Il Commercialista Veneto n.236 (MAR/APR 2017) - page 7

NUMERO 237 - MAGGIO / GIUGNO 2017
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
FRANCO CESARO*
Verona
L'AZIENDA FAMILIARE
L
’intervento nelle aziende familiari è possibile solo se si riesce a conciliare,
nello stesso momento, il bisogno di affettività, cura e relazione, con il
bisogno di dare risposte a pulsioni creative che implicano scelte razionali,
produttive, organizzative ed economiche. La narrazione di un numero con-
siderevole di storie di vita di aziende familiari aiuta a comprendere la portata del
problema.
Negli ultimi 40 anni ho potuto incontrare in prima persona centinaia di situazioni
dove il cambiamento socioeconomico in atto ha messo in moto meccanismi e senti-
menti contrastanti fra gioie, entusiasmi, sofferenze, conflitti, lutti e fallimenti; più
dell’80% delle aziende italiane (su un totale di oltre 6 milioni) ha provato a soprav-
vivere a crisi generate dall’esterno o dall’interno del sistema famiglia.
È infatti attorno alla piccola e media impresa familiare che il sistema economico
italiano centra le proprie vicende di successo o di difficoltà, con ripercussioni sulla
socialità, sulla cultura, sul benessere e, nondimeno sulla bellezza.
Le statistiche testimoniano che oltre due terzi delle imprese familiari italiane non
riesce ad andare oltre la seconda generazione, disperdendo energie e patrimoni di
professionalità, ricchezza, esperienza e lavoro; siamo pertanto impegnati, come
professionisti, a sostenere queste realtà nel provare a farcela, sia “salvando” i
risultati dell’impegno profuso in termini di lavoro (aziende, posti di lavoro, denaro,
etc.) ma, soprattutto, “cercando di salvare” le relazioni nelle famiglie.
Agire contemporaneamente sui due piani è, al contempo, un impegno ed una sfida,
ma è una necessità logica poiché l’impresa è il risultato del lavoro di madri, padri,
figli e altri componenti della famiglia allargata. Per contro, tutelare solo interessi
economici, talvolta di parte, a scapito delle relazioni familiari, significa mettere a
rischio la sopravvivenza di entrambe le parti di un unico sistema.
È nella genesi stessa della parola economia (dal greco
oiko-nomia
, amministrazione
della casa) che possiamo identificare tre chiavi del problema: le figure femminili, in
quanto archetipi, appunto, della
oiko-nomia
; la loro capacità di gestire la comples-
sità in una situazione di scarsità e, spesso, la loro solitudine.
La prima riflessione riguarda le figure femminili in quanto generatrici e punto di
partenza e di arrivo delle diverse generazioni (in termini di fasce di età) e della
generatività (in quanto capacità creativa); le donne sono esempio e fattore pedago-
gico, elemento di mediazione, di comunicazione e di pacificazione, ma anche ed
esattamente l’opposto di tutto ciò. Nella mia esperienza sono la ragione del succes-
so, della rovina o della sopravvivenza delle imprese familiari.
Il cosiddetto “cambio generazionale” è il momento comunemente identificato come
occasione di svolta nella vita di questi sistemi: è la convivenza fra due o più generazio-
ni, invece, a tracciare la traiettoria del futuro di queste imprese e di queste famiglie. Le
donne sono, nella maggior parte dei casi, mediatrici della relazione e della comunica-
zione fra le diversità: sanno esaltarle così come le sanno deprimere, sanno unire come
sanno dividere, sanno pacificare così come sanno accendere la conflittualità.
Sovente rifugiate o relegate nell’ambito del focolare domestico, nelle imprese fami-
liari le donne si ritrovano, nella realtà, ad essere coinvolte a diversi livelli: talvolta a
loro insaputa, sono socie, amministratrici, firmatarie di fidejussioni a garanzia del
patrimonio, sostenitrici o detrattrici di persone che lavorano nell’impresa. E, nel-
l’intimità, possono sedare ansie, preoccupazioni e contenere eccessi, riportando gli
altri componenti della famiglia al piano di realtà.
Il secondo punto riguarda la capacità di gestire la complessità in una situazione di
scarsità: sono, queste, situazioni comuni ad ogni famiglia media e ad ogni azienda
che abbia una certa longevità. Nel tempo, infatti, si sedimentano elementi che
rendono importante investire, diversificare, presidiare al contempo interessi ed
altre questioni. È qui che nasce e si sviluppa il rapporto con il debito, il patrimonio,
il rischio, la visione di breve o di lungo periodo.
In genere le risorse necessarie quasi mai sono adeguate: entra in gioco quindi il
sistema educativo proprio dell’ambito familiare, all’interno del quale stili di vita,
valori morali, modalità di comportamento e di relazione con il denaro, con gli oggetti
e con le persone plasmano il modo di osservare e interpretare la realtà economica,
imprenditoriale, finanziaria, commerciale, etc. È in questo contesto che i figli ven-
gono educati all’etica, a dare il valore alle cose di tutti i giorni e ad attribuire senso
alle proprie scelte ed azioni. È così che emerge e prende forma anche l’imprenditività
della persona, che non è necessariamente una dote ereditata, ma è una scelta di
lavoro e di vita in alternativa ad altre possibili. La propensione al rischio, all’avven-
tura e al sacrificio per costruire ricchezza e opportunità per se stessi e per gli altri
rende questi individui diversi. Infine, è sempre su questo terreno che si costruisce
il capitalismo personale: non una questione di potere, di denaro o di proprietà, ma
un sistema di relazioni e di conoscenze patrimonio del singolo individuo e che,
perciò stesso, non è trasmissibile automaticamente da una generazione ad un’altra.
Il legame con il territorio in cui vive la famiglia ed in cui opera l’azienda diventa una
delle doti, un valore aggiunto, uno degli elementi identitari che caratterizza sia
l’imprenditore, sia la sua impresa (che proprio per questo motivo non è solo sua),
sia tutto il sistema sociale e culturale ad essa collegato.
La terza questione riguarda la solitudine non necessariamente intesa in una accezio-
ne negativa: certamente gli imprenditori devono essere in grado di agire e prendere
decisioni autonomamente, pur dopo essersi consultati e confrontati con altri.
Il modo in cui si è vissuto e si vive la realtà familiare, affrontando insieme agli altri
componenti o da soli i casi della vita, si riverbera nella quotidianità della propria
azienda ed anche nella gestione di eventi eccezionali, come i momenti delle decisioni
difficili. In queste circostanze, ciascuna generazione disvela il proprio punto di
vista rispetto all’azienda ed al patrimonio e qui esplodono le divergenze maggiori
fra i familiari: genitori che hanno fatto nascere l’azienda si comportano come baby-
sitter per le quali l’azienda è sempre una giovane creatura da proteggere; per contro,
i giovani figli, che entrano in aziende ormai adulte, si pongono come badanti che
accudiscono un corpo che spesso avrebbe bisogno di essere rinnovato.
Dialogare fra baby-sitter e badanti si rende faticoso proprio per la differente visio-
ne delle cose per tempi, modi e opportunità di investimento: le nuove generazioni
hanno visioni di breve periodo e ragionano secondo logiche manageriali volte
all’ottenimento di risultati che tendono a remunerare il patrimonio personale o
familiare; sono preoccupate della propria visibilità e, talvolta, non hanno remore a
rinnovare, sacrificandole, risorse umane, tecnologiche e finanziarie ritenute obsolete.
I fondatori, al contrario, tendono a salvaguardare le relazioni e gli investimenti utili
a consolidare la ricchezza a lungo termine, valorizzando il sistema ed il rapporto
con il territorio, attribuendo valore al lavoro, alle scelte, agli errori e agli insegna-
menti tratti dall’esperienza; sacrificio e spirito di avventura restano per loro una
scelta di vita che mettono a confronto ed in competizione con le maggiori conoscen-
ze e abilità che i giovani hanno maturato grazie alla maggiore scolarità e ad una
maggiore dimestichezza nell’uso di nuove tecnologie e di sistemi di relazione aperti
e multiculturali.
L’ideale, come sempre, sarebbe saper integrare le diversità: il momento di unione e
Mediare
la crisi
fra generazioni:
una finestra sulle
F
amiglie che possiedon
o
un'impresa
SEGUE A PAGINA 8
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Professore a contratto presso Università degli Studi di Milano.
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