Il Commercialista Veneto n.236 (MAR/APR 2017) - page 8

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NUMERO 237 - MAGGIO / GIUGNO 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
Mediare la crisi
fra generazioni
comprensione è favorito, a mio parere, dalla variabile
cultura
intesa nel senso più
ampio del termine: cultura personale, cultura aziendale, cultura della famiglia, cul-
tura del territorio, cultura del prodotto, cultura delle professioni. Sono soprattutto
le storie delle persone e delle vicende imprenditoriali di queste famiglie a rendere
unici e di valore i patrimoni da trasferire. Una maggiore conoscenza reciproca
favorita dalla narrazione è la via che si può indicare, aldilà di tutte le soluzioni
tecniche, organizzative, manageriali, giuridiche, finanziarie, etc.
Insegnare con amore per poi essere onorati
è il pensiero che può ispirare la
dedizione dei padri verso i figli e viceversa. Saper ascoltare e saper raccontare è
l’agire più importante e lo strumento di mediazione privilegiato fra le diversità,
diversità che sono la base di partenza e la possibilità di sopravvivenza di aziende e
famiglie.
Azienda e Mediazione
Saper ascoltare è, per continuare lo svolgimento del discorso che precede, uno dei
presupposti sui quali si basa la Mediazione intesa come intervento particolarmente
utile per prevenire e risolvere in maniera positiva proprio i possibili conflitti tra le
diversità. Una figura terza, esterna e neutrale (il mediatore), si pone come agevolatore
del dialogo tra i membri della famiglia e dell’impresa e, mediante questo approccio,
sostiene la ricerca di una risoluzione alle molteplici e sfaccettate difficoltà relazionali.
Riferendosi alla Mediazione e a concetti quali “azienda”, “impresa” e “imprendito-
re”, diventa innanzitutto importante prestare attenzione alle definizioni: un’azien-
da è un‘organizzazione di beni finalizzata alla soddisfazione di bisogni umani attra-
verso la produzione e la distribuzione di beni e servizi. È, pertanto, lo strumento
concreto mediante il quale si esercita l’attività d’impresa e può essere gestita diret-
tamente dall’imprenditore o da altre persone (es. manager).
L’imprenditore quindi è colui che detiene i fattori produttivi (capitali, mezzi di
produzione, forza lavoro e materie prime), organizzati sotto forma di impresa:
attraverso gli investimenti egli sviluppa nuovi prodotti o servizi utili alla collettivi-
tà, nuovi mercati o nuovi mezzi di produzione stimolando in questo modo la
creazione di ricchezza e valore.
È bene essere consapevoli che la figura del Mediatore incontra all’interno di una
azienda diversi ambiti di intervento. Quando ci si trova ad affrontare una situazione
di crisi economica, il suo sostegno può essere realmente efficace solo se si riesce ad
ampliare lo sguardo oltre i confini aziendali tenendo in considerazione che in queste
circostanze non rilevano più solo i conflitti all’interno della famiglia e dell’azienda,
ma occorre guardare anche al sistema economico in cui esse sono inserite e operano
ed i meccanismi del mercato che hanno contribuito alla crisi.
Se consideriamo che la finalità di ogni impresa dovrebbe essere, in linea con i principi
del capitalismo, quello di riuscire a garantire a se stessa un equilibrio economico
assicurato dall’impiego del capitale allo scopo di sviluppare un’attività in grado di
generare profitto. Le regole dovrebbero essere semplici: moneta, mercato, valore
aggiunto. I governi e le istituzioni pubbliche, d’altro canto, dovrebbero avere la re-
sponsabilità di controllare che questi principi vengano rispettati, fungendo da garanti.
L’attuale situazione di incertezza e cambiamento determina però una profonda crisi
del modello capitalistico poiché risulta sempre più complesso trarre profitto me-
diante il lavoro e la produzione. Si preferisce infatti cercare profitti di breve periodo
attraverso la speculazione finanziaria dalla quale tutti i maggiori economisti ci
hanno messo in guardia qualora essa diventi parassitaria: essa consuma valore
anziché crearlo. Con queste premesse non può che accadere che anche i valori
morali ed etici, le dinamiche relazionali, la convivenza tra generazioni, i concetti di
lavoro e di azienda siano messi in discussione.
Per poter comprendere lo scenario di fondo può essere utile far riferimento alla
storia del pensiero economico. Adam Smith, che ipotizzò la necessità di allargare il
mercato e di renderlo più esteso per favorire al suo interno scambi liberi ed in
equilibrio tra loro. Successivamente, Taylor, considerato “il padre dell’organizza-
zione scientifica del lavoro”, ritenne di introdurre macchine automatiche progettate
per salvaguardare il profitto e sottrarre teoricamente fatica agli uomini, senza,
tuttavia, tener in debito conto che questo avrebbe potuto danneggiare le relazioni
tra le persone e la qualità della loro vita, che diventava conseguentemente funziona-
le unicamente al lavoro.
Il Taylorismo quindi obbliga al fondamentale recupero del valore della persona.
Così facendo il concetto di lavoro si colora di nuovi significati sempre più legati ad
una cultura che si allontana progressivamente dalla
catena di montaggio
.
L’attività di mediazione parte dunque da qui, dal recupero e dalla rivalutazione del
valore aggiunto
riconoscendo il valore del lavoro, dell’etica e riscoprendo e metten-
do in primo piano la creatività e la cultura dell’individuo.
Ogni intervento di Mediazione dovrebbe intervenire analizzando l’organizzazione
aziendale e ponendo una nuova attenzione alle relazioni orizzontali e verticali e alle
dinamiche che scaturiscono dall’interazione tra i diversi ruoli; cercando, innanzitutto,
di comprendere se all’interno dell’azienda vige un clima di fiducia o meno.Anche da
questo dipende la crescita o la perdita di valore economico dell’azienda.
Risulta quindi necessario individuare le possibili cause da cui si originano i conflitti
in azienda per intervenire su diversi aspetti quali la concezione che ognuno ha del
proprio lavoro, del mercato circostante e da come utilizza il proprio tempo, avendo
modo di esprimere o meno la propria creatività.
Si esplorano le dinamiche relazionali tra colleghi, con i fornitori e con i clienti e si
indagano i diversi significati che assume la relazione uomo-macchina, a seconda
delle generazioni presenti, laddove risulti evidente una divergenza di valori.
Di fondamentale importanza è, altresì, mediare tra le diverse concezioni del denaro
presenti in azienda poiché per alcuni è uno scopo di vita, un bene da accumulare,
per altri un indicatore di differenza, di stima, per altri ancora una merce di scambio.
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Maggiori sono i significati che le persone attribuiscono a questo termine, più facil-
mente origineranno conflitti, poiché le prospettive sono alquanto differenti.
Un frequente motivo di conflitto riguarda la gestione del fallimento, il cui rischio
inevitabilmente aumenta con la crisi economica, e porta con sé la paura di non
farcela e il sentimento di vergogna per essere caduti. In questo ambito, la mediazio-
ne interviene ed aiuta ad affrontare gli inevitabili rischi cui si può andare incontro,
sostenendo l’imprenditore nell’elaborare il proprio vissuto e nel compiere scelte
consapevoli.
Concludendo, risulta evidente che per poter mediare efficacemente all’interno di
una realtà aziendale è fondamentale essere consapevoli che l’origine dei conflitti ha
spesso una doppia valenza, economica e morale, da cui non si può prescindere.
Per concludere ritengo dare valore ad un pensiero che ci offre un pensatore che ha
voluto indagare quanto fin qui esposto. Lo ritengo una porta aperta ad una profes-
sione ricca di opportunità e di interventi possibili:
Autorevoli pensatori hanno compiuto la lodevole impresa di separare l’eccellen-
za tecnica dalla distinzione morale. Siamo consapevoli che una persona può essere
molto competente senza essere minimamente morale. Che una persona può agire
eticamente senza avere la necessaria competenza. E che molti di noi non spiccano
né per eccellenza né per responsabilità sociale
.”
(H. Gardner)
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