Il Commercialista Veneto n.238 (LUG/AGO 2017) - page 9

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NUMERO 238 - LUGLIO / AGOSTO 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
cienza dell’azione societaria attraverso l’elisione del rischio che si realizzi
una “guerra fra bande”, intese come gruppi di amministratori accomunati
da intenti bellicosi ed opportunistici gli uni contro gli altri.
Ma nel caso del concordato il controllo giudiziario, ed il voto dei creditori,
elidono tale rischio, e così privano di ogni funzione la norma, che dunque
deve essere ritenuta inapplicabile in forza di un processo di riduzione
teleologica della fattispecie.
D’altro canto nel sistema vi sono altre disposizioni ove è parimenti esclusa la
necessità dell’autorizzazione assembleare, per analoghi motivi (art. 2409 c.c.).
La norma del c.c. pertanto potrebbe essere agevolmente oggetto di un
procedimento di “riduzione teleologica”
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.
Quanto poi al danno, va detto che trattandosi di azione, esclusivamente
“sociale”, dunque che ha ad oggetto un pregiudizio subito dal patrimonio
sociale, e non già dalla Massa creditoria, ciò potrebbe richiamare le incer-
tezze espresse sul punto da parte di talune pronunzie giurisprudenziali.
In queste ipotesi si è infatti dubitato della possibilità di liquidare il danno con
la stessa metodica tipica delle azioni “creditorie”, ossia misurando la differenza
fra i patrimoni netti nei due momenti rilevanti dell’inizio e della fine della con-
dotta lesiva. Non v’è dubbio infatti che tale metologia assecondi la percezione
della perdita che subisce la Massa creditoria indistinta nel suo complesso,
laddove invece per la lesione subita dal patrimonio sociale il problema è più
complesso: una volta raggiunta e superata la quota “0”, infatti, esso diviene
insufficiente a soddisfare i creditori, e prospetticamente non vi sarà più alcuna
prospettiva di residuo utilizzabile per qualsiasi attività post liquidazione.
Nelle uniche fattispecie sinora portate all’attenzione della giurisprudenza
(
10
), il Tribunale delle Imprese di Milano ha deciso nel senso per cui il
danno potrebbe semmai essere rappresentato dall’ammontare delle
plusvalenze “latenti”, ossia inespresse nel bilancio di esercizio (redatto
come è noto secondo canoni di funzionamento), ma rappresentative del
maggior valore realizzabile di determinati
assets
del patrimonio sociale ri-
spetto al valore di libro.
La materia è tuttavia in costante e continua evoluzione.
Va anche detto che ancor più di recente C
ASS
., 20 aprile 2017, n. 9983, pur
affrontando un caso di azione esercitata (da una curatela fallimentare) a
tutela esclusiva del patrimonio sociale (e non già della Massa creditoria),
non ha ritenuto di operare alcuna distinzione in ordine alla metodologia di
stima del danno, facendo applicazione della tecnica dei netti patrimoniali.
3. La rappresentazione delle azioni di responsabilità nel piano concordatario
Sotto un altro punto di vista il fatto che il Commissario abbia (adesso) il
dovere ai sensi dell’art. 172 l.f. di indagare su tali situazioni (così da indica-
re nella Relazione le “utilità” che nel fallimento potrebbero provenire dal-
l’esercizio nei confronti di terzi di “
azioni revocatorie, recuperatorie o
risarcitorie
”), al fine di informare i creditori, non esclude certo che l’omis-
sione e l’occultamento da parte del debitore di tali profili, possano costitu-
ire un atto di frode, idoneo ad azionare il procedimento di revoca
ex
art. 173
l.f., ravvisandosi un occultamento di elementi dell’attivo (
11
).
L’obbligo di dichiarare la propria situazione in modo trasparente, infatti in-
combe sul debitore, non sul Commissario. D’altro canto, in una recente pro-
nunzia della S.C., si è osservato come l’omissione nel concordato della de-
nunzia di crediti risarcitori verso amministratori costituisca “occultamento di
attivo”, valorizzando la omogeneità fra presupposti dell’annullamento e del-
la revoca del concordato per atti di frode (v. C
ASS
., 1 giugno 2016, n. 11395).
L’indicazione di tali crediti nel bilancio di esercizio di una società
in bonis
potrebbe non essere obbligatoria, ad es. qualora i destinatari ritengano tali
ragioni infondate e le contestino; ma la loro denunzia negli allegati al ricor-
so
ex
art. 161 l.f. non può essere omessa e non potrebbe essere in alcun
modo giustificata in forza dei rapporti intercorrenti con i soggetti debitori,
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Cfr. in senso conf., sia pur sulla base di argomentazioni anche diverse, Pagni,
La legittimazione alle azioni di responsabilità nel concordato preventivo
, in Fallimento, 2015,
p. 603 ss.; Fabiani,
Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di società in concordato preventivo
, ivi, p. 616; Trib. Roma, 20 gennaio 1996, in Società, 1996,
p. 913; Trib. Trento, 3 marzo 2016, in
; contra però Trib. Bolzano, 30 aprile 2015, Hobag, in Fallimento, 2015, p. 955; Trib. Milano, 19 luglio 2011, Norman95,
in
; Trib. Bologna, 16 agosto 2016; in dottrina D’Attore,
Le azioni di responsabilità nel concordato preventivo
, in Riv. soc., 2015, pp. 15 ss.
10
Cfr. Trib. Milano, 17 luglio 2015, in
; e Trib. Milano, 26 febbraio 2016, Fall.to Ventaglio International, p. 97 della motivazione, redatte dal
medesimo estensore (Mambriani); v. anche Trib. Milano, 1 aprile 2016, cit., differente estensore (Consolandi), che rigetta una pretesa ex art. 2476 c.c. fondata sul “danno da
dissesto”, in senso apparentemente ancora più limitativo.
11
Conff. App. Lecce, 17 giugno 2015, in Fallimento, 2015, p. 953; App. Trento, 10 marzo 2015, Azzolini, in
; Trib. Bologna, 21 dicembre 2015, Italian Coffee
Roaster, in
; sostanzialmente conf., sia pur escludendo le responsabilità nel merito, App. Bologna, 24 dicembre 2015, ed anche Trib. Milano, 22 luglio
2015; più di recente Trib. Alessandria, 25 novembre 2016, Borsalino, in
tutte con riferimento all
’occultamento di crediti, soprattutto relativi ad azioni di responsabilità; con riferimento ad azioni revocatorie App. Bologna, 3 aprile 2014, Fall.to Mulazzani; Trib. Milano, 10
novembre 2016, Imm. Redecesio.
I problemi attuali
delle azioni
di responsabilità
nel concordato preventivo
SEGUE DA PAGINA 7
che rende gli organi della società in concordato senz’altro consapevoli
della loro fondatezza.
Quanto alla temuta e pretesa violazione del principio del
nemo tenetur se
detegere
, basti pensare che il principio attiene alla sola responsabilità pena-
le, non civile (non in ogni responsabilità civile si cela un fatto di reato, essen-
do ben differenziati gli elementi oggettivi e soggettivi delle relative fattispecie);
ed in ogni caso non vi è alcuna ragione per cui i fatti non denunziati attenga-
no a responsabilità dell’attuale amministratore della società in concordato, e
non piuttosto a membri di organi sociali già cessati dalle cariche (ché anzi
proprio l’opposta è in genere la situazione più frequente).
Men che meno parrebbero avere rilevanza le asserzioni che fanno leva
sulla difficoltà di stimare il danno e/o sulle prospettive di successo e/o di
capienza di tali azioni; anche per le ragioni che si sono già dette, infatti, che
tali situazioni siano appostabili o meno all’attivo dello stato patrimoniale
non ha alcuna importanza. Ciò che rileva è la loro esistenza, e la convenien-
za nell’azionarle è semmai argomento per la valutazione del ceto creditorio,
non del debitore, che non può arbitrariamente selezionare quali informazio-
ni somministrare (tanto più quando egli è probabilmente in conflitto di
interessi). Si tratta poi di crediti in senso tecnico, solamente illiquidi, non di
mere aspettative, o di situazioni a formazione progressiva, come per le
revocatorie. La stessa autorizzazione assembleare, se ed in quanto real-
mente necessaria (v.
supra
), rimuove un mero limite all’esercizio dell’azio-
ne, ma il diritto esiste a priori, ed il fatto che non vi siano serie prospettive
di pronunzia dell’assemblea semmai aggrava la prospettiva della frode,
non la elide di certo, né la attenua.
D’altro canto, anche la riflessione per cui l’azione sociale di responsabilità
(come l’azione spettante alla controllata
ex
art. 2497 c.c.), così come altre
azioni risarcitorie che concernano un pregiudizio subìto dalla società, sa-
rebbero pur sempre esperibili nell’esecuzione concordataria, ad opera o del
liquidatore giudiziale oppure del legale rappresentante della società se il
concordato non è liquidatorio, prova troppo, e non appare a ben vedere
particolarmente perspicua.
Qualsiasi credito verso terzi che sia stato occultato, infatti, non cessa di
essere azionabile da parte del liquidatore giudiziale o del debitore
post
omologa, ma questo non esclude certo la rilevanza della frode.
Ancora meno rilevante è il fatto che i creditori possano esperire diretta-
mente talune azioni (art. 2394, 2497 c.c.) contro i responsabili pur nel con-
cordato, posto che ciò attiene ad una valutazione di convenienza che spet-
ta soltanto a loro (trattandosi fra l’altro di azioni assai costose, ove essi
scontano anche rilevanti
deficit
informativi); e poi nulla ha a che vedere col
concordato la eventuale relazione intersoggettiva diretta fra creditore e
terzo responsabile, al pari delle disponibilità di garanzie “esterne”, o delle
comuni azioni per lesione del credito, etc.
L’unica circostanza che può escludere la rilevanza ex art. 173 l. f. di tali
comportamenti è semmai la certezza della impossibilità di esperire le azioni
correlate, o perché ormai irrimediabilmente prescritte (col rischio tuttavia di
dover convertire la valutazione in quella relativa alla responsabilità di chi le
abbia lasciate prescrivere…), o perché certamente insuscettibili di apporta-
re alcunché di vantaggioso, per la cronica ed endemica incapienza dei
destinatari (situazione tuttavia assai rara, e difficilmente riscontrabile nei
concordati). Ciò che l’ordinamento sanziona ai sensi dell’art. 173 l. f. non è
infatti la meritevolezza del debitore, come pur ostinatamente si continua a
prospettare, ma l’abuso informativo, insito nel non aver messo a disposi-
zione dei creditori i dati che essi avrebbero potuto voler valutare ai fini di
esprimere il voto. La rilevanza potrebbe tuttavia cessare se la società stipu-
la una transazione vantaggiosa col responsabile/destinatario dell’azione,
debitamente autorizzata dagli Organi della Procedura.
L’omissione imputabile al debitore è dunque di carattere meramente informa-
tivo, ed ha ad oggetto l’occultamento consapevole di fatti che sono di imme-
diata rilevanza ed interesse per i creditori, i quali sono stati così privati della
facoltà di valutare se loro convenisse maggiormente la soluzione concordataria
oppure il fallimento, che
per incidens
potrebbe disporre di strumenti infor-
mativi e giuridici più efficaci al fine ad es. di realizzare i crediti omessi.
Gli stessi creditori potrebbero ritenere che l’esercizio dell’azione da parte
del curatore dell’eventuale fallimento, per i rilevanti vantaggi operativi ed
anche informativi, sia più conveniente per loro, e dunque la informazione
circa la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione è rilevante ai
fini di consentire agli stessi di porre in essere un voto “consapevole”.
Nell’eventuale alternativa fallimentare infatti l’esercizio dell’azione da
parte del curatore non sarebbe quantomeno soggetta con certezza al-
l’onere di procurarsi l’autorizzazione assembleare, stanti gli artt. 2394
bis
c.c. – 146 l.f.
1,2,3,4,5,6,7,8 10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,...29
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