Il Commercialista Veneto n.233 (SET/OTT 2016) - page 12

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NUMERO 233 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
VALENTINADALMASO
Ordine di Vicenza
Circular Economy
:
l'impatto è nel settore primario
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ECONOMIA
Premessa
Nella società d’oggi, concentrata e attenta all’ambiente e alle sue
problematiche, parlare di
circular economy
sta diventando sempre più
importante e diffuso. Il concetto di economia circolare è emerso in ambito
europeo nel luglio del 2014 ed è stato oggetto di trattazione anche e
doverosamente nel nostro Paese. Essa è rivolta a orientare le modalità di
produzione attraverso il recupero delle risorse naturali ed energetiche con-
tenute nei prodotti altrimenti divenibili rifiuti, al fine di favorire il pieno
recupero delle materie già impiegate.
L’approccio ad essa ora più che mai diventa di fondamentale importanza
per le economie attuali e future contro uno spreco e un inquinamento ormai
insostenibili.
Cosa rivoluzionare
Lo sviluppo di questo concetto si fonda su alcune
best practices
ben
definite da seguire per ridefinire le diverse fasi economiche e produttive.
Primariamente cambia il concetto di
approvvigionamento,
ripensato secon-
do un utilizzo delle materie che seleziona attentamente quantità e qualità
dei prodotti.
Il
design
assume un ruolo importantissimo, in quanto rappresenta una fase
di analisi e studio prodromico ad una maggiore sostenibilità dei prodotti.
Anche la
produzione
e la
distribuzione
assumono una nuova veste diretta
a favorire un approccio integrato e costruttivo tra aziende tradizionalmente
separate: l’obiettivo cardine consiste infatti nel creare vantaggi competiti-
vi di scambio per la re-immissione del prodotto nel ciclo produttivo, con-
sentendo la cooperazione di aziende tramite forme di
partnership
strategi-
che ed economiche.
Altra fase rivoluzionata è il
consumo
e l’approccio ad esso: si viene a creare
una maggior consapevolezza negli utenti sul significato di sostenibilità,
favorendo un minor spreco ed una maggiore comprensibilità della qualità
delle risorse disponibili.
Infine le due fasi predominanti di questa “
policy
” sono la
raccolta
e il
riciclo
: i prodotti, attraverso queste due procedure, vengono riutilizzati nel
ciclo economico secondo una organizzazione e una ridefinizione completa
atta a garantire il recupero e il loro riutilizzo.
Tutte queste fasi, svolte consecutivamente in un’ottica costruttiva e di
ridefinizione economica, consentono il realizzarsi di un’economia indu-
striale che è concettualmente rigenerativa e rivolta a migliorare e ottimizzare
in modo efficiente i sistemi mediante i quali opera: la stessa, in relazione
anche alle fasi appena citate, smuove pratiche molto diverse come la bio-
economia, la
sharing economy
, il
re-manufacturing
, la sostenibilità e i si-
stemi di gestione avanzata dei rifiuti.
Il problema europeo
Nel corso di questi anni, la Commissione Europea ha affrontato più volte
l’argomento e si è mossa su numerosi fronti in particolare con azioni quali:
-
la promozione di un quadro strategico favorevole e coerente di
implementazione;
-
interventi di dimezzamento dei rifiuti alimentari entro il 2030;
-
misure per la progettazione ecocompatibile al fine di promuovere la
longevità e riciclabilità dei prodotti;
-
sblocco di investimenti per le aziende e loro sostegno;
-
modernizzazione della politica in materia di rifiuti ed obiettivi.
Il problema europeo, come in Italia, consiste nel reperire in modo sicuro
risorse e ridurre la dipendenza dall’importazione di materie prime: trovare
una soluzione a ciò, soprattutto per il settore primario, diventa strategico e
fondamentale, considerando i problemi tutt’ora esistenti di soddisfazione
alimentare mondiale e le previsioni di forte pressione demografica prevista
nei prossimi anni.
Il tema agricolo, dunque, entra prepotentemente al centro della questione
soprattutto in considerazione del recupero degli elementi nutritivi da ritor-
nare al suolo e prelevati dalla coltivazione: l’agricoltura ancora utilizza il
modello di economia lineare nata dalla rivoluzione industriale tra settecen-
to ed ottocento e basata sulla produzione di un bene, il suo utilizzo e alla
fine il suo abbandono. Tale modello ha comportato e comporta tutt’ora un
elevato spreco di risorse, un forte impatto ambientale e incrementa il pro-
blema dello smaltimento degli scarti e dei consumi di massa, generando
maggior volatilità dei prezzi e continuo incremento dell’inflazione.
Ad oggi infatti il settore agricolo necessita dall’esterno di continui apporti
di materie prime e fertilizzanti chimici e produce rifiuti che non sempre
trovano la corretta collocazione e che risultano dunque inquinanti.
Diffondere anche un’agricoltura sostenibile, con il recupero delle risorse
sottratte al terreno, ma ancora in circolo, crea un sistema che non necessita
più di apporti esterni, costruisce biodiversità e impiega intelligentemente i
propri materiali.
L’esempio italiano
Un esempio italiano di economia circolare in agricoltura è stato presentato
durante
Expo Milano 2015
in occasione del convegno
“La circolarità
del mondo agricolo. L’applicazione dei principi dell’economia circola-
re in agricoltura”
: molte sono le piccole e grandi realtà, anche negli altri
due settori economici in Italia, che si stanno approcciando a questo nuovo
modo di far economia.
Anche nel nostro Paese dunque il concetto di economia circolare si sta
evolvendo mirando a incoraggiare la ricerca, l’innovazione e la cooperazio-
ne intersettoriale sulla base dei modelli imprenditoriali esistenti.
Potenziali benefici
La diffusione di tale “filosofia” nel corso dei prossimi 20 anni assicurereb-
be il creare fino a 3 milioni di
posti di lavoro
in Europa, diminuendo cosi il
numero di disoccupati. Inoltre, si ridurrebbe sia
il bisogno di nuove richie-
ste di materiali
vergini ed energia, sia
le pressioni ambientali
legate al-
l’estrazione di risorse, emissioni in atmosfera e produzione di rifiuti.
Unaminor domanda di materie prime e di dipendenza dall’importazione delle
stesse renderebbe l’approvvigionamento meno soggetto alla volatilità dei
prezzi dei mercati internazionali, come pure l’incertezza della fornitura stessa,
favorendo una condivisione di risorse a impatto estremamente ridotto sul-
l’ambiente e per le singole economie: i prodotti infatti manterrebbero il loro
valore aggiunto il più a lungo possibile con l’inesistenza dunque di rifiuti.
L’approccio della Commissione Europea, come della nostra
governance
,
deve essere però diretto ad una
smart regulation,
cioè ad una legislazione
più snella e che permetta alle imprese di disporre di strumenti chiari e sem-
plici al fine di porre in essere un nuovo modo di operare e di agire: minor
consumi inquinanti, minori costi industriali, politiche di prevenzione nei
rifiuti,
eco-design
, minori impatti climatici e ambientali. Questi potrebbero
essere i risultati di un concetto e un modo di lavorare che va integrato dai
vari governi, in considerazione delle singole situazioni degli stati membri,
per favorire una rivoluzione anche nella dotazione impiantistica interna.
Conclusione
Quello della
circular econom
y non è altro che un modello manageriale ed
economico, una spinta imprenditoriale per l’attenzione all’ambiente, che
crea altresì sinergie tra i vari attori della filiera e perché no…anche nuove
opportunità di mercato. Ma cruciale rimane il contributo delle politiche a
favore di questo nuovo paradigma: con
policy
ben progettate si incentiva
certamente anche il consumatore ad un nuovo modo di pensare.
L’economia circolare si traduce dunque nell’essere un nuovo modo di agi-
re, che sposta interessi economici, politiche, consensi di massa ma che
garantirebbe una vita migliore in un futuro prossimo.
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Intervento realizzato per la Commissione Formazione UGDCEC Vicenza, di cui è membra.
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