Il Commercialista Veneto n.233 (SET/OTT 2016) - page 7

NUMERO 233 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
anche eventuali perdite realizzate dalla stabile organizzazione estera.Tale indica-
zione, in ogni caso, non ha alcuna influenza sulla liquidazione delle imposte sui
redditi dell’impresa residente, dato il regime di esenzione degli utili e delle perdite
delle stabili organizzazioni all’estero. La stessa, tuttavia, torna utile al fine di
correttamente individuare il reddito complessivo dell’impresa residente in Italia,
dato che, come già prima illustrato, il conto economico del suo bilancio civilistico
racchiude anche i ricavi, i proventi, i costi e gli oneri delle stabili organizzazioni
all’estero, indipendentemente dall’esercizio o meno dell’opzione per la branch
exemption.Ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione
all’estero per la quale sia applicabile il regime di esenzione degli utili e delle perdite,
sempre il comma 10 dell’art. 168 ter di cui sopra dispone che «valgono i criteri di
cui all’articolo 152, anche con riferimento alle transazioni intercorse tra l’impresa e
la medesima stabile organizzazione, nonché tra quest’ultima e le altre imprese del
medesimo gruppo».Tale art. 152 del D.P.R. n. 917/1986 detta le regole da seguire ai
fini della determinazione del «reddito di società ed enti commerciali non residenti
derivante da attività svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizza-
zione», cioè il caso, opposto a quello in esame, dove è un’impresa non residente che
ha una stabile organizzazione in Italia.In merito, qui ci si limita a mettere in eviden-
za che, in base al disposto di tale art. 152, il quale, come illustrato nella Relazione
illustrativa al D.Lgs. n. 147/2015, «richiama ed esplicita il principio/finzione elabo-
rato in ambito OCSE, che vede la stabile organizzazione quale «
functionally sepa-
rate entity
»»:- «il reddito della stabile organizzazione è determinato in base agli utili
e alle perdite ad essa riferibili», rettificati per tenere conto delle «disposizioni della
Sezione I, del Capo II, del Titolo II» del D.P.R. n. 917/1986, cioè rettificati per
tenere conto delle disposizioni degli artt. da 81 a 116 di tale D.P.R.;- gli utili e le
perdite riferibili alla stabile organizzazione devono risultare «sulla base di un appo-
sito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili
previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche»;- «la stabile
organizzazione si considera entità separata e indipendente (nel caso di specie,
rispetto alla casa madre italiana, N.d.A.), svolgente le medesime o analoghe attività,
in condizioni identiche o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi
assunti e dei beni utilizzati»;- «il fondo di dotazione alla stessa riferibile è determi-
nato in piena conformità ai criteri definiti in sede OCSE, tenendo conto delle
funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati»;- «i componenti di reddito
attribuibili alle stabili organizzazioni relativamente alle transazioni e alle operazio-
ni tra la stabile organizzazione e l’entità cui la medesima appartiene sono determi-
nati ai sensi dell’articolo 110, comma 7», cioè secondo le regole stabilite per il
cosiddetto transfer pricing.In realtà, proprio con riferimento all’applicabilità delle
disposizioni relative al transfer pricing, si è già visto che l’art. 168 ter, comma 10,
del D.P.R. n. 917/1986, nel disporre che, ai fini della determinazione del reddito
della stabile organizzazione all’estero, «valgono i criteri di cui all’articolo 152»
dello stesso D.P.R., precisa che tali criteri valgono «anche» non solo «con riferi-
mento alle transazioni intercorse tra l’impresa e la medesima stabile organizzazio-
ne», ma pure con riferimento alle transazioni intercorse «tra quest’ultima e le altre
imprese del medesimo gruppo».Alla luce di quanto sopra e a titolo esemplificativo,
nel caso in cui l’impresa residente A possegga una stabile organizzazione estera B,
per la quale valga l’opzione della branch exemption, e una società controllata italia-
na C, la normativa sul transfer pricing trova applicazione sia con riferimento alle
transazioni e alle operazioni poste in essere tra A e B, sia con riferimento a quelle
poste in essere tra B e C.Sempre il comma 10 del richiamato art. 168-ter dispone
inoltre che, ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione
all’estero per la quale valga il regime di esenzione degli utili e delle perdite, «si
applicano le disposizioni dell’articolo 26 del decreto-legge 31maggio 2010, n. 78».In
pratica, con il rimando di cui sopra si ritiene che il legislatore abbia inteso richiamare
il regime facoltativo dei cosiddetti «oneri documentali in materia di transfer pricing»,
di cui all’art. 1, comma 6, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.Per completezza di
trattazione, si fa ancora cenno al fatto che, nel caso in cui la casa madre non opti per
il regime fiscale di esenzione di cui al richiamato art. 168-ter, come è stato indicato al
punto 3.14 della C.M. 3 giugno 2015, n. 21/E, «considerato che la stabile organizza-
zione non è un’entità autonoma, ma una parte giuridicamente indistinta dell’impresa
non residente», consegue «che le operazioni tra la stessa e la casa madre non assumo-
no alcuna rilevanza giuridica esterna, ma si basano su meri accordi interni».
L’articolo 14 prevede qualche riferimento in tema di abuso del diritto?
In tema di abuso del diritto o elusione fiscale, l’art. 168-ter, comma 11, del D.P.R.
n. 917/1986 dispone che, «nel rispetto dei principi di trasparenza, correttezza e
collaborazione cui deve essere improntato il rapporto con il contribuente», «l’Agenzia
delle Entrate provvede a pubblicare a titolo esemplificativo sul proprio sito (Internet,
N.d.A.) le fattispecie ritenute elusive delle precedenti disposizioni, da aggiornarsi
periodicamente».Occorre inoltre tenere presente che il comma 4 dell’art. 14 del
D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, dispone che, ai fini dell’applicazione della
normativa in commento e di quella recata dall’art. 165 del D.P.R. n. 917/1986,
relativo al credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, l’impresa residente nel
territorio dello Stato può interpellare l’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’articolo 11,
comma 1, lettera a), della legge 27 luglio 2000, n. 212, inmerito alla sussistenza di una
stabile organizzazione all’estero, da valutarsi anche in base ai criteri previsti da
accordi internazionali contro le doppie imposizioni, ove in vigore».
Cosa prevede la normativa transitoria? Ci sono alcune opportunità
di natura fiscale?
Come già prima illustrato, il regime opzionale di esenzione degli utili e delle perdite
delle stabili organizzazioni all’estero di imprese residenti in Italia, di cui all’art. 168
ter del D.P.R. n. 917/1986, trova applicazione, come disposto dal comma 2 dell’art.
14 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, «a decorrere dal periodo di imposta
successivo a quello in corso alla data» del 7 ottobre 2015, cioè a decorrere dal
periodo d’imposta 2016 per le imprese il cui esercizio sociale coincide con l’anno
solare.Tanto premesso, i commi 6 e 7 del richiamato art. 168 ter disciplinano il
periodo transitorio del regime opzionale di cui sopra.In particolare, il comma 6 di
tale art. 168-ter dispone che, «per le stabili organizzazioni già esistenti» (da inten-
dersi, al termine del periodo d’imposta in corso alla data del 7 ottobre 2015),
«l’opzione di cui al comma 1 può essere esercitata entro il secondo periodo d’im-
posta successivo a quello in corso alla data» del 7 ottobre 2015, «con effetto dal
periodo d’imposta in corso a quello di esercizio della stessa».In pratica, con riferi-
mento ad un’impresa residente il cui esercizio sociale coincide con l’anno solare,
per le sue stabili organizzazioni all’estero già possedute nel 2015 l’opzione per la
branch exemption può essere esercitata sia nel 2016 che nel 2017.La norma, peral-
tro, non indica come tale opzione debba essere esercitata.Nel caso in cui, per le
stabili organizzazioni già esistenti nel periodo d’imposta in corso alla data del 7
ottobre 2015, non venga esercitata l’opzione per la branch exemption entro il
secondo periodo d’imposta successivo, si deve ritenere che, nel caso in cui succes-
sivamente (ad esempio, nel corso del terzo periodo d’imposta successivo) l’impre-
sa residente dovesse aprire una nuova stabile organizzazione all’estero, tale impre-
sa non avrebbe più titolo per l’esercizio dell’opzione per la branch exemption, in
quanto l’opzione, come stabilito dall’art. 168-ter, comma 1, del D.P.R. n. 917/
1986, deve valere per tutte le stabili organizzazioni all’estero», mentre per quelle
«pregresse» la finestra temporale per l’esercizio dell’opzione sarebbe ormai
terminata.Si ritiene inoltre che, qualora un’impresa decida di aprire una nuova
stabile organizzazione all’estero, non rilevi il fatto che precedentemente avesse
detenuto altre stabili organizzazioni all’estero per le quali non aveva esercitato
l’opzione per la branch exemption, se alla data di apertura della nuova stabile
organizzazione le precedenti non sono più in essere.Sempre l’art. 168 ter, comma
6, del D.P.R. n. 917/1986 dispone anche che «l’esercizio dell’opzione non determi-
na in sé alcun realizzo di plusvalenze e minusvalenze».Purtuttavia, nel caso in cui
sia esercitata l’opzione in questione per le stabili organizzazioni già possedute nel
periodo d’imposta in corso alla data del 7 ottobre 2015, il comma 7 dell’art. 168-ter
in esame dispone che l’impresa residente deve indicare, «separatamente nella di-
chiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di esercizio dell’opzione, gli
utili e le perdite attribuibili a ciascuna stabile organizzazione nei cinque periodi
d’imposta antecedenti a quello di effetto dell’opzione. Se ne deriva una perdita
fiscale netta, gli utili successivamente realizzati dalla stabile organizzazione sono
imponibili fino a concorrenza della stessa».A tale proposito, nella Relazione illu-
strativa al D.Lgs. n. 147/2015 è stato precisato che «il comma 7 introduce il c.d.
recapture delle perdite che «scatta» quando l’impresa intende passare al metodo
dell’esenzione e in passato ha «importato» perdite fiscali dalla propria stabile
organizzazione. La disposizione in esame, in particolare, prevede che l’impresa
debba ricalcolare il reddito della stabile organizzazione nei cinque periodi d’impo-
sta precedenti a quello di effetto dell’opzione e se dalla relativa somma algebrica
risulta una perdita fiscale, nonostante la vigenza della branch exemption, gli utili
successivamente realizzati dalla stabile organizzazione sono tassati in Italia fino al
riassorbimento di detta perdita».In pratica e a titolo di esempio, se l’impresa
residente, con esercizio sociale coincidente con l’anno solare, nel 2016 opta per la
branch exemption per le stabili organizzazioni da lei già possedute nel periodo
d’imposta 2015, la stessa, nella dichiarazione dei redditi (IRES) del 2017 relativa ai
redditi del 2016, deve indicare, distintamente per ciascuna stabile organizzazione
già posseduta, «gli utili e le perdite» (più propriamente, i redditi complessivi e le
perdite fiscali) attribuibili a ciascuna di esse nei periodi d’imposta dal 2011 al 2015
inclusi, per poi sommarli insieme. Se il risultato di tale somma è negativo, vuol dire
che quella stabile organizzazione, «nei cinque periodi d’imposta antecedenti a
quello di effetto dell’opzione», ha realizzato complessivamente una «perdita fisca-
le netta». Conseguentemente, «gli utili» (meglio, i redditi complessivi) realizzati da
quella stabile organizzazione dal 2016 in avanti «sono imponibili fino a concorren-
za» di tale «perdita fiscale netta», con conseguente parziale e temporanea non
applicazione, con specifico riferimento a quella stabile organizzazione, del regime
di branch exemption.In ogni caso, come dispone l’art. 168-ter, comma 7, del D.P.R.
n. 917/1986, «dall’imposta dovuta si scomputano le eventuali eccedenze positive di
imposta estera riportabili ai sensi dell’articolo 165, comma 6», dello stesso D.P.R.. In
proposito, nella Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 147/2015 è stato chiarito che
«dall’imposta dovuta si detraggono le eventuali eccedenze positive di imposte sul
reddito assolte all’estero dall’impresa in relazione al reddito ivi prodotto dalla mede-
sima stabile e memorizzate ai sensi dell’articolo 165, comma 4, del TUIR».
In conclusione la nuova normativa può offrire dei nuovi vantaggi?
Quando si vuole essere presenti all’estero con una propria struttura commerciale,
industriale o di servizi, la nuova normativa fa sì che sia ancora più necessaria
un’attenta ponderazione di quale sia lo strumento più adatto, considerato che il
distinguo tra subsidiary e stabile organizzazione si è assottigliato. La subsidiary
comporta dei costi iniziali di costituzione e finali di liquidazione maggiori che non
la stabile organizzazione. Per altro verso, la stabile organizzazione implica, per la
casa madre, dei rischi di responsabilità civile che, nel caso della subsidiary, sono
invece circoscritti. L’utilizzo della stabile organizzazione è anche da vagliare laddove
il Paese estero non permette che una società ivi residente sia interamente posseduta
da soci esteri, richiedendo, quindi, anche la presenza di un socio locale.
Andando nel portale
, il cui contenuto è da noi personalmente
curato, al paragrafo 2.43. “
Branch exemption per le stabili organizzazioni all’este-
ro
” si possono trovare altri approfondimenti utili al fine di assumere la decisione
corretta. L’accesso al portale è libero fino al 10 gennaio 2017, previa semplice
registrazione allo stesso.
Branch exemption
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