Il Commercialista Veneto n.236 (MAR/APR 2017) - page 11

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NUMERO 237 - MAGGIO / GIUGNO 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
causa va ricercata nell’obbligo della controparte di pub-
blicizzare/propagandare il marchio e/o il prodotto del-
l’impresa al fine di stimolarne la domanda e a fronte
della percezione di un corrispettivo.
La caratteristica delle spese di rappresentanza, inve-
ce, è la “gratuità” dell’erogazione di un bene o un ser-
vizio nei confronti di clienti o potenziali clienti.
Giurisprudenza
Durante i suoi controlli l’amministrazione finanziaria,
sempre più frequentemente, contesta la deducibilità
dei costi di sponsorizzazione e, di conseguenza, le
condizioni per la deducibilità delle spese per la
sponsorizzazione del marchio aziendale continuano
ad essere al centro di numerosi interventi delle Com-
missioni Tributarie e della Cassazione, mancando, allo
stato attuale, una soluzione normativa.
La
Comm. Trib. Prov.le Lecce n. 53 del 12 febbraio
2012
afferma che i
costi di sponsorizzazione si deter-
minano in presenza di un’azienda sponsor che garan-
tisce sostegno economico – finanziario alla società
sportiva sponsorizzata la quale si obbliga ad una
controprestazione nei confronti della società sponso-
rizzata. Tale costo diviene spesa di pubblicità deducibile
dal reddito d’impresa.
Con la
sent. N. 9567 del 23 aprile 2007 la Corte di
Cassazione
afferma che i costi di sponsorizzazione,
che di regola pubblicizzano il marchio della società
sponsorizzata, sono riconducibili alle spese di pubbli-
cità integralmente deducibili dal reddito d’impresa se-
condo le modalità previste dall’art. 108 – 2° comma
D.P.R. 917/86.
Ancora la Corte di Cassazione,
(Sent. N. 21270/08,
17602/08)
afferma che le spese di pubblicità regolate
dall’art. 108, comma 2, del DPR 917/86, risultano
essere quelle finalizzate alla pubblicizzazione di mar-
chi, prodotti e servizi, al fine di rilevare da parte del-
l’azienda sponsor, un aumento temporale dei propri
ricavi. La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto
l’inerenza di costi derivanti da contratti stipulati a
favore di un terzo, in quanto funzionalmente
utili
alla propria attività (Cass.n. 6548/2012 e n. 24065/
2011
). In tale sede, è stato altresì precisato
che: ”l’inerenza è una nozione pre-giuridica, di origine
economica, legata all’idea del reddito come entità ne-
cessariamente calcolata al netto dei costi sostenuti per la
propria produzione”. Sotto tale profilo, pertanto, “ine-
rente” è tutto ciò che – sul piano dei costi e delle spese –
appartiene alla sfera dell’impresa, in quanto sostenuto
nell’intento di fornire a quest’ultima un’utilità, anche in
modo indiretto.Acontrario, non è invece inerente all’im-
presa tutto ciò che si può ricondurre alla sfera personale
o familiare dell’imprenditore. (Cassazione civile, sez. tri-
butaria, sentenza 12.02.2013 n. 3340).
Con la
Sent. N. 14252/14, la Corte
ha ribadito che nel
caso in cui non risulta esserci alcun rapporto tra l’attività
sponsorizzata e quella posta in essere dall’azienda spon-
sor, i relativi costi di sponsorizzazione non possono
essere considerati di pubblicità e quindi integralmente
deducibili dal reddito d’impresa, ma gli stessi devono
ritenersi spese di rappresentanza, soggette alle limitazio-
ni di cui all’art. 108, comma 2, del D.P.R. 917/86.
Con la
sentenza n. 25100 del 25 settembre 2014
la
Suprema Corte ha affermato che l’impresa che intende
dedurre i costi per la sponsorizzazione del proprio
marchio deve dimostrare l’utilità per lo sviluppo del-
l’attività commerciale, l’idoneità a influenzare le scel-
te della clientela (anche potenziale), l’effettività delle
prestazioni rese e la congruità della spesa sostenuta.
Quindi
il requisito dell’inerenza,
che dà il via libera
alla deducibilità delle spese di sponsorizzazione, non
è dato soltanto dalla congruità dei costi rispetto ai
ricavi, ma anche dall’effettiva utilità che la pubblicità
svolta dall’impresa a favore del terzo produce per la
propria attività.
A tal proposito, così come chiarito dalla recente sen-
tenza della
Suprema Corte n. 3770
del 25 febbraio
2015,
deve infatti ribadirsi che la pubblicità da tempo
non svolge più un ruolo puramente informativo limi-
tato alla notizia dell’esistenza di un prodotto già in-
trodotto sul mercato, poiché con lo sviluppo della
produzione industriale di massa il messaggio pubblici-
tario ha assunto
la funzione di sensibilizzare
preventivamente
l’interesse dei consumatori verso
beni o servizi ancora non offerti concretamente
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: un
tal tipo di spesa deve perciò essere qualificata come
inerente all’esercizio d’impresa anche quando sia so-
stenuta prima ancora che l’offerta del bene o del servi-
zio pubblicizzato si sia in concreto realizzata.
Quindi, la deducibilità del costo non postula che esso
sia stato sostenuto per realizzare una specifica com-
ponente attiva del reddito, ma è sufficiente che esso
sia correlato in senso ampio all’impresa, ovvero che
tale onere sia “stato sostenuto al fine di svolgere un’at-
tività potenzialmente idonea a produrre utili”.
Infine la recente decisione della giurisprudenza di me-
rito (
CTR Brescia 3421/15 del 20 luglio 2015)
ha
affermato che non è ammissibile alcun sindacato da
parte del Fisco sull’economicità e congruità dei costi
sostenuti dall’impresa per pubblicità e/o
sponsorizzazione di un’associazione sportiva dilet-
tantistica.
In sostanza,
è illegittimo l’accertamento
dell’antieconomicità di una sponsorizzazione,
se
è fondato solo sull’assenza di maggiori ricavi conse-
guiti in quell’anno. Quella riguardante la pubblicità è
una scelta dell’imprenditore e un’errata valutazione
dell’imprenditore sulla forma pubblicitaria scelta, non
si può certo sanzionare con l’indeducibilità fiscale
.
Associazioni sportive e sponsorizzazioni:
un equilibrio delicato
Il comma 8 dell’art. 90 Legge 289/02 evidenzia che il
corrispettivo in denaro o in natura, a titolo di
sponsorizzazione, erogato da titolari di reddito di im-
presa in favore di determinati soggetti (società e asso-
ciazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro
CONI), di importo annuo non superiore a 200.000,00
euro, costituisce, per il soggetto erogante, spesa di
pubblicità, volta alla promozione della sua immagine o
dei suoi prodotti, mediante una specifica attività del
beneficiario, ai sensi dell’art. 108 co. 2 del TUIR. Tale
normativa rileva, ai fini delle imposte dirette, una pre-
sunzione assoluta
circa la natura dei costi di
sponsorizzazione che vengono considerati, nel limite
dell’importo di euro 200.000,00, comunque “spese di
pubblicità”.
Chi eroga importi a soggetti regolarmente iscritti al
Registro CONI è sempre legittimato a
qualificarli
quali spese di pubblicità
fiscalmente deducibili (ex
articolo 108, comma 2, TUIR) con il limite che, oltre la
predetta soglia dei 200.000,00 euro, non potrà più
godere della presunzione assoluta come confermato
dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione 57/E 23 Giu-
gno 2010) la quale ha chiarito che (…) “
l’eccedenza in
discorso sarà deducibile dal reddito d’impresa del
soggetto erogante ai sensi dell’art. 108, comma 2,
primo periodo, del TUIR a condizione, ovviamente,
che la natura del rapporto contrattuale presenti tutti i
requisiti formali e sostanziali riscontrabili in un rap-
porto di sponsorizzazione o di altra prestazione pub-
blicitaria
.” (…). Se la spesa è superiore ai 200.000,00
euro la deduzione della sponsorizzazione è ammessa a
condizione che vengano rispettati i requisiti di certez-
za, competenza, determinabilità, inerenza e congruità
della spesa (art. 109 TUIR)
La sentenza della
Commissione Tributaria Provin-
ciale di Firenze n. 969/2014
ha però riaperto il di-
battito relativo al regime fiscale dei contratti di
sponsorizzazione sportiva di cui all’art. 108, comma
2, e all’art. 109 del D.P.R. 917/86.
Secondo la tesi dei Giudici fiorentini, il valore dei contrat-
ti di sponsorizzazione sportiva stipulati da un’Associa-
zione Sportiva Dilettantistica che violano il principio
dell’inerenza, risulta essere indeducibile dai componenti
del reddito d’impresa. Tali costi di sponsorizzazione
qualificati quali “spese di pubblicità”, non possono go-
dere di deducibilità fiscale nel caso in cui i contenuti
pubblicitari dello stesso risultano essere indirizzati verso
consumatori e terzi inidonei ad acquistare i prodotti
commercializzati dall’azienda sponsor.
Di contro la Commissione Tributaria Provinciale di
Pisa (
Sent. n°423/2014)
ha ribadito che gli importi
corrisposti da una ASD, fino a 200.000 euro, costitu-
iscono spese di pubblicità per presunzione assoluta di
legge, non potendo le stesse essere recuperate a tassa-
zione da parte del Fisco per mancanza di inerenza. Se-
condo i giudici provinciali, pertanto, quando il soggetto
beneficiario delle sponsorizzazioni è una ASD, auto-
maticamente le spese devono essere considerate di pub-
blicità, con conseguente deduzione integrale, a prescin-
dere dall’esistenza del legame più volte richiamato.
Secondo la
Corte di Cassazione (Sent. n° 8679 del
13 aprile 2011),
invece, i costi di sponsorizzazione di
cui ai relativi contratti erogati dalle società sponsor
alle società sportive vengono qualificate quali spese di
rappresentanza allorquando pur garantendo un accre-
scimento del prestigio dell’azienda sponsor,
non
quantificano un immediato e tangibile incremento
delle vendite dei propri beni e servizi.
Il concetto viene riproposto anche dalla
sentenza n.
10914 del 27 maggio 2015
attraverso cui la Suprema
Corte ha riformato la decisione assunta dalle commis-
sioni di merito accogliendo la tesi dell’Ufficio secondo
cui, in ipotesi di rapporti di sponsorizzazione
non è
sufficiente che l’azienda affermi di aver sostenu-
to i relativi costi
al fine di incrementare le vendite o
acquisire nuova clientela ma è necessario che fornisca
specifica prova in merito all’inerenza dello strumento
promozionale scelto rispetto alle
caratteristiche
del
l’attività svolta
sia sotto il profilo territoriale
che della tipologia di clientela interessata.
Quindi per il mondo sportivo questa posizione assun-
ta dalla Cassazione in materia di sponsorizzazione è
pericolosa: nel caso specifico di cui alla sentenza n.
10914, a fronte delle spese di sponsorizzazione delle
locali squadre di calcio e di pallavolo, nonché della
locale sagra di paese non è stata accolta la tesi della
integrale deducibilità dei costi sostenuti dalla società
in veste di sponsor in ragione del fatto che l’attività
imprenditoriale dalla medesima svolta si rivolge pre-
valentemente ai mercati esteri.
Insistono, i Giudici, sulla necessità che lo sponsor dia
dimostrazione
dell’inerenza del costo
con partico-
lare riferimento al carattere locale delle iniziative fi-
nanziate rispetto ad un’attività imprenditoriale che si
rivolgeva prevalentemente ai mercati esteri
.
Si ribadisce il consolidato convincimento della Corte,
affermato in ripetute occasioni, per cui il
criterio
discretivo tra spese di rappresentanza e di pubbli-
cità
va individuato
nella diversità, anche strategi-
ca, degli obiettivi
, atteso che costituiscono spese di
rappresentanza i costi sostenuti per accrescere il presti-
gio e l’immagine della società e per potenziarne le possi-
bilità di sviluppo, senza dar luogo ad una aspettativa di
incremento delle vendite, mentre sono spese di pubblici-
tà o propaganda quelle erogate per la realizzazione di
iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclu-
sivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e
servizi, o comunque al fine diretto di incrementare le
vendite; in ragione di ciò “
le spese di sponsorizzazione
costituiscono spese di rappresentanza […] ove il contri-
buente non provi che all’attività sponsorizzata sia ricon-
ducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale
(Cass. n. 27482/14; 14252/14; 3433/12).
Più recentemente la Corte di Cassazione, con la sen-
tenza n. 5720 del 2016 in tema di associazioni sporti-
ve dilettantistiche, ha dettato le
linee guida
per la
deducibilità
delle spese di sponsorizzazione per le
associazioni sportive dilettantistiche
affermando
che la legge consente la deducibilità delle spese di
sponsorizzazione se il soggetto sponsorizzato è una
compagine sportiva dilettantistica, se è rispettato il
limite quantitativo di spesa,
se la sponsorizzazione
mira a promuovere l’immagine ed i prodotti dello
sponsor, e se il soggetto sponsorizzato ha effetti-
vamente posto in essere una specifica attività pro-
mozionale
(ad esempio, l’apposizione del marchio
sulle divise, l’esibizione di striscioni e/o tabelloni sul
campo da gioco, etc.).
Concludiamo osservando che è evidente la difficoltà di
inquadrare inmaniera certa e univoca le varie fattispecie
di spese di sponsorizzazione, pertanto è inevitabile il
ricorso ai giudici pe valutare caso per caso l’effettiva
inerenza e deducibilità dei costi di sponsorizzazione.
Il contratto di sponsorizzazione
SEGUE DA PAGINA 11
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La pubblicità crea il bisogno.
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