Il Commercialista Veneto n.238 (LUG/AGO 2017) - page 8

NUMERO 238 - LUGLIO / AGOSTO 2017
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
DANILOGALLETTI
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Trento
DIRITTO FALLIMENTARE
I problemi attuali delle azioni di
responsabilità nel concordato preventivo
SEGUE A PAGINA 8
La situazione di crisi economica generalizzata, e la accresciuta frequen-
za del ricorso alla procedura di concordato preventivo, hanno fatto di-
venire di estrema attualità il tema, in passato praticamente negletto,
dell’esercizio delle azioni di responsabilità, anche da parte di singoli
creditori, nel corso di tali procedure.
L’Autore, dopo aver analizzato i profili della c.d. “azione dei creditori”
e della c.d. “azione sociale di responsabilità”, si sofferma sugli obblighi
di rappresentazione delle predette azioni nel Piano Concordatario, e
sulle conseguenze che potrebbero derivare dall’omissione delle infor-
mazioni relative a dette azioni, anche in punto di revoca ex art. 173 l.f.
del Concordato Preventivo.
1.
L’azione dei creditori nel concordato preventivo.
L’azione c.d. dei creditori (art. 2394 c.c., come è noto formalmente difettan-
te, ma di fatto estesa ad opera della giurisprudenza anche nel dominio delle
s.r.l.) dovrebbe poter essere esercitata nel concordato dagli stessi nei me-
desimi termini in cui ciò avverrebbe rispetto alla società
in bonis
. E questo
tanto nella fase che precede l’omologa, quanto in quella successiva.
Non si rinvengono infatti, almeno in apparenza, norme derogatorie che
consentano di predicare una legittimazione degli Organi della Procedura, a
somiglianza di quelle contenute negli artt. 146 l.f. – 2394
bis
- 2497, ult. cpv.,
c.c. (
2
). Né appare agevole ricostruire un’azione “di massa” atipica, al di
fuori di quelle espressamente previste dal sistema (
3
), di cui non si sapreb-
be nemmeno individuare il soggetto legittimato attivo.
C’è da domandarsi, tuttavia, se il principio di diritto recentemente espresso
da C
ASS
., S
EZ
. U
N
., 23 gennaio 2017, n. 1641, in tema di danno da pagamento
“preferenziale”, ove si afferma che non può esistere una legittimazione ad
agire in sede penale che sia scissa da una analoga legittimazione a far
valere la stessa pretesa in sede civile, debba far rivedere tale orientamento,
attribuendo tale potere al Commissario giudiziale attraverso l’art. 240 l.f.,
norma indubbiamente extravagante, da sempre interpretata restrittivamente,
con esclusivo riferimento alla costituzione di parte civile dello stesso Com-
missario nel processo penale.
Se ciò avvenisse, tuttavia, vi sarebbero altresì rilevanti problematiche
applicative da affrontare e risolvere, soprattutto in ordine alla natura esclu-
siva o meno di tale legittimazione, nel concorso delle pretese esercitate dai
singoli creditori; oppure in merito alla natura di organo meramente di con-
trollo, e non già di liquidazione, del Commissario, ove difetterebbero dispo-
sizioni specifiche in ordine alla ripartizione del risultato dell’azione.
Il danno risarcibile in capo al singolo creditore dovrebbe sommariamente
coincidere coll’importo del credito, depurato dalla percentuale cui il creditore
può legittimamente e ragionevolmente aspirare in sede di esecuzione del
concordato (
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), fatto questo da accertarsi nello stesso giudizio in concreto, e
con piena facoltà dell’attore di dimostrare la inattuabilità del piano, anche al
di fuori dei rimedi tipici del diritto concorsuale (es. la risoluzione: art. 186 l.f.).
Qualora tuttavia il creditore avesse acquistato il diritto in condizioni di già
maturata incapienza del patrimonio del debitore, il nesso di causalità fra la
condotta dell’amministratore ed il danno potrebbe riguardare soltanto l’en-
tità dell’aggravamento della situazione patrimoniale del debitore succeduta
a tale momento; in sostanza occorrerebbe accertare quale riparto avrebbe
potuto ragionevolmente ricevere il creditore al momento di assumere il
diritto, confrontandolo con l’esito finale o prevedibile del concordato; con
rilevanti difficoltà pratiche, atteso fra l’altro che il “dividendo” ragionevol-
mente conseguibile all’inizio del rapporto dovrebbe scontare l’incertezza
di quale soluzione concorsuale proiettare, come scenario ragionevole, ai
fini del ragionamento; tantopiù in un contesto normativo che consente
un’amplissima discrezionalità al debitore nello scegliere lo strumento di
regolazione della propria crisi ed il contenuto della soluzione.
Nessuna preclusione può derivare invece dall’art. 184 l.f., nemmeno ove il
creditore voti positivamente in ordine alla proposta concordataria, posto
che la disciplina del concordato si misura sul piano dell’obbligazione del
debitore, e non già dei responsabili per lesione del credito; nemmeno può
ritenersi, del resto, che gli organi sociali siano garanti della società debitri-
ce, od obbligati in solido.
Il creditore d’altro canto può decidere di transigere la pretesa col debitore
principale, per considerazioni legate alla capienza dello stesso, senza per-
ciò perdere l’azione contro il terzo che sia responsabile di tale incapienza.
2. L’azione sociale di responsabilità del debitore in concordato.
Quanto invece all’azione c.d. sociale (artt. 2393 – 2476 c.c.), essa costitui-
sce un diritto di credito del debitore, che appartiene al suo patrimonio,
benché illiquido.
Se tutti i beni del debitore vengono ceduti ai creditori (
cessio bonorum
) la
legittimazione ad esercitarla non può che spettare dunque tanto al Liquida-
tore giudiziale, quanto al legale rappresentante della società (senza alcun
litisconsorzio necessario col primo), secondo l’orientamento dominante
della Suprema Corte in tema di riscossione dei crediti del debitore
concordatario.
Nel concordato “con continuità”, difettando la nomina del Liquidatore
giudiziale, unico legittimato sarà pertanto il legale rappresentante della
società. Non sarebbe agevole tuttavia concludere nel senso che tale diritto
non sia stato ceduto, almeno nei concordati con
cessio bonorum
, atteso
che il concordato con cessione solo parziale violerebbe a mio avviso l’art.
2740 c.c.
La disciplina del concordato, attraverso l’introduzione delle classi, con-
sente di derogare (in parte) all’art. 2741 c.c., non all’art. 2740 c.c., e non mi
pare dunque fornire alcun appiglio in senso contrario (
5
).
Il concordato preventivo d’altro canto è comunque uno strumento di at-
tuazione della garanzia patrimoniale del debitore (
6
).
L’applicabilità dell’art. 2740 c.c. al concordato è tuttavia estremamente di-
scussa nella letteratura specializzata, pur risultando a mio avviso prevalen-
te in giurisprudenza (
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).
D’altro canto se il piano concordatario occulta o comunque omette di con-
siderare tale pretesa, si configura un atto di frode ai sensi dell’art. 173 l.f., e
ciò potrebbe fondare persino l’annullamento del concordato (v.
infra
).
Non parrebbe necessaria neppure l’autorizzazione assembleare (ordinaria-
mente necessaria nelle s.p.a. ai sensi dell’art. 2393 c.c., la cui applicabilità
alla s.r.l. è molto discussa
8
, posto che la
ratio
storica della norma si fonda
sulla necessità di sottrarre l’amministratore all’eventuale abuso o
strumentalizzazione dei colleghi amministratori, nonché di tutelare l’effi-
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Il prof. Danilo Galletti é ordinario di diritto commerciale presso l’Universitá degli Studi di Trento; esercita altresì la professione di avvocato in Bologna, nell’ambito dello studio
Galletti & Partners, occupandosi prevalentemente di diritto commerciale, societario e fallimentare. E’ autore di svariate pubblicazioni scientifiche afferenti a tali settori
disciplinari. E’ coordinatore scientifico del portale
.
2
Il dato appartiene ormai alla letteratura, ed anche alla giurisprudenza: cfr. Trib. Piacenza, 12 febbraio 2015, in Fallimento, 2015, p. 959; e già Trib. Massa, 14 agosto 2013
(ord.), poi confermata dall’ord. 27 febbraio 2014, nella vicenda “Cermec”; in precedenza v. Trib. Pavia, 6 novembre 2002 e 2 gennaio 2003, in Società, 2004, p. 219; App.
Milano, 14 gennaio 1992, in Fallimento, 1992, p. 1146; Trib. Milano, 13 novembre 1989, in Dir. Fall., 1990, II, p. 1169; Trib. Padova, 18 giugno 1987, in Giur. Comm., 1989,
II, p. 839; Trib. Reggio Emilia, 19 giugno 1979, in Giur. Comm., 1981, II, p. 183; contra Trib. Milano, 23 dicembre 1968, in Giur. It., 1970, I, c. 283.
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Come è noto infatti la curatela non può in queste ipotesi avanzare pretese in rappresentanza della Massa, difettando una norma legittimativa specifica: Cass., Sez. Un., 28 marzo
2006, nn. 7029-7030-7031; Cass., 9 luglio 2008, n. 18832, e soprattutto Cass., Sez. Un., 18 maggio 2009, n. 11396 (per una ricostruzione analitica del concetto di “azione di
massa”, con conferma e specifico richiamo del precedente del 2006, sia pur a proposito dell’azionabilità delle garanzie prestate da terzi nel concordato preventivo); v. anche,
più di recente, Cass., 3 giugno 2010, n. 13465 (a proposito di azione di responsabilità dei creditori sociali nei consorzi).
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V. però per una prospettiva differente e più complessa Fabiani,
Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di società in concordato preventivo
, in Fallimento
2015, pp. 621 ss., il quale giunge ad ipotizzare la simulazione di un piano di riparto.
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Dubbio ed equivoco a mio avviso è anche il senso dell’art. 186 bis l.f., là dove esso consente di non liquidare i beni destinati alla continuità aziendale, dato che in ogni caso il
creditore concorsuale, scaduto il termine per l’adempimento concordatario, può agire anche esecutivamente sui detti beni, i quali non vengono perciò sottratti alla garanzia dei
creditori, ma “vocati” ad essa in un modo diverso dalla (immediata) liquidazione. Ma nel caso di Cosvap l’art. 186 bis non ha comunque alcuna possibilità di trovare applicazione.
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In tal senso per tutti, autorevolmente, Nigro,
La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese
, in Tratt. Bessone, XXV, Torino, 2012, pp. 147s .
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Cfr. Trib. Torino, 5 giugno 2014, in
; App. Roma, 5 marzo 2013, ivi.
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Ma v. in senso favorevole Trib. Bologna, 16 gennaio 2015 (ord.), in
.
1,2,3,4,5,6,7 9,10,11,12,13,14,15,16,17,18,...29
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