Il Commercialista Veneto n.238 (LUG/AGO 2017) - page 14

NUMERO 238 - LUGLIO / AGOSTO 2017
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
VITTORIO TISON
Ordine di Belluno
NORMATIVA COMUNITARIA
Un'analisi normativa e giurisprudenziale
della Direttiva 2006/112/CE
1. Alcuni concetti preliminari
I principi di destinazione e di origine
Come sappiamo, l’IVA è un’imposta generale sui consumi gravante sulle
cessioni di beni, sulle prestazioni di servizi e sulle importazioni di beni in
proporzione al loro prezzo, indipendentemente dal numero dei passaggi
fino al consumatore finale, giacche l’imposta colpisce ogni volta solo il
valore aggiunto e va, in definitiva, a carico del consumatore finale.
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Il fatto
che la riscossione del valore aggiunto sia “frazionata” pone un problema in
merito al trattamento da porre in essere quando uno dei “passaggi” avvie-
ne tra più stati: l’imposta va attribuita al paese del venditore (principio di
origine), o al paese dell’acquirente (principio di destinazione)?
La scelta non è di poco conto, soprattutto per quanto riguarda il B2B.
Secondo il principio d’origine, l’imposta è riscossa con le modalità del
paese in cui si è effettivamente “creato” il valore aggiunto, a prescindere
dal soggetto cui si effettua la prestazione. La conseguenza è però la neces-
sità, per i soggetti passivi che acquistano da altri Stati Membri, di richiede-
re il rimborso dell’IVA pagata al fornitore. D’altra parte, nel principio di
destinazione le esportazioni
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sono non imponibili, ossia tassate “ad ali-
quota zero”,
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mentre le importazioni sono tassate all’aliquota locale, garan-
tendo quindi la neutralità per i soggetti passivi dei differenti paesi, e con la
conseguente tassazione nel luogo in cui avviene il consumo finale del
bene.
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Dati questi presupposti, non sorprende che lo standard accettato
nel commercio internazionale sia proprio il principio di destinazione,
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an-
che se con esso si interrompe il sistema di imposizione frazionato, renden-
do di fatto il sistema più vulnerabile
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ad eventuali abusi.
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La tassazione “a destinazione pura” ha inoltre insite problematiche ammi-
nistrative, dato che il prestatore dovrebbe riscuotere (e versare) l’imposta
nel paese di destinazione. È per ovviare a questa difficoltà che, nel Sistema
Comune dell’Imposta sul Valore Aggiunto applicato nell’Unione Europea,
“temporaneamente”
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basato sul principio di destinazione, il “pagamento”
dell’imposta nelle cessioni B2B è stato spostato dal fornitore al destinatario,
mediante il meccanismo del
reverse charge.
Le cessioni e gli acquisti intracomunitari di beni nel B2B
Quando viene acquisito (a titolo oneroso) il potere di disporre come proprieta-
rio di beni spediti/trasportati a destinazione dell’acquirente in uno stato diver-
so da quello di partenza, e tali beni hanno fisicamente lasciato lo StatoMembro
di partenza, si concretizza un
acquisto intracomunitario di beni
.
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Questo è un
fatto generatore dell’imposta,
appositamente introdotto per garantire la tas-
sazione nello Stato in cui ha luogo il consumo finale: l’IVA è infatti dovuta
dalla persona che effettua un acquisto intracomunitario di beni imponibile.
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I luoghi rilevanti nella compravendita diretta di beni intracomunitaria
Poiché la cessione intracomunitaria di beni tocca due stati, due saranno di
Le triangolazioni Comunitarie
conseguenza anche i luoghi da identificare. In linea generale, in ambito
B2B, il primo è il luogo della cessione relativa allo Stato cedente, cui si
applicherà la non imponibilità.
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Il secondo è invece il luogo dell’acquisto
intracomunitario, ossia lo stato dove nasce l’obbligazione IVA.
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Per quel che riguarda il luogo della cessione, la direttiva non opera alcuna
distinzione tra cessioni “intracomunitarie” e cessioni “interne”,
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ma solo a
seconda che il bene venga spedito/trasportato o meno:
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sarà il luogo dove
il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto, se il
bene è spedito o trasportato dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo;
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se invece il bene non viene spedito o trasportato, sarà il luogo dove esso
si trova al momento della cessione. Il luogo dell’acquisto intracomunitario,
invece, è il luogo dove si trovano i beni al momento dell’arrivo della spedi-
zione o del trasporto a destinazione dell’acquirente.
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2. Le triangolazioni comunitarie
Il “terzo incomodo”
Ma cosa succederebbe, in base a quanto detto
supra
, nel caso in cui un
acquirente polacco P chiedesse al venditore italiano I di spedire le merci
non presso la sua fabbrica in Polonia, bensì direttamente in Germania pres-
so la società G, cliente di P?
Il lato-cessione intracomunitaria
Poiché la merce subisce un unico spostamento (dall’Italia alla Germania), a
fronte di più cessioni (la prima I-P e la seconda P-G), un primo dubbio che
può sorgere è se entrambe le cessioni siano considerabili come cessioni
esenti intracomunitarie. La Corte di Giustizia ha però rigettato questa pos-
sibilità
,
dovendo innanzi tutto le cessioni essere considerate non contem-
poranee né unitarie, bensì come succedute l’una all’altra nel tempo.
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La
conseguenza è che
lo spostamento intracomunitario della merce (ex Art.
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può essere imputato a una sola delle due cessioni, che sarà quindi
l’unica esentata.
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La sua identificazione dipende da una valutazione glo-
bale di tutte le circostanze particolari che consenta di determinare quale
cessione soddisfi tutte le condizioni ad essa relative, che meglio si analiz-
zeranno in seguito nell’articolo.
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Il lato-acquisto intracomunitario
Cambiando sponda, bisogna capire se e quale cessione, tra I-P e P-G, realiz-
zi un acquisto intracomunitario. Infatti, l’Art.20 della Direttiva richiede che
i beni siano spediti o trasportati “dal venditore, dall’acquirente o per loro
conto a destinazione dell’acquirente”. Tuttavia, nell’esempio, le merci non
sono spedite/trasportate a destinazione dell’acquirente P, e potrebbe quin-
di sorgere il dubbio che l’acquisto intracomunitario da parte del primo
acquirente P non si concretizzi, non essendo P registrato/identificato in
Germania.
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Adirimere la questione viene incontro l’articolo 23 della Diret-
tiva, per il quale gli stati membri devono prendere le misure necessarie ad
1
Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CJEU), sentenza C-252/86 - Bergandi v Directeur général des impôts, p. 8.
2
Intese in senso atecnico di fuoriuscita del bene dal territorio di uno stato.
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Non inficiando, quindi, il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti. Nella normativa Italiana tali operazioni sono chiamate “non imponibili”, laddove il termine “operazioni
esenti” è utilizzato per quelle operazioni che non permettono la detrazione. La Direttiva non pratica invece alcuna distinzione.
4
OCSE – International VAT/GST Guidelines, p. 1.8-1.10.
5
OCSE – International VAT/GST Guidelines, p. 1.11.
6
Il “VAT gap”, ossia la differenza tra il gettito IVA stimato e quello effettivamente raccolto, nel 2014 in Europa è stato stimato in 159,5 miliardi di euro, di cui 37,8 riconducibili all’Italia
7
Christian Amand,
Taxation of Intra-Community Supplies of Goods
, International VAT Monitor, luglio/agosto 2014, pagina 188.
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Articolo 402 della Direttiva 2006/112/CE, qui chiamata Direttiva. La “temporaneità” prosegue dal 1991. In realtà, la Commissione ha confermato di rinunciare al tentativo
di introdurre un regime definitivo fondato in linea di massima sul principio dell’imposizione nello Stato membro d’origine.
9
Articolo 20 della Direttiva.
10
Articolo 200 della Direttiva.
11
Articolo 138(1) della Direttiva.
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Articolo 2(1)(b) della Direttiva.
13
Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-245/04 “EMAG”, paragrafo 46.
14
Articoli 31, 32 e ss. Della Direttiva.
15
Articolo 32(1) della Direttiva.
16
Articolo 40 della Direttiva.
17
Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-245/04 “EMAG”, paragrafo 38. Importante corollario è che l’acquirente intermedio può trasferire al secondo acquirente il potere
di disporre di un bene come proprietario solo dopo averlo ricevuto dal primo venditore.
18
Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-245/04 “EMAG”, paragrafo 51.
19
Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-245/04 “EMAG”, paragrafo 45.
20
Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-430/09 “Euro Tyre Holding”, paragrafo 27.
21
B.J.M. Terra et al., Commentary –
A Guide to the Recast VAT Directive (IBFD 2016)
, pagina 908
SEGUE A PAGINA 14
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