Il Commercialista Veneto n.229 (GEN/FEB 2016) - page 26

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NUMERO 229 - GENNAIO / FEBBRAIO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
17
V. DEL GIUDICE,
Istituzioni di Diritto Canonico,
cit., p. 413.
18
V. AMOROSINO – A. LANTIERI,
Le tasse nella storia,
cit. pp. 22-23.
19
L. BONIZZATO,
Povegliano processo ad una storia,
Amministrazione comunale Povegliano Veronese, 2004, p. 312.
20
P. CIPROTTI,
Decima,
cit., p. 807.
21
A. FERRARESE,
Il dibattito parlamentare sull’abolizione delle decime nell’Italia liberale (1862-1887),
in: Studi Storici Luigi Simeoni, LVI, 2006, pp. 403-459. Cfr.
p. 403. Questo recente contributo storiografico, al quale si rimanda per un migliore approfondimento, ci fornisce dati più aggiornati ed esaustivi rispetto al Ciprotti
di cui alla nota precedente.
22
AP.,
Documenti Camera,
leg. XVI-1, n. 177, 22.IV.1887, p. 3, in: A. FERRARESE,
Il dibattito parlamentare …,
cit. pp. 451-452.
23
A. FERRARESE,
Il dibattito parlamentare …,
cit. p. 455.
24
AP.,
Discussioni Camera,
leg. XVI-1, 17.IV.1887, p. 3717 (Di Camporeale).
25
Ibidem, p. 3807 (Toscanelli).
26
Ibidem, p. 3710 (Toscanelli).
27
A. FERRARESE,
Il dibattito parlamentare …,
cit. p. 456. Tutti i riferimenti citati nelle varie note e relativi alle Discussioni Camera e Discussioni Senato, sono tratti
dal saggio di Ferrarese.
28
AP.,
Discussioni Camera,
leg. XVI-1, 1.VII.1887, p. 4361 (Bonghi).
29
Ibidem, p. 4358 (Bonghi).
30
A. FERRARESE,
Il dibattito parlamentare …,
cit. p. 457.
31
AP.,
Discussioni Camera,
leg. XVI-1, 1.VII.1887, p. 4361 (Bonghi): “almeno non siamo ipocriti […] e diciamo le cose schiette. Se vogliamo far leggi nemiche della
Chiesa, diciamolo apertamente; ma non pretendiamo di essere ispirati da un alto sentimento del sacerdozio, quando siamo davvero espirati dal desiderio di abbassarlo.
E’ possibile […] che voi non immaginiate o non sappiate che un vescovo con 6000 lire, e un parroco con 800 lire è poco meno che obbligato a mendicare?”.
32
A. FERRARESE,
Il dibattito parlamentare …,
cit. p. 458.
33
AP.,
Discussioni Camera,
leg. XVI-1, 17.VI.1887, p. 3714 (Zucconi).
34
AP.,
Discussioni Camera,
leg. XVI-1, 1.VII.1887, p. 4363 (Mascilli).
35
AP.,
Discussioni Camera,
leg. XVI-1, 2.VII.1887, p. 4422 (Fagioli).
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Ciò era forse dovuto anche a causa della mancanza di una consolidata giurisprudenza che, dato il breve decorso del tempo intercorso tra l’approvazione della legge
e l’inizio delle prime questioni, non poteva essersi ancora formata.
37
M. FERRABOSCHI,
L’ultimo trentennio di giurisprudenza decimale (1943-1975).
In:
Studi in onore di Pietro Agostino d’Avack.
Milano 1976, v. II, p. 280.
Richiamato in nota da A. FERRARESE,
Il dibattito parlamentare …,
cit. p. 459.
essere costretti da una norma giuridica. In progresso di tempo, invece,
scemando l’entusiasmo e cominciando a scarseggiare le offerte spontanee,
venne imposto ai fedeli, dalle leggi ecclesiastiche positive, di portare una parte
dei loro redditi. Anteriormente al codice di diritto canonico le decime erano
regolate dalle disposizioni dettate dal Concilio di Trento”
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svoltosi negli anni
1545-1563.
A poco a poco la decima divenne un’imposta che si potrebbe definire “a
carattere generale”, nel senso che arrivò a colpire indifferentemente pressoché
tutte le varie tipologie di reddito.
Durante l’età delle riforme, il principio ispiratore dell’imposta che di fatto
comportava una violazione alla libertà di godimento e della disponibilità dei
beni, fu aspramente criticato, tanto che l’applicazione della decima stessa subì
nel decorso del tempo un importante ridimensionamento
18
.
Il pagamento del
quantum
avveniva secondo il cosiddetto “calendario fiscale”
che prevedeva date specifiche: il 1° maggio c’era la decima degli agnelli, il 25
maggio quella della frutta e del vino, il 24 giugno la decima del bestiame, il 20
luglio la decima del grano e il 15 agosto o il 1° settembre quella delle oche
(anche se si ha motivo di ritenere che tale scansione temporale non fosse uguale
dappertutto, ma venisse giocoforza condizionata dalle consuetudini locali
nonché dalla differente tempistica dei processi di maturazione dei vari prodotti
agricoli nei diversi siti della penisola).
L’ammontare dell’importo da corrispondere veniva stabilito dai “funzionari
della decima” o “compartidori della decima”
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i quali, adempiendo alla loro
funzione, provvedevano ad eseguire accertamenti di persona nei campi, nei
pascoli o nella stalla per poi fornire indicazioni al sindaco del villaggio per la
riscossione del tributo. Di sicuro questi funzionari, per l’attività istituzionale
che andavano ad esercitare, erano spesso osteggiati dai contadini: essi tendevano,
ovviamente, a sovrastimare il prodotto agricolo al fine di conseguire un maggior
gettito di decima; l’obiettivo dei secondi era esattamente l’opposto, e cioè di
evitare o quanto meno di limitare un esborso ritenuto iniquo.
L’avvento della Rivoluzione francese sancì, di fatto, la soppressione della
decima.
A CONCLUSIONE DELLA NOSTRA ANALISI che viene a presentare e
valutare un sommario panorama storico organizzato in scansioni, ricordiamo
anche le principali leggi che, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano,
disciplinavano la materia:
- la legge del 24 gennaio 1864 n. 1636, che ne ammise l’affrancazione;
- quella dell’8 giugno 1873 n. 1389 relativa all’affrancazione delle decime
feudali delle province napoletane e siciliane;
- quella del 14 luglio 1887 n. 4727 che, all’articolo 1 finalmente sancì l’abolizione
delle decime
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su tutto il territorio nazionale.
Si ritiene utile dedicare ancora poche righe prettamente al percorso parlamentare
che ha portato all’approvazione della legge del 1887.
La legge n. 4727/1887 che disciplinò l’abolizione delle decime, conobbe un
iter
formativo lungo circa un ventennio e impegnò parecchi Governi nel tentativo,
talvolta vano, di formulare un disegno di legge condiviso ed idoneo ad essere
presentato nelle aule parlamentari per la definitiva approvazione.
Al termine del lunghissimo percorso, caratterizzato da una serie infinita di
proposte legislative, accantonate, ritirate, alcune delle quali successivamente
reiterate anche con modifiche, si giunse infine al varo di una legge “affrettata,
che al momento dell’applicazione nelle differenti realtà del paese, nel torno di
pochi anni, fece trasparire l’irrisolto nucleo del problema”
21
.
La svolta definitiva per l’approvazione avvenne nel mese di aprile 1887; “a
ILDIRITTODI DECIMA
SEGUE DA PAGINA 25
differenza dei precedenti disegni di legge, si trattò di una proposta di iniziativa
parlamentare – attaccata, proprio per questo motivo, abbastanza vivacemente
sia alla Camera che al Senato – che nelle intenzioni dei proponenti, una sorta
di raggruppamento «trasversale» abilmente gestito dal guardasigilli Zanardelli,
era il «prodotto naturale degli studi compiuti da cinque ministri guardasigilli
e da quattro Commissioni parlamentari»”
22
.
Come detto, il dibattito parlamentare fu particolarmente aspro, ma tutto
sommato anche abbastanza rapido in quanto il Governo, intenzionato a chiudere
la questione in tempi assai brevi, scelse di discutere il disegno di legge nelle
sessioni mattutine che di solito erano riservate ai provvedimenti di minor
importanza
23
; gli oppositori si scagliarono, ovviamente, contro tale inusuale
procedura con la quale “alla chetichella, in un disegno di legge che tratta d’altro,
in una seduta mattutina, ci si chiede di approvare una vera e propria legge di
confisca”
24
.
Le motivazioni di coloro che avversavano il disegno di legge erano molteplici;
per il deputato Toscanelli l’abolizione delle decime rappresentava “un furto
qualificato”
25
nei confronti della proprietà religiosa, massacrata da “una guerra
spietata”
26
dello Stato
27
. Per il deputato Bonghi “la legge era «campata in
aria»
28
con la sua assurda pretesa di operare delle distinzioni fittizie tutte però a
danno della compagine ecclesiastica. Nel merito il deputato napoletano –
riprendendo le argomentazioni del giurista FilippoCordova – richiamava l’unicità
di origine ecclesiastica delle decime, di tutte le decime, imposte da «un’autorità
che nessuno dubitava avesse il diritto di farlo»
29
, anche di quelle che poi per
usurpazione o per infeudazione erano illecitamente passate ai laici”
30
. Altro
rilievo sollevato sempre dal Bonghi riguardava il problema del cosiddetto
clero
stipendiato
, quale conseguenza dell’abolizione delle decime. Per il Bonghi, infatti,
l’ammontare delle congrue – cioè quella particolare forma di
indennizzo
che lo
Stato avrebbe dovuto riconoscere alla Chiesa in luogo delle soppresse decime –
si sarebbe dimostrato assolutamente insufficiente per il reale mantenimento del
clero
31
.
Coloro che si dichiaravano favorevoli, invece, invocavano l’approvazione di
una legge chiara e definita nelle sue statuizioni, “che ponesse fine a decenni di
incertezze”
32
, una legge “eminentemente perequatrice”
33
, “una legge di
eguaglianza e di giustizia per la quale non vi fossero dinnanzi allo Stato
italiano dei figli e dei figliastri”
34
e il cui fine fosse quello di “parificare,
nient’altro che parificare”
35
.
Il sentore o, meglio, l’illusione di una raggiunta stabilità legislativa fu però
assai breve. Le cause in materia di diritti di decima iniziarono assai presto e,
«affidate ad una magistratura impreparata ed oggettivamente incapace di
ricostruire le evoluzioni storiche pregresse dei diritti
36
, le cause di decima,
oltre che ad intasare all’inverosimile le preture e le corti di appello delle regioni
maggiormente interessate dal tributo, finirono per essere risolte col ricorso a
criteri empirici che nonostante tutto trovavano nell’indiscusso possesso
decennale o secolare la loro esclusiva ragion d’essere. … Dopo il 1887,
all’incertezza psicologicamostrata dal legislatore liberale si aggiunsero quindi le
aggrovigliate ed astruse argomentazioni di una magistratura composta in gran
parte di ben pensanti, cattolici, conservatori, i quali intesero l’anticlericalismo
come un fenomeno di
élites
e quindi non corrispondente all’impostazione
cristiana del popolo italiano e finirono per sentire il dovere di attutire nei casi
concreti le asprezze intenzionali della legislazione, al punto da rovesciarne
l’intento»
37
.
Si potrebbe continuare a lungo, ma con queste brevi note ci premeva mostrare la
complessità e multiformità dell’istituto giuridico della decima, proponendo al
lettore sia un panorama di conoscenze e problemi che, al contempo, percorsi di
lettura trasversali, il tutto, ovviamente, senza aver la pretesa di essere riusciti a
licenziare compiutamente un argomento tanto complesso nel poco spazio a
disposizione.
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