice civile sono norme, quelle dell’OIC invece sono opinioni;
- le opinioni dell’OIC non hanno alcun titolo per modificare il codice civile che ha
mantenuto il criterio della valutazione al nominale e pertanto capitalizzazione ed
ammortamento dei costi accessori ai finanziamenti.
Non si ravvedono, in sostanza, la necessità di effettuare tale forzatura, visto che
l’implementazione del costo ammortizzato non sembra essere rilevante ai fini in-
formativi». Ma rimase inascoltato.
Gli oneri accessori
ai debiti finanziari
SEGUE DA PAGINA 29
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Da diversi anni si è consolidato l’orientamento di Cassazione che riconosce il diritto dell’Amministrazione finanziaria (la quale a sua volta ha superato la propria
circolare ministeriale n.73/E del 27 maggio 1994 secondo cui «
l’Amministrazione finanziaria deve attenersi ai dati di bilancio, salvo che questi risultino poi
invalidati a seguito di pronuncia dell’autorità giudiziaria
») di eccepire la scorretta applicazione non delle norme del TUIR ma, ancora prima, del codice civile.
Per cui indipendentemente dalla «derivazione rafforzata» un verificatore che ritenesse corretta, o semplicemente favorevole all’erario, l’opinione dell’OIC che ha
trasformato in interessi passivi - a deducibilità non immediata IRES ed indeducibili IRAP - le quote di ammortamento potrebbe accertare maggiori imponibili in
capo a chi invece, non valutando i debiti a costo ammortizzato, abbia continuato a rilevare quote di ammortamento di immobilizzazioni immateriali.
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L’art.9-bis del D.Lgs n.38/2005 prevede che il compito dell’OIC è «
emanare i principi contabili nazionali, ispirati alla migliore prassi operativa, per la redazione
dei bilanci secondo le disposizioni del Codice civile
».
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Era una anticipazione della malinconia dell’imputazione del costo, in quel caso le quote di ammortamento dell’immobilizzazione immateriale, seguendo un criterio non
temporale ma finanziario.
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La Cassazione n.23.827 del 23 novembre 2016 ha stabilito che è scorretta la capitalizzazione (come costo di ampliamento) della remissione del debito del proprio
distributore nell’ambito di una transazione patrimoniale, in quanto secondo i Giudici mancava l’utilità pluriennale, che «non si identifica con il mero vantaggio (o con la
mera prospettiva di vantaggio) derivante da un’operazione positiva, da un buon investimento o da un risparmio di spesa, ma deve configurarsi quale ricavo d’impresa
che si pone in immediata correlazione con il costo e a esso appare direttamente riferibile (cfr. Sez. 1^, n. 17210/04)»: questa conclusione ha ignorato l’OIC 24.6 del
2015 per il quale «i benefici economici futuri derivanti da un’immobilizzazione immateriale includono i proventi originati dalla vendita di derivanti dalla vendita di
prodotti o servizi, i risparmi di costo o altri benefici derivanti dall’utilizzo dell’attività immateriale».
Altro caso. I verificatori avevano contestato la deduzione nel 2004 della quota di ammortamento di beni materiali da utilizzare in una attività di vendita al dettaglio (nel 2004
in seguito alla mancata attivazione dell’esercizio era stata revocata l’autorizzazione al commercio al dettaglio e la società, prima di iniziare ad operare al dettaglio nel 2005,
intanto aveva utilizzato la struttura come deposito e ne aveva pertanto iniziato l’ammortamento nel 2004) perchè mancava la «entrata in funzione» dei beni identificata
dall’art.102 comma 1 TUIR per la decorrenza dell’ammortamento. La Cassazione n.16.160 del 28 giugno 2017 ha dato ragione al fisco con un «la diversa destinazione dei
beni aveva fatto venir meno l’originario nesso di strumentalità» che ignora l’OIC 16 del 2005 (paragrafo D.XI.6), l’OIC 16.53 del 2014 e l’OIC 16.61 del 2016 per i quali
- tutti - l’ammortamento inizia dal momento in cui il cespite è disponibile e pronto per l’uso.
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Ognuno può interpretare come crede la circostanza che i principi contabili nazionali ai sensi dell’art.12 dello Statuto dell’OIC sono soggetti al parere, tra gli altri,
dell’Agenzia delle Entrate.
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Tre evidenze della circostanza che il Decreto 139 ha dato attuazione normativa a specifiche disposizioni della Direttiva 34 non essendo sufficiente la previsione da parte
dell’OIC, appunto perché i suoi Documenti non sono norme di legge:
a) ha aggiunto all’art.2426 n.3 secondo periodo c.c., «
Il minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica
effettuata
», la frase «
; questa disposizione non si applica a rettifiche di valore relative all’avviamento
», ma questo era già detto dall’OIC 9.25 del 2014;
b) ha sostituito il comma 2 dell’art.2427 c.c. con un comma 2 per il quale «
le informazioni in nota integrativa relative alle voci dello stato patrimoniale e del conto
economico sono presentate secondo l’ordine in cui le relative voci sono indicate nello stato patrimoniale e nel conto economico
», ma questo era già detto dall’OIC
12.136 del 2014;
c) ha rifrasato il n.9) dell’art.2427 c.c., che dispone ora l’obbligo di indicare la nota integrativa «
l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività
potenziali non risultanti dallo stato patrimoniale
», ma l’obbligo di indicare in nota integrativa l’importo delle passività potenziali ritenute possibili era già previsto
dall’OIC 31.108 del 2014.
1...,20,21,22,23,24,25,26,27,28,29 31,32
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