Il Commercialista Veneto n.233 (SET/OTT 2016) - page 17

NUMERO 233 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
Si ritiene comunque opportuno tenere presente quanto rilevato dalla citata massi-
ma n. 125 dei Notai Milanesi, secondo i quali, benché l’iscrizione del debito nella
contabilità e quindi nel bilancio, considerate le cautele che assistono la formazione
ed il controllo del bilancio stesso, è da considerare “elemento certificativo” della sua
esistenza e del suo ammontare, indipendentemente dalla causa contrattuale dalla
quale il debito stesso origina, allorquando il debito non abbia natura finanziaria può
risultare evidente l’esistenza di un nesso (di natura temporale o funzionale) tra la
delibera di aumento in denaro e l’operazione (ad esempio, la compravendita di beni
con prezzo dilazionato) da cui il debito da compensare origina. In tali ipotesi i notai
condivisibilmente ritengono che debba essere valutato se i principi che regolano la
corretta formazione del capitale non consiglino la predisposizione di una perizia di
stima, redatta ai sensi - a seconda dei casi - degli articoli 2343, 2343-ter o 2465 c.c.,
a presidio di interessi non dissimili da quelli tutelati dalle disposizioni sugli acquisti
pericolosi di cui all’articolo 2343 bis e 2465 secondo comma c.c..
Le questioni fiscali legate alla conversione
del finanziamento soci in partecipazioni
Da ultimo, veniamo ora ad affrontare brevemente alcune questioni fiscali che si
pongono in occasione dell’effettuazione dell’operazione
de quo
.
Una prima questione è collegata al rischio che l’espressa indicazione nel verbale
assembleare dei finanziamenti soci da compensare determini la tassazione dei me-
desimi, a seguito di quanto sostenuto dalla Sentenza della Cassazione n. 15585 del
30.6.2010, nella quale venne sancito l’obbligo di corrispondere l’imposta di regi-
stro nella misura del 3% per un finanziamento soci non registrato ma richiamato in
un successivo verbale di assemblea straordinaria. In tale pronuncia la Suprema
Corte ha ritenuto, infatti, che la rinuncia alla restituzione del finanziamento del
socio, non formalizzato in un precedente atto scritto, comporti l’enunciazione di
una disposizione soggetta a registrazione ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. n. 131/86
13
.
In dottrina è stato precisato, a commento della sentenza richiamata, come
l’enunciazione del finanziamento costituirebbe una sorta di “riproduzione” per
iscritto del contratto verbale, determinando conseguentemente l’applicazione della
medesima disciplina fiscale che sarebbe stata applicabile se quel contratto fosse
stato stipulato per iscritto sin dall’origine.
In tal senso, è stato segnalato che è presumibile che nella pratica vengano adottate
soluzioni quali:
a)
il rimborso del finanziamento nell’immediata precedenza dell’assemblea e
la successiva liberazione del capitale sottoscritto mediante versamento delle som-
me appena ricevute in restituzione;
b)
la novazione del versamento, già qualificato come “finanziamento”, in ri-
serva in conto futuro aumento capitale;
c)
l’adozione della sola delibera di aumento, rimettendo ad un momento suc-
cessivo la sua esecuzione sì che, verificandosi al di fuori del verbale, se ne eviterà
l’enunciazione
14
.
Sempre con riguardo ai profili fiscali da tenere a mente in occasione dell’operazione
de quo
, si ricorda che il nuovo art. 88, comma 4 bis, del TUIR prevede che “
La
rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede
il relativo valore fiscale. A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto
notorio, comunica alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il
valore fiscale del credito è assunto pari a zero. Nei casi di operazioni di conversione
del credito in partecipazioni si applicano le disposizioni dei periodi precedenti e il
valore fiscale delle medesime partecipazioni viene assunto in un importo pari al
valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite sui crediti
eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa
”.
La nuova disciplina concernente le rinunce ai crediti, in luogo di quanto previsto in
passato, ossia della irrilevanza generalizzata, in capo alle società, delle rinunce
operate da parte dei soci, prevede ora una irrilevanza potenzialmente limitata; tale
limite è dato dal valore fiscale del credito (in capo al socio): se questo corrisponde
al valore nominale del debito (in capo alla società) non si verifica alcun
“disallineamento”, se, invece, il valore fiscale del credito fosse inferiore, l’eventuale
rinuncia al credito da parte del socio sarà irrilevante (per la società, quale
sopravvenienza attiva) soltanto entro il limite del valore fiscale del credito medesi-
mo. La differenza (ossia il maggior valore nominale del debito estinto) sarà una
sopravvenienza attiva tassabile. Dal punto di vista operativo, poi, è stato previsto
l’onere in capo al socio di comunicare alla partecipata il valore fiscale del proprio
credito, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, in assenza della quale il valore
fiscale del credito viene assunto pari a zero
15
. Analogo trattamento viene previsto
per i casi di
conversione del credito in partecipazioni
, sin qui oggetto di tratta-
zione, e ciò a prescindere dalla modalità seguita per la concreta realizzazione di
detta conversione e dai regimi contabili adottati. Il citato ultimo periodo del comma
4-bis dell’art. 88, infatti, prevede che “
nei casi di operazioni di conversione del
credito in partecipazioni si applicano le disposizioni dei periodi precedenti e il
valore fiscale delle medesime partecipazioni viene assunto in un importo pari al
valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite sui crediti
eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa
”.
Sul tema è stato rilevato che il valore fiscale del credito potrebbe essere ignoto alla
società partecipata, in tutti quei casi in cui lo stesso è stato oggetto di operazioni di
cessione in relazione alle quali la società riceve comunicazione della cessione del
credito ma non anche delle condizioni alle quali la stessa si è perfezionata (e che
incidono, invece, sul valore fiscale per il creditore). Anche in questo caso va peral-
tro segnalato che, in assenza della comunicazione da parte del socio concernente il
valore fiscale del credito convertito, questo è assunto pari a zero con conseguente
integrale tassazione dell’eventuale sopravvenienza attiva generata dalla rinuncia/
conversione del credito da parte del socio. Il senso di tale intervento è parso quello
di garantire che venga trasferito sulla partecipazione il valore fiscale del credito
“convertito” e che ci sia completa simmetria fra valori fiscali complessivi di poste
che potrebbero essere, soprattutto nelle società di minori dimensioni o a ristretta
base societaria, oggetto di manovre volte ad ottimizzare la fiscalità complessiva
delle operazioni
16
.
Alla luce di quanto esposto, si ritiene pertanto necessario prestare particolare
attenzione anche ai profili fiscali sin qui enunciati, al fine di porre in essere corret-
tamente l’operazione
de quo
sotto ogni profilo
,
onde evitare possibili future conte-
stazioni.
L'aumento di capitale
mediante compensazione
SEGUE DA PAGINA 16
11
Cfr. V. Manzo,
L’aumento di capitale.
..op. cit.;
12
In tal senso vedasi anche Trib. Verona 9 novembre 1990, Trib. Cassino 2 febbraio 1990, Trib. Trieste 8 giugno 1994, App. Roma 3 settembre 2002; contra Trib. Verona 14
marzo 1994, Trib. Verona 20 ottobre 1993.
13
Art. 22 del D.P.R. n. 131/86 denominato “Enunciazione di atti non registrati”: “1. Se in un atto sono enunciate disposizioni
contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle
disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso e’ dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69.
2. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono
già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione.
3. Se l’enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell’autorità giudiziaria indicati nell’art. 37, l’imposta si applica sulla
parte dell’atto enunciato non ancora eseguita.
14
Cfr. Massima del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, op cit.; Studio del Consiglio Nazionale del Notariato 14.12.2011 n. 208-2010/T, nota 40;
R. Tombolesi,
L’imposta di registro proporzionale penalizza le operazioni societarie di ricapitalizzazione?
Corriere Tributario, 2010, p. 3493.
15
Cfr. G.M. Committeri,
Le modifiche al trattamento fiscale dei crediti dei soci verso la società
, Corriere Tributario, 23/2015, 1760 e s.
16
Ivi, p. 1762.
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