Il Commercialista Veneto n.229 (GEN/FEB 2016) - page 22

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NUMERO 229 - GENNAIO / FEBBRAIO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
Prossima fermata: la quarta
dimensione dell'azienda
IMPRESA
ANTONIO RIGHINI
Ordine di Verona
P
arliamo di passaggio generazionale nelle imprese.
Un sogno, un progetto, un traguardo, o forse
una sfida? Di qualunque cosa si tratti, un dato
è certo: tutte le aziende sono nate nel passato e tutte
… moriranno (forse) nel futuro
1
. Ovviamente, parlare
di morte dell’azienda non è mai “beneaugurante”, anzi
qualcuno penserà che “porterà male”, ma per un
imprenditore di successo è necessario prepararsi a
questo evento ed è altresì necessario avere delle
risposte alle seguenti domande:
“Accadrà anche alla mia azienda? Cosa posso o voglio
fare?Ma soprattutto quando lo devo fare ovvero perché
lo devo fare?”
Ecco che allora si incomincia a parlare di pianificazione
del passaggio generazionale, argomento di cui sempre
si discute e che oggi, è diventato di stretta attualità
2
.
Più precisamente ne parlano molto i professionisti e
meno gli imprenditori.
Ma è poi così vera quest’anomalia di cui vi racconto?
Sul punto devo premettere che a livello personale, io
non credo alla pianificazione e non per una mia
“allergia”. Del resto, io ho vissuto in un’era dove
all’economia occidentale programmata per il
consumismo, la comunicazione comunista proponeva
una economia pianificata, che a sentire loro era superiore
alle altre e sappiamo tutti come è andata poi a finire.
Programmazione 2 Pianificazione 0 - GAME OVER
Quindi, al termine pianificazione io tendo ad attribuire
una connotazione negativa poiché non ha funzionato.
Dobbiamo allora parlare di programmazione del
passaggio generazionale?
Casualmente, anche del termine programmazione nutro
una certa sfiducia e per questo ho chiesto un aiuto al
dizionario
Treccani
.
Ebbene il dizionario
Treccani
testualmente definisce
la programmazione economica come quel “
complesso
dei programmi di attività di ogni azienda o istituzione,
corredati da preventivi di spese ed entrate
corrispondenti. In senso più circoscritto, l’espressione
fa riferimento all’intervento dello Stato nell’economia,
realizzato sulla base di un programma pluriennale (in
tal senso, p. si alterna, nell’uso, con pianificazione).”
Tutto chiaro? Non scherziamo, pianificazione o
programmazioneadessomisembranounrebuslinguistico!
L’aiuto della
Treccani
mi ha veramente confuso le idee.
Forse inoltrare un quesito all
’Accademia della Crusca
mi potrebbe aiutare a risolvere questo rebus?
Come probabilmente avrete già avuto modo di intuire,
non ho ricevuto risposte alla mia mail e allora la mia
convinzione in ordine alla programmazione non è
cambiata e rimane negativa. I romani dicevano che la
storia è maestra di vita e la storia moderna di esempi del
successo di mancate programmazioni riuscite ne è piena.
Un esempio può aiutare.
Tutti noi conosciamo Hollywood e lo associamo
immediatamente al cinema, il binomio
Hollywood -
Cinema
ci sembra inevitabile ma non tutti sanno che,
nel 1913 alla vigilia dello scoppiodella IGuerraMondiale
la mecca del cinema non era Hollywood, era NewYork
dove c’erano i divi e gli studios più importanti. Cosa
successe? Forse lo Stato della California programmò gli
studios e i divi perché si trasferissero a L.A.?
In realtà, in quel periodo si scatenò la guerra dei brevetti
cosicché si individuò in Hollywood il luogo ideale per
un’
industria
cinematografica libera
e quindi solo
per caso o al limite perché non ci fu una
programmazione (pubblica), il risultato è stato che
oggi per noi cinema è Hollywood invece di N.Y..
Chiuso così questo mio dubbio amletico, perché a un
certo punto ci si è messi tutti a parlare di pianificazione
del passaggio generazionale e perché se gli
imprenditori, cui da sempre non piace il passaggio
generazionale,
stranamente
negli ultimi tempi hanno
cambiato idea? Cosa è successo?
La risposta è articolata ma, semplificando, credo
che la domanda la si debba rivolgere al legislatore
più che agli imprenditori stessi
.
Tutto chiaro? Non proprio! Mi spiego meglio e, a
questo proposito, dobbiamo parlare delle quattro
dimensioni dell’azienda.
L’azienda nasce con l’imprenditore, vive e cresce con
l’imprenditore e infine muore con l’imprenditore.
Tutte queste tre dimensioni appartengono alla prima
generazionedi imprenditori dove il contestoèqualificabile
come “BUSINESS IS IN THE FAMILY”, tanto che
l’idea imprenditoriale è totalizzante (giorno e notte) e la
famiglia viene dopo o talvolta non viene affatto.
La quarta dimensione appartiene alle aziende
successive alla prima generazione: semplificando
possiamo affermare che
“FAMILY IS IN THE
BUSINESS”,
tanto che la società di famiglia diventa
un mero asset (di certo importante) ma gestito come
tutti gli altri asset quali la liquidita, gli immobili, i beni
di lusso e dove il coinvolgimento diretto dei familiari e
sempre meno caratterizzante, a fronte di un maggiore
ricorso a manager e consulenti esterni.
Quindi, contrariamente al comune pensare, la quarta
dimensione dell’azienda (dimensione dove la famiglia
dell’imprenditore si riserva il diritto di nomina di chi
gestisce l’azienda salvo gestirla direttamente) è
una
dimensione non solo eventuale per l’imprenditore
ma è una dimensione creata dal legislatore
in
quanto, per l’imprenditore ciò che importa è garantire
la sopravvivenza delle sue creature, la famiglia e
l’azienda, meglio se insieme, ma non necessariamente.
Detto questo, alcuni numeri delle imprese familiari nel
mondo e del loro contributo al PIL e al mondo del
lavoro, ci permettono di delineare il perimetro del
problema del passaggio generazionale e del rischio che
esso comporta: rischio a cui il legislatore ha risposto,
come anticipato, individuando la soluzione nella quarta
dimensione dell’azienda. Infatti, da un attenta lettura
della tabella sopra indicata, indipendentemente dal
paese che noi andiamo a considerare, l’importanza
delle imprese familiari è decisamente rilevante.
Ma vi è di più! Infatti, da una recente indagine di
Eurispes-Uil Pubblica Amministrazione (
Outlet
Italia. Cronaca di un Paese in (s)vendita, indagine
Eurispes 2013
) è emerso come il dissesto di numerose
famiglie derivi dal dissesto dell’impresa familiare, che
alla luce dei numeri in gioco (parliamo di 600.000 posti
di lavoro persi a seguito della morte di imprese familiari
che hanno fallito il passaggio generazionale) devono
considerarsi non solo come un
pessimo risultato
ma
altresì come un risultato preoccupante, in quanto non
derivante da innovazioni tecnologiche quali la
manifattura additiva o l’adozionemassiccia nella catena
della produzione di robots o di altro ancora.
Ecco che allora, la quarta dimensione dell’azienda atterra
su quello che Mediobanca ha recentemente battezzato
come il quarto capitalismo italiano.
Sul punto, la ricerca di Mediobanca individua nelle
imprese della fascia dimensionale intermedia, né grandi
né piccole, generalmente distinte da una presenza
internazionale e parzialmente riconducibili a sistemi
produttivi territoriali, il quarto capitalismo italiano.
Ebbene, la fotografia del quarto capitalismo come sopra
delineata, non ci ricorda
qualcosa?
La risposta è ovvia e
scaturisce
de plano
dalle
osservazioni in precedenza
svolte: parliamo infatti di
quelle imprese familiari
gestite senza l’idea di essere
vendute,
con
forti
ambizioni di crescita
imposte dalle logiche della
globalizzazione
che
ritengono senza senso le
attuali dimensioni delle
imprese familiari.
Per ovviare a ciò, la formula
da seguire è semplice:
Internazionalizzazione
(perché il mercato interno non basta più)
+
Specializzazione in nicchie di mercato
(perché
la Ferrari costruisce le Ferrari ma non le brugole che
sono costruite nel distretto della Brianza)
+
Quotazione all’AIM
(perché l’autofinanziamento
non basta più e la quotazione alla vera borsa valori
un poco spaventa)
+
Passaggio generazionale
E’ vero che gli ingredienti sopra indicati sono noti a
tutti noi. E’ vero altresì che rispetto al passato, grazie
a internet e alla community, non manchiamo di
ingredienti (alias idee): al contrario ne abbiamo così
tante che la maggior parte non le utilizziamo.
La verità è che manchiamo di una visione dell’insieme,
di fantasia e della capacità di maneggiare il meccano
dell’impresa familiare dosando in modo diverso gli
ingredienti perché ogni impresa familiare ha una sua
specificità anche se la formula da seguire è quella
corretta che ci farà decollare dall’aeroporto del quarto
capitalismo o della quarta dimensione dell’azienda.
Da ultimo, una nota di contorno:
ogni famiglia deve voler che l’impresa familiare si affermi
altrimenti parleremo di microimprese, cosicché oggi
parlare di imprese familiari e conseguentemente del
quarto capitalismo italiano, significa affrontare il tema
dello sviluppo economico che il nostro paese non vuole
affrontare nonostante l’esistenza di un Ministero
ad
hoc
. COMING SOON
1
Anche se vi è un club delle aziende familiari ultracentenarie denominato Henokiens Club, club al quale molti vorrebbero iscriversi.
2
Leggasi ad esempio il trust costituito a tale scopo da Brunello Cucinelli o dalla famiglia Antinori o i patti di famiglia sottoscritti dalla famiglia Nardini.
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