Il Commercialista Veneto n.233 (SET/OTT 2016) - page 20

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NUMERO 233 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
rispetto ad Istituti sostanzialmente similari sotto l’aspetto fiscale (quale, ad esem-
pio, l’Istituto del Ravvedimento Operoso) ma non altrettanto “protettivi” da un
punto vista penale.
Fin qui le “luci”, passiamo ora alle “ombre” legate alla nuova procedura.
7.
Le “ombre”
Innanzitutto va sottolineato, in negativo, l’allungamento dei termini di accertamen-
to. La nuova norma prevede che i termini di decadenza per l’accertamento scadenti
a decorrere dal 1 gennaio 2015 sono fissati al 31 dicembre 2018 per le sole attività
oggetto di collaborazione volontaria. Questo implica che, in assenza di specifici
accordi per lo scambio di informazioni, tutti i soggetti che aderiranno alla procedura
di collaborazione volontaria dovranno regolarizzare ben 12 anni (dal 2004 al 2015),
due anni in più rispetto a quanto accadeva per la prima edizione della procedura di
collaborazione.
Benché sia assolutamente condivisibile il principio che la nuova procedura non
possa essere meno onerosa della prima, l’estensione dei termini di cui sopra sembra
francamente sproporzionata e potrebbe, in alcuni casi, minare il successo della
procedura stessa.
Legato a tale aspetto negativo, ve ne è un altro di natura operativa a nostro modesto
avviso. Come anticipato, la nuova procedura di collaborazione volontaria prevede
l’autoliquidazione delle somme dovute entro il termine del 30 settembre 2017,
pertanto le attività che dovranno essere svolte dal contribuente (e dal professioni-
sta che lo assiste) entro tale data sono molto più estese rispetto alle attività previ-
ste dalla prima edizione della procedura in un lasso temporale più ampio: basti
pensare che la nuova procedura di collaborazione volontaria coinvolgerà, probabil-
mente, paesi molto più lontani rispetto alla precedente edizione e questo compor-
terà, in alcuni casi, difficoltà maggiori nella raccolta di informazioni e documenti
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(peraltro redatti in lingue differenti dall’italiano).
Ricordiamo, inoltre, che nella passata
voluntary
il contribuente nell’istanza e nella
relazione si limitava a quantificare gli imponibili precedentemente non dichiarati e
che l’imposta, la sanzione e gli interessi venivano successivamente liquidati dagli
uffici dell’Agenzia delle Entrate ed entro termini ben più ampi. In caso di rimpatrio
fisico o giuridico delle attività detenute all’estero, inoltre, questo poteva avvenire
dopo aver presentato l’istanza e la relazione, ma prima della liquidazione da parte
dell’Ufficio delle somme dovute.
Tutto ciò, invece, nella c.d.
voluntary bis
, in particolare se si opta per la più
favorevole “auto-liquidazione” (se non altro per evitare la compilazione del quadro
RW del 2016 e della frazione di anno del 2017) dovrà essere perfezionato entro la
citata data del 30 settembre 2017.
Ancora, in tema di “auto-liquidazione”.Nell’impostazione della “vecchia”
voluntary
il contribuente era tenuto a mettere a disposizione dell’Amministrazione finanzia-
ria ogni informazione utile per la determinazione del
quantum
dovuto ai fini della
regolarizzazione. Nell’istanza, il contribuente stesso doveva sì indicare gli imponi-
bili oggetto di sanatoria e il valore delle attività sanzionabili - da descrivere e
commentare nella relazione d’accompagnamento - ma si trattava, pur sempre, di
una quantificazione di “massima” che i competenti Uffici potevano condividere o
meno spettando unicamente ad essi la quantificazione finale.
L’impostazione dell’epoca, pertanto, intendeva in qualche modo “alleggerire” gli
oneri dell’istante, onerando, per contro, l’Amministrazione finanziaria degli obbli-
ghi di definitiva elaborazione delle informazioni rese disponibili.
Ovviamente, in fase applicativa, tale scelta ha fatto sì che l’attività amministrativa
degli Uffici sia stata appesantita in modo rilevante.
Questa considerazione, oltre alle conoscenze nel frattempo maturate “sul campo” dai
professionisti che hanno seguito i contribuenti nella “vecchia” VD, sembra essere
all’origine del cambio di impostazione prescelto per la
voluntary bis
: ovvero
l’autoliquidazione di imposte, sanzioni e interessi dovuti; i competenti Uffici verifi-
cheranno, poi, la bontà dei calcoli entro il 31 dicembre 2018, contestando eventuali
errori e applicando, in caso di saldo insufficiente, una specifica maggiorazione del 3 o
del 10%, a seconda della consistenza percentuale degli errori e della tipologia di essi.
E’ vero che l’autoliquidazione rimane pur sempre una facoltà, residuando, in alter-
nativa, la “vecchia” impostazione della quantificazione diretta da parte dell’Ammi-
nistrazione finanziaria nell’ambito di appositi inviti al contraddittorio/atti di con-
testazione sanzioni da notificare entro il 31 dicembre 2018. La prima è, però, la
soluzione preferibile sia sul piano finanziario, in quanto consente di beneficiare
delle stesse riduzioni sanzionatorie già previste dalla VD precedente, sia sul piano
degli adempimenti successivi, in quanto consente di non presentare il quadro RW
per i periodi d’imposta 2016 e frazione del 2017.
La perplessità è che tale soluzione, la quale condivide le stesse difficoltà di quali-
ficazione e quantificazione del ravvedimento operoso, di fatto trasli responsabilità
e oneri sui contribuenti e sui professionisti che li assistono, a favore delle casse
erariali in termini di tempistica
10
, ma a discapito di un proficuo contraddittorio che
invece è stato sempre garantito nella prima finestra di regolarizzazione. L’agenzia
delle Entrate, così come è impostata la norma (e salvo successive, sperabili, apertu-
re in sede di interpretazione ufficiale) avrà un ruolo esclusivo di eventuale controllo
a posteriori, nel qual caso errori commessi da parte del contribuente saranno san-
zionati in maniera non trascurabile.
Peraltro, nella nuova norma non trovano soluzione alcuni degli aspetti più
problematici della prima procedura, a partire, a mero titolo esemplificativo, dalla
necessità di scomputare i crediti per imposte estere e l’Euroritenuta sino al riporto
a nuovo delle minusvalenze (anche se l’assimilazione al ravvedimento potrebbe
spingere i contribuenti a seguire interpretazioni a loro favorevoli).
Il dubbio è che il sistema di “auto-liquidazione” possa rimanere circoscritto alle
sole ipotesi più semplici, che l’esperienza applicativa dimostra essere davvero
poche, soprattutto in relazione alle violazioni internazionali. Nel più dei casi, è ben
possibile che il contribuente valuti preferibile fare affidamento sulla certezza degli
esiti dell’azione amministrativa, in termini di quantificazione e qualificazione da
parte dell’Erario delle proprie condotte, con conseguente applicazione di sanzioni
più elevate rispetto alla “vecchia” edizione della voluntary
11
.
Le maggiori criticità si evidenziano, però, sul fronte della c.d. “voluntary domesti-
ca”. Innanzitutto, il rischio per il contribuente di essere “pizzicato” tramite il
futuro scambio di informazioni con gli Stati esteri qui evidentemente non si palesa.
Inoltre, mentre i patrimoni detenuti all’estero sono assistiti da una c.d. presunzione
di evasione per il solo fatto di non essere stati indicati nel quadro RW della dichia-
razione dei redditi, non esiste, come noto, nessun obbligo di dichiarare i contanti
detenuti in Italia presso cassette di sicurezza oppure presso le proprie abitazioni.
Risulta, quindi, impossibile per il fisco italiano sia conoscere l’ammontare dei
contanti detenuti in Italia da ciascun contribuente, che distinguere fra contanti
legittimamente detenuti e contanti frutto di evasione. Anche la seconda edizione
della collaborazione volontaria c.d. nazionale, pertanto, è, allo stato attuale, priva
di incentivi che possano in qualche modo decretarne il successo.
Da questo punto di vista, si è persa forse un’occasione: non aver previsto un regime
forfettario
ad hoc
incentivante
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per la regolarizzazione dell’enorme quantità di
contante (decine di miliardi di euro, anche se non esistono stime ufficiali). Quella
pensata dalla norma, infatti, è una procedura che, seppur in parte nuova, lascia
aperti i nodi principali, su tutti quello del rischio di tassazione integrale delle
somme liquide (pur se “spalmate” in cinque anni con un ipotetico vantaggio – tutto
da dimostrare in ipotesi di importi consistenti – in termini di progressività Irpef),
anche alla luce delle trascorse esperienze non buone riguardanti la “tenuta” nei
confronti dell’agenzia delle Entrate delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio.
Da ultimo, forse l’aspetto
più insidioso, soprattutto per eventuali ipotesi di
concorso penale dei professionisti, è la previsione dell’introduzione di un ulteriore
nuovo reato penale ovvero “l’emersione fraudolenta di attivi”. Tale reato va ad
aggiungersi a quello legato ai vizi di falsità del corredo di informazioni e di documen-
ti che il contribuente è tenuto a presentare all’Amministrazione finanziaria.
In particolare, viene previsto un nuovo specifico reato (punito da 18 mesi a sei
anni) per
chiunque
fraudolentemente si avvale della nuova procedura al fine di far
emergere attività finanziarie e patrimoniali o contanti derivanti da reati diversi da
quelli coperti dalla procedura di collaborazione volontaria.
Ora, il contribuente che aderisce alla «nuova» V.D. si espone (come avveniva con la
precedente V.D.), almeno in teoria, alla contestazione di alcuni reati per i quali non
è stata prevista alcuna
causa
di
non punibilità
, come ad esempio il reato di
appropriazione indebita (art. 646 c.p.), infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.),
corruzione tra privati (art. 2635 c.c.), false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622
c.c.), come pure i delitti contro la fede pubblica o i reati fallimentari
13
.
Trattasi di reati, come noto, spesso strettamente collegati, a monte o a valle, ai reati
fiscali ex D. Lgs. 74/2000; reati coperti, invece, dalla Voluntary.
Non rimane che evidenziare che già nell’accettazione dei nuovi mandati i professio-
nisti dovranno effettuare un’accorta e approfondita istruttoria preliminare della
pratica, sicuramente più accurata della precedente procedura, per poter accettare
dai loro clienti l’incarico.
Gli stessi non dovranno solo analizzare il pregresso tributario del proprio assisti-
to
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ma verificare le fattispecie sottoposte alla loro attenzione sotto tutti i profili,
realizzando, se del caso, anche attente simulazioni di eventuali responsabilità pena-
li nell’operato dei loro assistiti.
9
Se solo proviamo a proiettare le vicende del
waiver
svizzero su cento paesi diversi, con legislazioni diverse e con diverse attitudini al segreto bancario e alla tutela della
riservatezza, riusciamo facilmente ad immaginare dei risultati disastrosi. La speranza, pertanto, è che, sempre in sede di interpretazioni ufficiali, si provveda a sostituire il c.d.
waiver
con l’impegno unilaterale del contribuente, fino alla data di efficacia dello scambio di informazioni, a fornire, su richiesta dell’Agenzia delle Entrate, la documentazione
bancaria completa. Peraltro, in considerazione del fatto che la maggior parte dei paesi a fiscalità privilegiata scambieranno in automatico le informazioni a partire dal 1 gennaio
2017, non dovrebbe essere necessario fornire alcuna ulteriore documentazione rispetto a quella disponibile già al momento di adesione alla procedura.
10
Nello stesso senso cfr. anche parag. 6 del Documento di studio n. 1/2016 dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Milano - Gruppo di studio voluntary
disclosure.
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Così anche il citato Documento 1/2016 dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Milano.
12
Ricordiamo che in base ai principi indicati dall’OCSE nel documento
Update on Voluntary Disclosure Programmes: A pathway to tax compliance
pubblicato ad agosto 2015,
è possibile introdurre modalità pragmatiche o semplificate di determinazione dell’imposta, ossia dei metodi forfetari.
E in effetti l’introduzione di un metodo forfetario, come era stato ipotizzato in prima battuta dal Governo (salva la successiva sollevazione di scudi al nome di disposizione “salva
Corona”) di determinazione dell’imposta con riferimento ai contanti detenuti in Italia poteva forse essere un incentivo per far decollare la VD c.d. nazionale. Tanto più che
le aliquote forfetarie inizialmente ipotizzate (35% sui versamenti e 15% sui prelievi) non avrebbero certo dato al contribuente il segnale che tale modalità forfetaria fosse più
vantaggiosa delle modalità di calcolo dell’imposta ordinarie, né più vantaggiosa rispetto alle modalità previste dalla prima edizione della procedura di collaborazione volontaria.
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Si fa notare solo che con lo «scudo fiscale» (si pensi allo «scudo ter» previsto dal D.L. 78/2009), invece, tutti questi reati – se commessi per eseguire od occultare reati tributari
– erano attratti nelle cause di non punibilità.
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La prima valutazione preliminare che dovrebbe essere fatta è probabilmente quella del perché il contribuente non ha aderito alla prima procedura e quindi valutare se le sue
attività di per sè possano rientrare astrattamente tra quelle regolarizzabili dalla nuova procedura.
SEGUE DA PAGINA 19
Voluntary disclosure
2.0
1...,10,11,12,13,14,15,16,17,18,19 21,22,23,24
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