Il Commercialista Veneto n.233 (SET/OTT 2016) - page 10

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NUMERO 233 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
CLAUDIO POLVERINO
Ordine di Gorizia
Cocktail accertativo
NORME E TRIBUTI
S
uccede di frequente che l’Agenzia delle Entrate utilizzi in manie-
ra a dir poco strumentale i mezzi accertativi messi a disposizione
dal D.P.R. n. 600/73, al fine precipuo di massimizzare il recupero
fiscale, andando però fatalmente in contrasto con le garanzie
che il Legislatore ha posto a tutela del contribuente.
Una delle “tattiche” più spesso utilizzate dagli uffici finanziari è, ad esem-
pio, quella di emettere qualsiasi accertamento ai sensi dell’art. 41 bis del
D.P.R. 600/73 (Accertamento parziale), in
modo da poter eludere, in base ad un’in-
terpretazione a sua volta forzata dell’art.
2 del D. Lgs. n. 218/97, i limiti all’integra-
zione dell’attività accertativa svolta an-
che dopo l’eventuale stipula di un atto
di adesione da parte del contribuente.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti,
la lettera b) del comma 4 del citato art. 2
andrebbe letta inmaniera totalmente svin-
colata dal contesto della norma, consen-
tendo così l’integrazione di un avviso
già definito in adesione con un accerta-
mento “parziale” anche in assenza della
conoscenza
(prevista dalla lettera <
a>
del medesimo comma)
di nuovi elemen-
ti, in base ai quali è possibile accertare
un maggior reddito, superiore al cin-
quanta per cento del reddito definito e
comunque
non
inferiore
a
centocinquanta milioni di lire
”.
Spesso, in questo quadro operativo, accade altresì che l’Agenzia delle
Entrate adotti la metodologia delle indagini finanziarie, richiedendo pertan-
to dati, notizie e documenti direttamente, ai sensi del punto n. 7) del comma
1 dell’art. 32 D.P.R. n. 600/73, alle banche ed agli altri istituti menzionati
nella predetta norma, facendo ciò di sovente anche assieme all’uso dei
poteri previsti dai numeri da 1) a 4) del medesimo comma 1, e cioè mediante
l’effettuazione di accessi e ispezioni, l’invio di inviti a comparire, la richie-
sta di atti e documenti, la trasmissione di questionari, ecc. ecc..
Interessante a questo punto tentare di capire cosa succede quando tutte
queste norme vengono, per così dire, mescolate in un
cocktail
accertativo
e quali possono essere i punti critici a cui appigliarsi in sede difensiva.
L’art. 32 del D.P.R. n. 600/73 dispone che: “
I dati ed elementi attinenti ai
rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma
del numero 7)
e dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai
sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26
ottobre 1995, n. 504,
sono posti a base delle rettifiche e degli accerta-
menti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41
se il contribuente non dimostra
che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad
imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni
sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed
accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e
sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli
importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni
”.
Vi è però da osservare che, nelle ipotesi più sopra tratteggiate, l’Agenzia
delle Entrate non emette l’avviso di accertamento in base ad uno fra gli
articoli artt. 38, 39, 40 e 41, come prescritto dall’art. 32 D.P.R. n. 600/73,
bensì, come detto, sulla base dell’art. 41-bis del medesimo decreto, il quale
dispone che: “
Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei
termini stabiliti dall’articolo 43, i competenti uffici dell’Agenzia delle
entrate,
qualora dalle attività istruttorie di cui all’articolo 32, primo
comma, numeri da 1) a 4
), nonché dalle segnalazioni effettuati dalla
Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da
un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla
Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici op-
pure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria,
risultino elementi che
consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato
(
)
pos-
sono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il
maggior reddito imponibili, ovvero la maggiore imposta da versare, an-
che avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giu-
gno 1997, n. 218
”.
Come si vede, il Legislatore non ha previsto che un’attività istruttoria ba-
sata su indagini finanziarie ex art. 32 c. 1 n. 7) del D.P.R. n. 600/73 possa
porsi a fondamento di un accertamento parziale ex art. 41-bis, non potendo-
si ritenere
stabilita
(ovverosia già definita o assodata per diretta inferenza
documentale) “
l’esistenza di un reddito non dichiarato
o il maggiore
ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto
concorrere a formare il reddito impo-
nibile
”, il quale, a norma dell’art. 32 c. n.
7), è invece un elemento soltanto pre-
sunto (seppure in virtù di una presun-
zione
juris tantum
) in base alle
movimentazioni finanziarie.
E ciò è perfettamente coerente anche
con la previsione in base alla quale l’ac-
certamento parziale ex art. 41-bis può
trarre linfa soltanto “
dalle attività
istruttorie di cui all’articolo 32, primo
comma, numeri da 1) a 4)
” e non da
quelle di cui al n. 7), e cioè appunto dal-
le indagini finanziarie.
In altre parole, si potrebbe sostenere che
l’Agenzia delle Entrate, emettendo gli
accertamenti ai sensi dell’art. 41 bis e
non degli artt. 38, 39, 40 e 41, abdichi
dalla possibilità di avvalersi della pre-
sunzione
juris tantum
prevista dall’art.
32 del D.P.R. n. 600/73 sulle operazioni
finanziarie effettuate dal contribuente, optando invece per l’utilizzo dei soli
elementi derivanti “
dalle attività istruttorie di cui all’articolo 32, primo
comma, numeri da 1) a 4)
” eventualmente svolte a carico del medesimo, e
cioè degli esiti dell’attività effettuata mediante gli accessi e ispezioni, gli
inviti a comparire, la richiesta di atti e documenti, l’invio di questionari, ecc.
ecc..
Viene naturalmente spontaneo chiedersi, in via ulteriore, quale destino
spetti agli esiti delle indagini finanziarie rispetto alle quali il contribuente, in
sede di istruttoria fiscale, non sia comunque stato in grado di fornire le
specificazioni richieste dall’art. 32; ovverosia, per gli accreditamenti la di-
mostrazione di averne “
tenuto conto per la determinazione del reddito
soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine
”, e per i
prelevamenti l’indicazione del “
soggetto beneficiario e sempreché non
risultino dalle scritture contabili
”.
Secondo un’ipotesi più estrema, stante la violazione di legge in cui sarebbe
incorsa l’Agenzia delle Entrate emanando l’accertamento ex art. 41-bis in
assenza dei requisiti previsti dall’art. 32 del D.P.R. n. 600/73, l’atto impositivo
basato su tali presupposti potrebbe risultare totalmente illegittimo tanto da
essere annullato
tout court
.
In un’ipotesi più
mediata
, e forse più facilmente digeribile per un giudice
tributario (che potrebbe comunque applicare il principio cosiddetto del
male captum bene retentum
), la presunzione che sorregge le indagini fi-
nanziarie potrebbe perdere quanto meno la caratteristica di
juris tantum
,
consentendo pertanto al contribuente di difendersi anche con l’utilizzo di
contro presunzioni semplici senza dover presentare in via analitica la prova
contraria di ogni singolo movimento finanziario oggetto di contestazione
(si pensi al classico caso dell’imprenditore dall’attività estremamente
parcellizzata e frazionata che, essendo in regime naturale di contabilità
semplificata, non è in grado di documentare ogni singolo incasso sul pro-
prio conto corrente bancario, il quale potrebbe ad esempio limitarsi ad
invocare la circostanza che i corrispettivi dichiarati sono congruenti con il
totale degli accreditamenti sul conto medesimo).
Un’altra conseguenza verterebbe poi sulla disciplina del contraddittorio in
quanto, nell’ipotesi sopra delineata, cadendo la presunzione
juris tantum
la contestazione sulle movimentazioni finanziarie verrebbe a soggiacere
alle garanzie previste dall’art. 12 c. 7 dello Statuto del contribuente anche
nel caso in cui le indagini fossero state svolte “a tavolino”; problema sul
quale si è comunque in attesa della pronuncia che la C.T.R. della Toscana
ha rinviato alla Corte Costituzionale con l’Ord. n. 736/1/16.
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