Il Commercialista Veneto n.238 (LUG/AGO 2017) - page 5

NUMERO 238 - LUGLIO / AGOSTO 2017
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
ANTONIO FORZA
Avvocato
Corruzione tra privati, nuove norme
Modifiche ai Modelli organizzativi
NORME E TRIBUTI
I
l 14 aprile 2017 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 15.03.2017
n. 38, in attuazione, veramente molto tardiva, della decisione quadro
del Consiglio dell’Unione Europea 2003/568/GAI del 22.07.2003.
Il nostro Paese stava per incorrere nell’ennesima infrazione comu -
nitaria visto che la direttiva dava un termine agli Stati membri di
conformarsi entro il 22 luglio 2005.
Con il decreto 38/2017 è stata modificata la norma del Codice Civile (art.
2635) che aveva introdotto cinque anni fa il reato di corruzione tra privati
1
.
Nel contempo, è stata anche introdotta una nuova fattispecie di reato che
va sotto il nome di “
Istigazione alla corruzione tra privati
” (art. 2635 bis).
Le modifiche sostanziali apportate all’art. 2635 c.c. prevedono un’esten-
sione dell’ambito applicativo della fattispecie corruttiva tra privati non più
soltanto alle società ma anche agli enti privati in genere.
In secondo luogo, possono essere chiamati a rispondere della condotta
delittuosa oltre agli organi apicali e di controllo (amministratori, direttori
generali e sindaci) anche coloro che esercitano funzioni direttive nell’ambi-
to organizzativo della società o dell’ente privato.
La fattispecie di nuovo conio, che nell’originaria formulazione richiedeva il
compimento di un atto indebito o l’omissione di un atto dovuto, a seguito
della dazione o della promessa di danaro o altra utilità, ora si perfeziona con
il mero accordo corruttivo tra il soggetto infedele ed il corruttore.
Il dato più rilevante però è rappresentato dalla elisione del requisito della
causazione di un danno alla società o all’ente. Non è più necessario il
nocumento alla società
”, come richiesto dalla precedente formulazione,
per integrarsi del reato.
In altri termini, la fattispecie ha subito una mutazione genetica e da
reato di
danno
si è trasformata in
reato di pericolo
, quindi, a tutela anticipata. E’
comunque rimasta la perseguibilità a querela di parte.
E’ stata poi introdotta la nuova fattispecie di
istigazione alla corruzione
tra privati
.
Questo reato punisce la condotta di chi offre o promette danaro o altra
utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti e ai
sindaci, ovvero ne sollecita la dazione nel caso in cui le profferte non siano
accettate, affinché detti soggetti compiano od omettano un atto in viola-
zione agli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà.
Dunque per aversi “istigazione” occorre che l’offerta o la promessa, ovve-
ro la sollecitazione a promettere o dare, siano dotate di adeguata forza
persuasiva.
L’introduzione di queste due nuove fattispecie ha di fatto causato lo spo-
stamento del
focus
dalla tutela del patrimonio societario alla diversa tutela
di un bene giuridico individuabile nel rispetto degli obblighi di fedeltà da
parte dei soggetti che ricoprono ruoli apicali o svolgono altre funzioni
direttive all’interno di società od enti.
Tutto ciò comporta che i manager aziendali dovranno improntare il loro
comportamento a rigorosi criteri etici, astenendosi dall’accettare regalie o
benefici da parte di terzi fornitori o clienti con i quali la società intrattiene
rapporti contrattuali e ciò nell’obiettivo di precludere indebiti favoritismi.
Il legislatore del decreto 38/2017 ha poi introdotto modifiche all’art. 25
ter
del decreto 231/2001
2
, aumentando per queste due fattispecie di reato le
conseguenze sanzionatorie per la società.
Gli enti dovranno quindi adeguare i loro modelli organizzativi e di gestione
con riferimento alla riformulata fattispecie di corruzione tra privati ed alla
nuova ipotesi delittuosa di istigazione alla corruzione tra privati. Dovranno
conseguentemente essere predisposti specifici protocolli diretti a program-
mare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione alle
nuove ipotesi delittuose.
Nel caso in cui taluno dei suddetti reati fosse commesso nell’interesse o a
vantaggio dell’ente, l’unica possibilità per l’ente di essere esonerato dalla
responsabilità, ai sensi dell’art. 6 del Decreto Legislativo 231/2001, è quella
di fornire, tra l’altro, la prova di aver adottato ed efficacemente attuato,
prima della commissione del fatto, i modelli di organizzazione o di gestione
idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Ancora una volta il legislatore ha scelto la strada di onerare il privato con
ulteriori carichi di burocrazia societaria e, quindi, aggiornamenti del model-
lo organizzativo e del codice etico.
Indicativamente, si dovranno stabilire dei livelli di soglia ed una casistica
aziendale in sede di valutazione della ricorrenza di un indebito comporta-
mento.
Modificare il modello organizzativo comporta anche lo sforzo di rinnovare
procedure di audit e di vigilanza da articolare in relazione ai parametri co-
struiti dai disciplinari interni.
Si tenga conto che con le modifiche all’art. 25
ter
primo comma del Decreto
231/2001 si è introdotta addirittura la possibilità di applicare le sanzioni
interdittive all’attività dell’ente, previste dall’art. 9 comma 2 del decreto 231.
E questo genere di sanzioni non è cosa da poco. Oltre all’interdizione
dall’esercizio dell’attività, si parla infatti di sospensione o revoca di auto-
rizzazioni, licenze e concessioni, di divieto di contrattare con la pubblica
amministrazione e di pubblicizzare beni o servizi nonché di esclusione da
agevolazioni e finanziamenti.
Ad onor del vero, nella vigenza della vecchia formulazione dell’art. 2635
c.c. le sentenze sulla corruzione tra privati si possono contare sulle dita di
una mano e anche le nuove norme non dovrebbero cambiare di molto tale
stato di cose, vista la procedibilità a querela di parte dei nuovi reati.
Insomma, l’effetto moralizzatore che il legislatore italiano intendeva perse-
guire nel tessuto economico italiano, fatto soprattutto di piccole e medie
imprese, non pare abbia prospettive concrete di affermazione.
1
Articolo sostituito dall’art. 1, comma 76 della L. 6 novembre 2012 n. 190
2
L’articolo, al comma 1 lettera s-bis), indica quale reato presupposto per la responsabilità amministrativa degli enti l’art. 2635 co. 3 c.c. relativo alla condotta del privato che,
anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovute agli organi apicali e di controllo di una società e l’art. 2635 bis c.c. recante la fattispecie
di istigazione alla corruzione tra privati.
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