Il Commercialista Veneto n.236 (MAR/APR 2017) - page 12

NUMERO 237 - MAGGIO / GIUGNO 2017
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
GIULIAMILAN
Ordine di Padova
FINANZA
Premi e sconti
nella valutazione d'azienda
SEGUE A PAGINA 14
Premessa
La stima del valore di una partecipazione richiama alla mente la necessità di appli-
care fattori correttivi per riflettere plus/minus valori rispetto alla mera proporzione
della quota di partecipazione sul valore riferito all’intero capitale. Tali plus/minus
valori, riconducibili a numerose condizioni, si desumono da transazioni di quote di
capitale ove emerge sovente il riconoscimento di premi di controllo o la considera-
zione di sconti (non solo di minoranza) rispetto al semplice valore pro-quota della
partecipazione.
L’evidenza di premi è stata riscontrata con riferimento alle differenze fra i prezzi di
Borsa (che riflettono quote di minoranza scambiate in un mercato tendenzialmente
liquido) e i valori riconosciuti in transazioni di quote di controllo. Come noto,
infatti, il valore di un’azienda potrebbe aumentare nel caso di un cambiamento del
controllo perché uno specifico acquirente giudica di poter massimizzarne il valore
realizzando sinergie da integrazione.
Per contro, in presenza di limitazioni al trasferimento del controllo e/o al godimento
dei diritti patrimoniali o all’esercizio di quelli di governance, è prassi applicare al
valore stand-alone di un’azienda sconti che possono anche prescindere dalla quota
oggetto di valutazione.
Il presente articolo, partendo dai diversi livelli di valore in cui si può collocare la
partecipazione oggetto di stima e dai metodi di valutazione adottati, espone gli
orientamenti della Dottrina e le evidenze degli studi empirici in termini di premi/
sconti, fornendo pratici riferimenti in merito alla loro misura.
Dal valore fondamentale al prezzo fattibile
Il valore fondamentale (intrinseco) di una società esprime i benefici economici che
l’attività nelle sue condizioni correnti (
as is
) può offrire ad un generico operatore di
mercato. La stima è ancorata all’analisi fondamentale della realtà aziendale ed è
funzione della capacità di reddito attuale e delle opportunità di crescita concreta-
mente realizzabili a partire dal percorso strategico già tracciato dal management.
Nei contesti transattivi, i valori di scambio di aziende o partecipazioni azionarie
difficilmente riflettono il valore intrinseco della società o del pacchetto partecipativo
oggetto di acquisizione, ma incorporano elementi extra di valore (“non fondamen-
tali”), frutto della negoziazione tra le parti. Ne consegue che i prezzi realizzati nel
mercato differiscono dai valori fondamentali, in quanto influenzati da variabili
esterne (caratteristiche del settore, variabilità del mercato nel preciso momento
storico, …) ed interne (oggetto della transazione, caratteristiche specifiche dell’ac-
quirente, finalità della transazione, …) che giustificano l’inclusione di premi o
sconti comportando il disallineamento tra prezzo e valore.
Guardando al mercato, infatti, i valori rinvenibili da transazioni di aziende (parteci-
pazioni totalitarie o di maggioranza) incorporano tendenzialmente un premio ri-
spetto al valore intrinseco, che riflette i maggiori benefici connessi all’acquisizione
del controllo nella società acquisita. Rispetto a tali valori, i prezzi dei titoli quotati
verificabili nei mercati azionari riflettono uno sconto di minoranza perché si riferi-
scono a partecipazioni non di controllo. Il valore di una partecipazione (di mino-
ranza) in una società non quotata, poi, a sua volta, incorpora uno sconto sul valore
fondamentale per riflettere eventuali limiti alla sua trasferibilità.
In conseguenza di quanto sopra, il valore di un’azienda non coincide con la somma
IRENE BASTASIN
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Padova
dei valori delle singole interessenze partecipative che compongono il suo capitale,
poiché i benefici e i rischi non sono necessariamente divisibili su base proporziona-
le e può sussistere un’asimmetria informativa tra le diverse categorie di azionisti.
A seconda della tipologia di partecipazione azionaria oggetto di valutazione si
delineano diverse prospettive di valore, che i PIV classificano (in via generale) in
cinque “livelli di valore” (PIV III.3.8):
1)
Valore di controllo strategico
2)
Valore di controllo finanziario
3)
Valore di minoranza in società quotata e contendibile
4)
Valore di minoranza in società quotata ad azionariato bloccato
5)
Valore di minoranza in società privata
Secondo tale classificazione, la determinazione del valore dei diversi pacchetti
azionari (o di quote) avviene in funzione del diverso profilo di benefici, rischi e base
informativa.
In particolare, il valore di controllo strategico include, oltre ai risultati prospettici
desumibili dal piano operativo della società, anche le sinergie realizzabili per mezzo
della transazione. Al contrario, nelle partecipazioni di minoranza i flussi operativi
potrebbero essere stimati sulla base dei risultati di piano solo se disponibile, altri-
menti sulla base dei flussi di reddito storici (variamente rettificati e normalizzati
per tenere conto delle prospettive future), e sono riflessi i soli miglioramenti (di
reddito e/o di struttura finanziaria) perseguibili dall’attuale soggetto controllante e
condivisi tra tutto l’azionariato.
Quanto ai rischi, nella valorizzazione di pacchetti di controllo è opportuno consi-
derare una struttura finanziaria ottimale, in quanto la stessa può essere oggetto di
miglioramento da parte del soggetto controllante; viceversa nelle partecipazioni di
minoranza si dovrà considerare la struttura finanziaria effettiva, a meno che la
società non sia contendibile.
Rispetto ai livelli di valore, quello riferito alla partecipazione di minoranza in
società quotata contendibile normalmente coincide con il valore stand-alone (fon-
damentale) della società, riflesso nel suo valore di mercato. Tale valore è perfetta-
mente divisibile tra i soci, indipendentemente dal pacchetto azionario posseduto
(non incorporando alcun premio o sconto).
I livelli di valore riportati nei PIV sono descritti in ordine gerarchico, assumendo
dunque che il controllo strategico rappresenti la prospettiva che consente di realiz-
zare il maggior valore. In realtà, tale classificazione è fortemente dipendente dalle
caratteristiche della società oggetto di valutazione e del mercato in cui essa si
inserisce. Se, infatti, l’azienda risulta ottimamente gestita dalla proprietà corrente e
il mercato on presenta particolari prospettive di crescita (perché le quote di
mercato sono già definite e la società già si trova in una posizione di leadership, o
perché il ciclo di vita del business è in una fase matura per cui non sono individuabili
nuove strategie di sviluppo) il valore di controllo strategico coincide con il valore di
minoranza in una società dotata di mercato attivo, per cui il livello di valore più
elevato potrebbe essere incorporato da un socio finanziario, in grado di migliorare
la struttura finanziaria riducendo il costo del capitale della società. Ancora, in caso
di società quotata non contendibile, in presenza di un ampio flottante e di una
buona liquidità delle azioni si può comunque presumere che il valore di mercato del
capitale costituisca il valore fondamentale della società, approssimandolo dunque
al valore di minoranza di una società quotata contendibile.
La determinazione del livello di valore appropriato dipende fortemente dalla base
informativa a disposizione dell’esperto valutatore e dal metodo di valutazione
adottato. Se, infatti, nella valutazione di una partecipazione di maggioranza fosse
necessario adottare il metodo patrimoniale o il metodo basato sui multipli di Borsa
(perché le stime dei flussi di reddito futuro risultano, ad esempio, troppo soggettive),
allora il professionista dovrà tenere conto che il valore cui giunge non esprime i
benefici derivanti dalla transazione che potranno essere espressi in via indiretta me-
diante l’applicazione di premi. Parimenti, qualora l’esperto si trovasse nella circo-
stanza di valutare una quota di minoranza di una società non quotata, priva di un
mercato attivo, e adottasse quale metodo quello dei multipli di Borsa, dovrebbe
tenere conto del fatto che il livello di valore cui vuole giungere presuppone uno sconto
di liquidità non già espresso mediante la valutazione con i multipli di mercato.
In via generale, dunque, anche sulla base di quanto indicato nei PIV, il procedimento
valutativo ottimale da adottare per valorizzare un’interessenza partecipativa è
quello di stimare direttamente il corretto livello di valore, verificando autonoma-
mente benefici e rischi relativi all’unità oggetto di valutazione. Qualora ciò non sia
possibile (perché benefici e rischi non sono chiaramente individuabili o perché il
metodo valutativo adottato non consente di derivare il livello di valore desiderato),
la prassi valutativa ha introdotto il concetto di premi e sconti, che altro non sono
che rettifiche di valore (in aumento o in diminuzione) che consentono di passare da
un livello di valore ad un altro. La quantificazione di premi e sconti è solitamente
Valore
fondamentale
(valore di mercato
azioni di minoranza
proprietà
contendibile)
Valore di
mercato azioni
di minoranza
proprietà
bloccata
Valore di
mercato azioni
di maggioranza
Premi
Sconti
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Senior Analyst presso Buttignon Zotti Milan & Co.
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