Il Commercialista Veneto n.230 (MAR/APR 2016) - page 25

NUMERO 230 - MARZO / APRILE 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
Speciale anti-riciclaggio
SEGUE A PAGINA 26
GIANCARLO TOMASIN
2
Ordine di Venezia
L
A MAGISTRATURA PENALE (PROCURA-TRIBUNALE) e i
Consigli di Disciplina (CdD) hanno come scopo quello di accertare la
realizzazione di illeciti e, una volta accertatane l’esistenza, di applicare
sanzioni; sotto questo aspetto i due organi sono quindi,
ratione
materiae
, concorrenti.
Opportunamente quindi la normativa in essere prevede contatti fra i due organismi.
Va ricordato che mentre le Procure svolgono una funzione inquirente, i Consigli di
Disciplina svolgono sia una funzione istruttoria (che corrisponde alla funzione
inquirente dell’ordinamento giudiziario) che la funzione decisoria (corrispondente
alla funzione giudicante).
Vanno tenuti preliminarmente presenti alcuni aspetti.
Dal momento che la Magistratura si propone di tutelare l’interesse della collettività
(significativamente l’organo inquirente si chiama “Procura della Repubblica”) mentre
i Consigli di Disciplina si propongono di tutelare l’interesse della categoria alla
difesa della dignità e del decoro della Professione e solo di quella parte della collettività
che si avvale dell’opera dei professionisti, è evidente la preminenza del giudicato
della magistratura rispetto alle decisioni dei CdD. Va aggiunto, ed è il secondo
aspetto, che la Magistratura dispone di poteri inquisitori enormemente più efficaci
e penetranti di quelli di cui dispongono i CdD.
Non va poi dimenticato che mentre i magistrati esercitano la loro funzione a tempo
pieno i componenti i Consigli di Disciplina svolgono questo servizio (non retribuito)
a margine della loro normale attività professionale.
L’esame della normativa in materia dovrà poi essere fatto tenendo presenti gli
orientamenti comunitari in materia di pluralità di previsioni sanzionatorie.
Vorrei ricordare che l’area dei principi deontologici è ben più ampia di quella relativa
ai doveri, la violazione dei quali configura reati. Infatti la commissione di reati
configura per se una violazione deontologica, mentre non è vero il reciproco e cioè
che la violazione dei principi deontologici configuri per sè reati. Si pensi ai principi
base di integrità, obiettività ed indipendenza.
Andrei oltre ed affermerei che la violazione dei principi deontologici se non
tempestivamente contrastata porta spesso, e salvi i casi di tenuità, a violazioni più
gravi, che configurano reati.
Ne consegue che la conoscenza e l’implementazione dei principi deontologici
costituiscono la prima e più importante forma di contrasto alla commissione di
reati, soprattutto di reati economici.
La normativa in materia
I rapporti con le procure della Repubblica sono così delineati dalla legge istitutiva
dell’Ordine dei DCEC (D.Lgs 139/2005):
Art. 50
2. Il procedimento ha inizio d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero presso il
tribunale nel cui circondario ha sede il Consiglio, ovvero su richiesta degli interessati.
8. L’autorità giudiziaria è tenuta a dare comunicazione al Consiglio dell’Ordine di
appartenenza dell’esercizio dell’azione penale nei confronti di un iscritto.
9. Le deliberazioni disciplinari sono notificate entro trenta giorni all’interessato ed
al pubblico ministero presso il tribunale, la delibera è altresì comunicata al
procuratore generale presso la corte di appello ed al Ministero della giustizia.
10. Il professionista che sia sottoposto a giudizio penale è sottoposto anche a
procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell’imputazione,
tranne ove sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste
o perché l’imputato non l’ha commesso.
A proposito della sospensione cautelare, l’
art. 53
prevede che:
2. La sospensione cautelare è comunque disposta in caso di applicazione di misura
cautelare o interdittiva, di sentenza definitiva con cui si è applicata l’interdizione
dalla professione o da pubblici uffici.
A proposito delle impugnazioni l’
art. 55
prevede che possa essere proposto ricorso
Procure della Repubblica e Consigli di Disciplina:
ambiti di intervento per il rispetto
dei principi deontologici
e il contrasto alla criminalità economica
1
al Consiglio Nazionale, da parte dell’interessato o del pubblico ministero, non da
parte dell’esponente.
Prima di soffermarsi sui singoli punti vale la pena fare alcune considerazioni di
principio. A ben vedere l’azione disciplinare dovrebbe portare ad intercettare
comportamenti non conformi ai corretti principi, prima che questi assumano una
particolare gravità e quindi configurino reati.
Ne deriva che ogni reato commesso da un professionista potrebbe essere visto
come una sconfitta per chi è tenuto ad esercitare la funzione disciplinare. Di questo
dovremmo essere tutti coscienti. Va invece notato che i procedimenti d’ufficio (ed
ancorchè questo tipo di procedimento sia previsto come primo dal citato art. 50
dell’Ordinamento) sono assai rari, per non dire inesistenti.
Sul punto andrebbe fatta un’attenta meditazione.
A questo proposito pongo a me stesso e ai colleghi componenti i Consigli di
Disciplina una domanda. Sappiamo che in ogni Ordine, in ogni territorio vi sono
iscritti che, per usare un eufemismo, esercitano la professione in modo disinvolto.
Dobbiamo davvero attendere l’intervento dei magistrati?
Prime considerazioni
Soffermiamoci brevemente sui vari punti citati dal ripetuto art. 50.
Le prime due previsioni (la richiesta di procedimento disciplinare e la comunicazione
dell’esercizio dell’azione penale) sono da considerarsi collegate, dal momento che è
illogico pensare che la Procura si attivi per infrazioni che non costituiscono reato.
La terza previsione, e cioè la notifica al pubblico ministero, da parte del Consiglio
di Disciplin , delle deliberazioni disciplinari, merita un approfondimento.
Francamente non si capisce come possa concretamente interessare, e quindi non
appare ragionevole, la comunicazione al pubblico ministero del fatto che un iscritto
non ha maturato, nel triennio, i 90 crediti formativi richiesti. Forse un accordo per
escludere dalla comunicazione le infrazioni bagatellari, ovvero di evidente tenuità
andrebbe previsto, anche per liberare le nostre segreterie da qualche incombente
inutile e le procure da una massa cartacea altrettanto inutile. Aggiungo che non
dobbiamo dare l’impressione di perseguire soltanto o prevalentemente la carenza di
crediti formativi, tralasciando di porre attenzione alle infrazioni sostanziali. In
proposito andrebbero ben distinte le infrazioni di pericolo da quelle di danno, e ciò
in analogia con i reati di pericolo ed i reati di danno.
Esaminiamo la previsione prevista dal comma 10 e cioè l’apertura necessaria di
procedimento disciplinare per il professionista sottoposto a giudizio penale. Quando
un soggetto è sottoposto a giudizio penale?
Il Regolamento approvato dal CN il 18/19 marzo 2015 chiarisce (art. 7 co. 5) che
l’azione penale in oggetto si configura con “la richiesta di rinvio a giudizio”. Ma il
vero problema consiste nel comprendere l’esatto rapporto fra i due procedimenti.
Diamo per scontato che l’azione disciplinare non può che esaurirsi nei casi in cui il
fatto non sussiste, ovvero il professionista imputato non l’ha commesso. Se invece
il procedimento penale si conclude con il riconoscimento che il fatto non configura
un reato, questa conclusione deve portare il Consiglio di Disciplina ad esaminare se
siamo di fronte ad un’infrazione dei comportamenti ritenuti corretti, non così grave
da configurare reato, ma forse – e verisimilmente – tale da configurare un’infrazione
deontologica. Ma il punto più delicato, ai fini che qui ci occupano, è costituito dal
caso che il procedimento penale si concluda con la condanna del professionista
imputato.
E’ necessario a questo punto fare una digressione ed analizzare il problema del
ne
bis in idem.
L’art. 4 del Protocollo 7 della CEDU prevede quanto segue:
1. Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione
dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a
1
Relazione introduttiva presentata nel corso del Convegno: “Procure della Repubblica e Consigli di Disciplina: ambiti di intervento per il rispetto dei principi deontologici e il
contrasto alla criminalità economica”,tenutosi a Mestre il 27/2/2016.
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Presidente del Consiglio di Disciplina dell’ODCEC di Venezia
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