Il Commercialista Veneto n.229 (GEN/FEB 2016) - page 24

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NUMERO 229 - GENNAIO / FEBBRAIO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
eccezionale di crescita, conducendo in particolare il settore delle attività
private a ridurre il proprio livello di indebitamento dalla quota del 125%
rispetto al PIL del 2007 all’attuale 85% del 2015
(fonte Banco de España e Ministerio
dell’Economia). I progressi conseguiti sotto
questo punto di vista se da un lato fanno ben
sperare perché indicano la conseguenziale
inversione di tendenza relativa ai tassi medi di
interesse sui prestiti alle imprese (passati dal
+6,6%del 2008 al +3,4%del 2015), dall’altro lato
preoccupano evidenziando come le imprese
spagnole debbano in certi termini ancora
recuperare i livelli di esposizione finanziaria delle
concorrenti francesi o tedesche. Difatti, dal 2000
al 2007, le imprese spagnole, trainate
dall’ottimismo dei dati sull’aumento del
commercio mondiale, si indebitarono molto
rapidamente con una crescita annua del 7%,
procedendo così a raggiungere un tasso di
crescita dell’esposizione rispetto ai capitali di terzi
doppio in confronto alla media Europea. La
evidente capacità di disindebitamento consta però di alcuni fattori
determinanti, ascrivibili alle dimensioni delle imprese, alle loro scelte di
reindustrializzazione, ed alla loro capacità di apertura ai mercati esteri. Se di
fatto le piccole e medie imprese spagnole, da sempre svantaggiate
nell’accesso al credito, non hanno dovuto far ricorso ad una politica di
deleveraging,
a differenza delle grandi organizzazioni industriali, strutturata
sulla vendita degli attivi ed un deprezzamento dei conti, esse si sono trovate
al pari delle GI dinanzi a scelte difficili ed impegnative come la necessità di
doversi collocare su segmenti di settore con un più alto contenuto
tecnologico e con un alto valore aggiunto. Questa scelta di miglioramento
della competitività si è dimostrata fondamentale per conquistare il mercato
internazionale con una espansione delle esportazioni tanto nella produzione
di beni quanto nella fornitura di servizi.
I
l settore terziario, che in terra iberica sta conoscendo un livello di
sviluppo sostenuto ( +28% dal 1970 al 2014), ha cambiato
completamente il volto del paese ed oggi costituisce il principale
ambito produttivo per le imprese locali, determinando non solo una
profonda trasformazione tecnologica in ambito lavorativo, bensì un
particolare ricollocamento sui mercati esteri orientato alla fornitura di servizi
non turistici. Alcuni settori come quelli bancari, della distribuzione,
dell’ingegneria, della gestione di infrastrutture, delle acque e dei rifiuti,
della distribuzione di energia oltre che delle energie rinnovabili e
telecomunicazioni rappresentano nel 2015 i principali ambiti di investimenti
all’estero per le imprese spagnole e ci rendono un’idea di come il paese
tutt’oggi persegua una politica di reindustrializzazione complessa quanto
ambiziosa. Segnali incoraggianti arrivano anche dal fronte della produzione
industriale che nel 2015, in accordo con i dati forniti dall’Instituto Nacional
de Estadistica, cresceva ad un ritmo annuale del 5,2%, il maggiore da 15
anni a questa parte con una spiccata ripresa delle vendite di beni destinati
al consumo duraturo (+3,8%) e soprattutto beni strumentali (+10,2%). I dati
in questione risultano interessanti non solo per comprendere l’attuale grado
di avanzamento dell’economia spagnola quanto per intenderne la direzione
in cui si muove il Paese, con una ripresa dei consumi interni ed una forte
propensione all’esportazione. Le crescite dei beni strumentali e dei beni
duraturi d’altro canto segnano una ripresa del ciclo economico misurabile
sì in chiave attuale, ma soprattutto in chiave futura perchè indicativa di una
ripresa nei livelli di aspettativa dei consumatori. Effettivamente l’aumento
degli investimenti in beni strumentali raffigura un fattore chiave dell’aumento
della capacità produttiva di un economia, nonché un segnale del fatto che
l’attuale classe imprenditrice mantiene buone prospettive sul livello di
crescita economica futura. In questo senso la forza propulsiva dell’export
spagnolo, che nel 2015 continua a crescere facendo registrare nei primi sei
mesi dell’anno un nuovo record raggiungendo i 174 mln di euro, ovvero il
valore più alto dal 1971, ci dà una dimensione ancor più composita della
grande fase di dinamismo vissuto dal sistema spagnolo, capace di rafforzare
la propria competitività estera anche in momenti in cui le stime del Banco
Mondiale denunciano un contesto globale sfavorevole, con una riduzione
generalizzata dei tassi di crescita. Le ragioni del
miglioramento dei livelli di esportazione spagnola
si riconducono a quattro fattori chiave costituiti
da: un aumento delle imprese che esportano
regolarmente (+35% dal 2010 al 2014), un
miglioramento nella qualità dei prodotti/servizi
offerti, un incremento delle vendite fuori e dentro
l’Unione Europea nonché la maggiore
flessibilizzazione del mercato del lavoro
conseguita attraverso la riforma lavorativa del
2012. Tutti gli elementi sin qui esposti hanno
tratteggiato il profilo di una nazione in continuo
miglioramento, in cui l’azione governativa del
Presidente Rajoy, fissata in questi anni soprattutto
in termini di riforma fiscale, finanziaria e lavorativa,
ha saputo raggiungere l’obiettivo imposto della
crescita economica.
Ma il modello attuale
spagnolo, che oggi sembra godere di un ottimo
stato di salute, può davvero essere assunto come
punto di riferimento per tutti quei Paesi (come l’Italia ad esempio) che
effettivamente stentano a ritrovare percorsi di crescita “virtuosi” ?
P
er rispondere a tale domanda bisogna prendere in considerazione
le scelte prese dalla
leadership
politica in questi anni e la loro
adattabilità a contesti socio-culturali-economici differenti. Il
governo popolare di Rajoy ha di fatto sposato in pieno la filosofia
ortodossa del rigore e dell’Austerità, aumentando la flessibilità in uscita
nel breve periodo per le imprese, favorendo i processi di privatizzazione
delle grandi realtà economiche nazionali e riducendo inoltre le spese statali
con conseguenti licenziamenti e abbassamento dei salari nei settori pubblici.
Le riforme attuate hanno generato forti contrasti nella realtà tra coloro che,
come le imprese ad esempio, riuscivano a ristrutturare i propri processi
industriali, ricollocandosi più facilmente nel mutato contesto competitivo e
coloro i quali invece perdevano un posto di lavoro non riuscendo a trovare
una nuova fonte di impiego. Pur essendo per crescita la prima economia in
Europa nel 2015, la Spagna tutt’oggi continua ad avere un’emergenza sociale
dettata dall’alto tasso di disoccupazione, pari al 21 % della popolazione
(secondo in Europa solo alla Grecia) e dal forte rischio di esclusione sociale
dettato dall’impoverimento della popolazione ( secondo l’indice Misery
Index dell’Agenzia Bloomberg nel 2015 la Spagna per il suo numero di
poveri occupa il 6° posto tra le 51 economie più avanzate, meglio solo di
Grecia e Ucraina in Europa). Tali situazioni di rischio, comportano costi
sociali altissimi, dato che come evidenzia lo stesso economista e premio
Nobel Joseph Stiglitz, la riduzione dei salari e l’indebolimento degli
ammortizzatori sociali, non fanno che aumentare le disuguaglianze interne
ad una regione, così come la debolezza della domanda aggregata con
conseguenze significative sul lungo periodo in tema di disoccupazione e
dinamiche macroeconomiche.
Sarà dunque necessario non soltanto capire quali riforme effettuare bensì
come approntarle.
Oltre ai dati economici le difficoltà appena evidenziate, che per certi versi
animano il sistema spagnolo, forniscono numerosi spunti di riflessione
accompagnati da articolate prospettive di confronto, attraverso le quali
ragionare su come intraprendere un cammino di rinascita economica post
crisi in grado di supportare realmente uno sviluppo equilibrato dell’intera
società.
A questa domanda, che oggi tuttavia rimane senza risposta, bisognerà far
fronte con una profonda trasformazione.
Quali e quanti siano i termini di questa trasformazione li possiamo solo
immaginare, ma il dibattito rimane aperto, perché l’evidenza ci dimostra la
necessità di uno sforzo collettivo di elaborazione, in cui tutti gli attori,
politici economici e sociali, sono chiamati a giocare, insieme, ciascuno il
proprio ruolo.
Lettere dalla Spagna
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