Il Commercialista Veneto n.233 (SET/OTT 2016) - page 14

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NUMERO 233 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
P
ongo una riflessione sul cambiamento tec
nologico in atto che influenza ed influen
zerà sempre più l’economia le cui attività e
scelte sono regolate da nome anche da noi profes-
sionisti interpretate ed applicate. Il progresso tec-
nologico ha migliorato e sta migliorando:
- la trasmissione dell’informazione e dei dati che
permettono anche l’interrelazione tra “uomo e
cose”;
- l’automazione dei processi industriali e l’auto-
nomia decisionale attribuita alla robotica;
- la ricerca micro che indaga sull’estremamente
piccolo – materia – e quella macro sull’estrema-
mente grande – universo.
La ricerca ha permesso la scoperta di nuovi mate-
riali con caratteristiche spinte (conduzione, resi-
stenza, impermeabilità, flessibilità); scoperte
impensabili qualche decina di anni fa che stanno
per essere utilizzate nella costruzione di macchine
e beni di consumo.
Lo sviluppo tecnologico permette a sua volta di
migliorare sempre più la conoscenza e la com-
prensione dei fenomeni naturali con ricadute scien-
tifiche nella vita reale che condizionano i compor-
tamenti, le abitudini e le aspettative creando sem-
pre nuovi bisogni. Bisogni che trovano la loro
diffusione ed accettazione attraverso la comuni-
cazione facilitata dall’utilizzo di strumenti ormai
diventati di massa (internet, cellulari, tablets).
Sarà la nostra capacità di saper impostare un’or-
ganizzazione pubblica e privata che permetterà il
loro giusto e corretto utilizzo a far sì che i nuovi
bisogni che le nuove tecnologie sono in grado di
soddisfare non creino squilibri in grado di minar-
ne i benefici raggiunti.
Fin dall’antichità l’uomo per cercare di capire “lo
sconosciuto” ha fatto ricorso a ragionamenti filo-
sofici (1) teorici ed ipotetici, alcuni dei quali suc-
cessivamente e recentemente hanno trovato rispo-
ste scientifiche soprattutto per quanto riguarda la
spiegazione di eventi naturali quali la riproduzio-
ne, la composizione della materia.
La filosofia cerca attraverso il ragionamento di
fornire risposte a domande specifiche nel momen-
to in cui la scienza e l’esperienza non sono in gra-
do di darle. Risposte che a volte potrebbero essere
parziali, non conoscendo ex ante tutte le
correlazioni tra le variabili coinvolte che potranno
essere svelate solamente con il trascorrere del tempo
in momenti successivi con un percorso di
riflessione.Essendo il processo conoscitivo a
steps
,
se la domanda è circoscritta, la risposta, se pertinen-
te, non potrà che essere limitata e quindi non
esaustiva.Nel processo conoscitivo si rischia di per-
dere la visione generale se ci si ferma in uno stadio
intermedio. La risposta dovrebbe trovare verifiche
nei passaggi successivi per stabilirne la correttezza.
U
na delle principali domande filosofiche at
tuali sembra baricentrata nel dare una ri
sposta “a cosa è la libertà e come si fa ad
ottenerla”. Le nuove tecnologie permettono di
avere una maggiore libertà rispetto qualche deci-
na di anni fa: di movimento, di parola, di manipo-
lazione della materia e del proprio corpo. Sembrano
in grado di soddisfare maggiori esigenze di benesse-
re, edonistiche, di vanità e di vita. Questa possibilità,
insieme ad un livello di benessere raggiunto, fa na-
scere nuovi bisogni o comunque fa emergere quelli
latenti egoistici, egocentrici, materialisti, derivati
dalle proprie pulsioni ed aspirazioni individualisti-
che. I pregi e i difetti dell’uomo, per alcuni filosofi ed
economisti, possono essere uno dei motivi che spin-
gono lo sviluppo economico perché mettono in con-
correnza gli individui attivando meccanismi di mer-
cato al fine di raggiungere i propri scopi.
I nuovi bisogni creano nuovi mercati e nuovi
business. Si pensi alla possibilità di modificare il
proprio corpo attraverso interventi estetici, prima
non possibili, che sviluppa un mercato diretto con
l’intervento del chirurgo ed uno indiretto nel mo-
mento in cui si interviene durante la convalescen-
GIORNO PER GIORNO
L'innovazione tecnologica, il business,
le norme, il fine, il mezzo
DONATO BENEDINI
Ordine di Verona
za o per combattere le complicanze con l’utilizzo di
farmaci sempre più performanti.
I nuovi mercati rivitalizzano l’economia creando nuovi
lavori ed innescano un incremento nella circolazione
della moneta. I nuovi bisogni, se da un lato hanno un
impatto positivo sull’economia, potrebbero creare un
suo sviluppo squilibrato se indirizzati solo al
soddisfacimento di esigenze individualistiche senza il
perseguimento di un bene comune. Impatti difficilmen-
te prevedibili sebbene, in alcuni casi, intuibili.
Si pensi, estremizzando, se tutte le persone diventas-
sero
trans genders
per soddisfare la propria “liber-
tà”, si interromperebbe la riproduzione della specie a
meno di interventi surrogatori quali le nascite “in
provetta”. Si pensi, sempre estremizzando, se si co-
municasse solo attraverso lo strumento Internet, si
diventerebbe individualisti ed asociali.
Se le nuove tecnologie trovassero il loro utilizzo nel
soddisfacimento dei soli bisogni individuali si perde-
rebbe la visione generale del bene comune.
Ben vengano le tecnologie ma con una loro gestione
attraverso regole comuni che possano indirizzare il
comportamento umano al raggiungimento dei fini più
generali, evitando che la “libertà individuale” possa
essere trovata in ciò che è relativo, andando bene per
uno, non per l’altro e non per tutti.
Il singolo bisogno non essenziale (non primario) po-
trebbe scontrarsi con l’interesse pubblico e potrebbe
così non essere riconosciuto come diritto dallo Stato.
Ho il diritto di prolungare la vita di un morente?
Ho il diritto di cambiare sesso?
Ho il diritto di isolarmi in un mondo virtuale?
Ho il diritto di consumare il suolo?
Domande alle quali non è semplice dare una risposta.
Il riconoscimento del bisogno da parte dell’Organi-
smo sovrano (Stato, Ministero, Ordine Professiona-
le) come diritto viene regolato da norme.
Senza regole o con regole non indirizzate ad un mini-
mo comune comportamento si rischia di trascendere
tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, le regole
economiche non dovrebbero essere considerate un
fine ma un mezzo per garantire la continuità del siste-
ma economico e dovrebbero poggiare su principi so-
lidi come quelli naturali e morali elaborati dalla reli-
gione, dalla cultura predominante.
La norma dovrebbe indurre ad un comportamento la
cui morale è propria di ogni singola persona, che l’ha
appresa dall’ambiente sociale, dall’educazione, dalla
religione. La morale è costituita dal sistema di valori
che diventano il metro per le scelte concrete in base
alle quali si è in grado di distinguere ciò che è bene da
ciò che è male. Indirizza il comportamento economico
e così inquadrata diventa il mezzo o lo strumento per
perseguire il bene comune.
Il minimo comune denominatore al comportamento
dovrebbe esser normato in modo che non si alteri la
sensibilità di ciascuno, ma nel contempo la norma
possa indirizzare e permettere all’utilizzatore un’as-
sunzione di responsabilità. Le regole fissate dalla
norma non dovrebbero essere applicate in modo
meccanicistico, perché potrebbero diventare l’alibi
per non assumere responsabilità decisionali quando
il comportamento è indirizzatoal suo soddisfacimento
senza una analisi critica dell’ambiente e delle finalità
implicite, esplicite o definibili dal sistema normativo.
Non è sufficiente e morale aver soddisfatto quanto
stabilisce la norma senza che questa abbia prodotto
un comportamento utile.
Q
uesto comportamento si può notare in un
ambiente burocratico come quello dell’am-
ministrazione pubblica quando il respon-
sabile amministrativo di un ente locale pre-
dispone il bilancio rispettando i vincoli di entrata
ed uscita ma non collegando la rappresentazione
contabile alla tempistica programmatica, ad esem-
pio dei lavori in corso.
Questo è sì … rispettoso della norma contabile ma
non aiuta il lettore del bilancio a capire lo stimato
andamento economico, creando una discrasia tra
la rappresentazione contabile e quella scaturente
da analisi provenienti da dati operativi.
Si confonde il mezzo con il fine. Il fine non è quello
di soddisfare la norma ma è quello di dare una
rappresentazione contabile veritiera e corretta in
merito all'intenzione di sviluppo futuro. Così, non
bisogna confondere ciò che è il fine perseguito da
un’azienda, paragonabile alla sua missione, con i
mezzi utilizzati al suo perseguimento quali la stra-
tegia, la politica, l’organizzazione.
A volte si utilizzano strumenti non adeguati o mal
gestiti per perseguire fini corretti.
Un tema a noi caro come quello dell’aggiorna-
mento professionale obbligatorio che, se mal ge-
stito, diventa un onere per l’utilizzatore senza o
con poca efficacia pratica. La parcellizzazione dei
corsi obbligatori crea un business per le ditte di
formazione ma una barriera d’entrata alla pro-
fessione ed un appiattimento sulla stessa tematica
insegnata in momenti e modi differenti.
Si pensi solo che per la revisione sono previsti
crediti formativi per quella pubblica e per quella
privata quando la tecnica è la stessa, cambian-
do solo il quadro normativo di riferimento. E’
come se, per assurdo, si chiedessero crediti
formativi per svolgere la revisione in aziende ope-
ranti nei diversi settori economici ritenendo, forse,
che le nuove tecnologie annullino il tempo dedicato
alla formazione grazie alla diffusione ed alla facilità
di fruizione. Formazione che molto spesso non è
utile nel risolvere i casi specifici riscontrati nell’atti-
vità fermandosi ad una illustrazione generale.
Si rischia di indurre i professionisti a rincor-
rere i crediti formativi deviando la finalità di
creare conoscenza e dare aggiornamento da quel-
la di poter dare al professionista la libertà di sce-
gliere il proprio ambito di specializzazione ed i
momenti di formazione.
Si induce un comportamento verso un falso obiet-
tivo seppur la finalità delle norme di una forma-
zione continua sia corretta.
L’obiettivo della norma diventa l’incentivazione
di acquisire i crediti formativi sottraendo tempo
utile allo sviluppo della propria attività ed all’ag-
giornamento/formazione applicata e la libertà di
poter scegliere quali conoscenze acquisire finaliz-
zandole al percorso di carriera progettato dallo
stesso professionista.
Senza un ragionamento filosofico di base che cer-
chi di dare risposte a domande che si interrogano
su questioni di ampio respiro è difficile poi indiriz-
zare i comportamenti dei singoli, così anche dei
professionisti chiamati ad interpretare le regole
verso decisioni etiche e morali comunemente ac-
cettate dalla nostra civiltà.
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