Il Commercialista Veneto n.230 (MAR/APR 2016) - page 28

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NUMERO 230 - MARZO / APRILE 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
di cooperazione a danno della propria riservatezza anche bancaria non è tanto per
motivi fiscali, ma soprattutto per problemi legati alla criminalità.
Ecco allora che un sistema antiriciclaggio efficiente accresce per il criminale il rischio
di essere intercettato e scoperto, aumenta il costo del riciclaggio fa diminuire i
profitti e, quindi, riduce la propensione a delinquere.
Stimare con sufficiente approssimazione l’entità delle ricchezze acquisite in modo
illecito è estremamente complesso, tuttavia, secondo studi “mirati”
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, il bilancio
della C.O. di stampo mafioso registra ricavi che oscillerebbero tra un minimo di 17,7
e un massimo di 33,7 miliardi di Euro con in testa il narcotraffico (in media 7,7 mld),
seguito dalle estorsioni (4,7 mld), dallo sfruttamento della prostituzione (4,6 mld) e
dalla contraffazione (4,5mld). Quest’ultima illecita attività, peraltro, poco considerata
e sottovalutata, in relazione ad altre tipologie di gravi reati, dovrebbe essere
particolarmente attenzionata per i gravi danni che provoca all’economia legale!
A questo punto vorrei
solo accennare ad un’altra pericolosissima attività
delinquenziale posta in essere dalla C.O. : quella della corruzione, che costituisce il
mezzo attraverso il quale la C.O. si infiltra negli apparati pubblici, ne condiziona le
scelte, ampliando la propria penetrazione nel tessuto economico e sociale a danno
della collettività. Nella comunità internazionale è diffusa la convinzione che
combattere il riciclaggio sia uno dei modi più efficaci per combattere la corruzione,
dal momento che l’azione antiriciclaggio, ostacolando il reimpiego dei proventi alla
corruzione, rende anche quest’ultima meno vantaggiosa.
Senza dimenticare che il GAFI ha ribadito la necessità di rinforzare i presidi anti-
riciclaggio nei confronti delle PEP (Persone Politicamente Esposte, nozione estesa
alle persone che rivestono cariche di alta responsabilità nazionale e internazionale).
Non è questa la sede per dilungarmi su questo aspetto, ma vorrei solo evidenziare
che i sistemi di penetrazione sono anche in queste ipotesi quasi sempre gli stessi
utilizzati per frodare il fisco (es: l’uso di società di comodo, di fatture per operazioni
inesistenti….). Lo scopo principale è quello di nascondere il titolare effettivo.
Si badi bene che spesso queste operazioni sono agevolate dalla presenza di
prestanome o di professionisti specializzati che abusano della riservatezza e del
segreto professionale per celare l’identità dell’effettivo titolare.
Come si vede si conferma ancora una volta che i sistemi per riciclare denaro hanno
alla base quasi sempre l’utilizzo dei classici metodi per frodare il fisco: esiste
stretta relazione tra corruzione - frode fiscale – riciclaggio.
Lo scenario sinteticamente esposto impone una seria e responsabile riflessione: se
è vero che le nostre Istituzioni stanno creando, unitamente agli altri Stati europei e
mondiali, un efficiente sistema antiriciclaggio, è compito di noi tutti, di voi tutti in
particolare, offrire il consapevole contributo, collaborando nello specifico settore
dell’ anti- riciclaggio.
La sfida alla C.O. può essere produttiva solo nella misura in cui ognuno nell’ambito
e nel rispetto delle proprie funzioni svolga la propria attività con la massima
responsabilità, nella cognizione che nel caso in cui le informazioni acquisite, oltre
ad essere sempre disponibili a richiesta delle Autorità di vigilanza e controllo, siano
idonee a dar luogo ad una segnalazione sospetta, potranno costituire base per
svolgere (UIF, DIA, Nucleo Speciale PV, G.d.F., etc.) analisi ed investigazioni per
combattere le organizzazioni criminali ed aggredire i loro ingenti patrimoni
illecitamente formati.
In questo senso l’azione di professionisti competenti e preparati come voi può
essere molto utile: quanto richiesto ai professionisti deve far emergere la
consapevolezza di svolgere un compito, oserei dire, altamente etico dal punto di
vista sociale.
3.
Principali obblighi dei Professionisti
Fatta questa premessa, che evidenzia un quadro preoccupante che vede nel riciclaggio
uno strumento utilizzato dalla C.O. per ripulire le ricchezze illecitamente accumulate,
mi soffermerò su alcuni aspetti che riguardano gli obblighi dei commercialisti.
Ma prima vorrei citare la IV direttiva antiriciclaggio (UE)2015/849, che ha apportato
modifiche alla III Direttiva, i cui contenuti, come è noto, sono stati introdotti
nell’ordinamento italiano con il D. Lgs. n. 231/2007.
Il recepimento della Direttiva, che abroga le direttive precedenti a far data dal
26.06.2017, dovrà giocoforza avvenire entro tale data, con la conseguente modifica
dell’attuale decreto 231 del 2007.
Accennerò, parlando degli adempimenti principali, ad alcune novità che sono
contenute nella nuova direttiva comunitaria.
Comincerò con la collaborazione attiva.
L’art. 3 della legge 231 (Principi generali) richiama un concetto fondamentale per la
lotta al riciclaggio: quello cioè della
collaborazione attiva
da parte dei destinatari
delle disposizioni,
i quali devono adottare idonei sistemi e procedure in materia :
- di obblighi di adeguata verifica della clientela,
- di segnalazioni sospette,
- di conservazione dei documenti,
- di controllo interno,
- di valutazione e di gestione del rischio,
- di garanzia dell’osservanza delle disposizioni pertinenti,
- di comunicazione,
per prevenire ed impedire la realizzazione di operazioni di riciclaggio.
Trattasi di una serie di attività che sono unite da un filo unitario, perché il
professionista deve sapere che la lotta al riciclaggio passa per un complesso di atti,
registrazioni, dati in un susseguirsi dinamico nel tempo, che necessitano di una
struttura, di una organizzazione e di una formazione idonea, per prevenire il riciclaggio:
ciò significa che il professionista deve valutare se una operazione possa ipotizzare
un’attività di riciclaggio e questa valutazione deve costituire una costante nel
rapporto con i clienti.
Ecco la necessità di dotarsi anche di strumenti utili per assolvere bene il compito
assegnato, nell’ambito di quella collaborazione attiva tra gli attori anti-riciclaggio
che deve essere consapevolmente tenuta presente nell’esercizio della propria
professione.
Passo ora a parlare del segreto
d’ufficio (art 9 del D. Lgs. 231) e della tutela alla
riservatezza dell’identità del segnalante. Le informazioni in possesso della UIF e
delle altre Autorità di vigilanza e degli ordini professionali sono coperte dal segreto
d’ufficio (fermo restando lo scambio delle informazioni nei circuiti interni
nell’ambito della reciproca collaborazione e tenuto conto di specifiche deroghe,
come quella prevista per l’A.G.).
Io però vorrei soffermarmi sulla riservatezza dell’identità del segnalante.Al riguardo
alle unità operative sono state fornite, nel tempo, puntuali disposizioni circa il
rispetto di tali prescrizioni.
In particolare è stato stabilito che nelle richieste istruttorie inviate a terzi sia sempre
evitato qualsiasi riferimento all’esistenza di una segnalazione di operazioni sospette;
analogamente deve avvenire nelle comunicazioni con l’Autorità Giudiziaria, salvo
nei casi in cui venga emesso un decreto motivato ai sensi dell’art. 45 comma 7 del D.
Lgs. 231/2007.
In questa prospettiva, un importante contributo è stato fornito dalle iniziative
assunte a livello centrale dal Consiglio Nazionale Notai con la firma di uno specifico
protocollo in materia, con cui è stata riconosciuta all’ordine professionale la funzione
di tramite delle segnalazioni inviate dai notai alla medesima Unità e delle eventuali
successive richieste di approfondimento formulate dalla predetta Autorità di
Vigilanza e dagli organi investigativi.
L’interposizione del CNN ha reso, infatti, meno problematico l’adempimento degli
obblighi segnaletici garantendo l’inoltro delle segnalazioni di operazioni sospette in
forma totalmente impersonale e attraverso un canale protetto. Considerata
l’importanza del protocollo, sarebbe molto utile che anche l’Ordine dei
commercialisti approfondisse la possibilità di stipulare un simile protocollo che
costituirebbe, a parer mio, un filtro di
sicurezza
per garantire una maggiore serenità,
efficienza per operare in un campo così delicato.
Attenzione, poi: occorre tener conto che oggi è fondamentale un approccio di tipo
collaborativo che deve spingere tutti a svolgere la loro attività, approfondendo le
situazioni più delicate e quindi ad essere sempre disponibili, se necessario, a chiedere
precisazioni, chiarimenti per i molteplici casi che si possono presentare.
Avere il proprio Ordine Professionale come filtro può assumere una importanza
fondamentale. Un protocollo che sia stipulato con l’Autorità competente
,
oltre che
a costituire un filtro, favorirebbe forme di collaborazione e di consulenza e garantirebbe
altresì una maggiore riservatezza nel mantenere l’anonimato (pensiamo ad una
segnalazione inviata da un piccolo studio professionale!)
Affronto ora, brevemente, l’adempimento che ritengo fondamentale: l’adeguata
verifica della clientela (artt. 16, 18, 19 del D. Lgs. 321), il quale è assolto
commisurandolo al rischio associato al tipo di cliente (è un cliente nuovo? È un
rapporto continuativo? Quale tipo di prestazione professionale viene richiesta?
Con quali modalità? E’ titolare effettivo della prestazione richiesta?..)
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La gran parte delle anomalie possono emergere proprio in questa fase quando cioè
si deve procedere alla verifica dei dati del cliente. Sappiamo infatti che la C.O. per
riciclare proventi illeciti costruisce entità complesse, vere
holding
del crimine con
sedi in vari Stati, o si serve di terzi per concludere affari, spesso prestanome
.
Nella valutazione del rischio occorre tener conto di tutti i criteri idonei
a fotografare
il cliente
(natura giuridica, attività svolta, comportamento tenuto, area geografica di
provenienza, se rappresentato da terzi…..) e
l’operazione richiesta
(tipo di
operazione, area di destinazione, valore della operazione …..).
L’identificazione si deve basare su dati o informazioni certe (fonte affidabile o
indipendente). Ho accennato prima come la C.O. tenda sempre a evitare di consentire
la ricostruzione dei movimenti finanziari; per questo è necessario essere scrupolosi
nella raccolta dei dati (non dare mai nulla per scontato soprattutto quando, trattandosi
di nuovi clienti, dovessero sorgere elementi poco chiari !): raccolta dei dati che il
professionista deve svolgere attingendo con scrupolosa attenzione, a seconda del
cliente, alle varie fonti accessibili, oltre che sui dati forniti dal cliente stesso, che nei
casi dubbi andranno possibilmente accertati e confermati presso pubblici uffici.
Parlando in generale di questa attenzione che tutti gli intermediari e professionisti
devono avere nella adeguata verifica, sottolineo che la diffusione del riciclaggio e
della corruzione da parte anche della C.O. è spesso favorita da una insoddisfacente
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Fonte: Rapporto Transcrime.
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Gli obblighi di adeguata verifica della clientela e di registrazione non sussistono (art 12 del decreto 231) in relazione allo svolgimento della mera attività di redazione e/o
trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale (legge n. 12/1979); l’obbligo di segnalazione di
operazioni sospette non si applica, oltre che ai notai ed altri soggetti specificatamente indicati sempre dall’art 12 (e quindi anche ai commercialisti) per le informazioni che
ricevono da un cliente o ottengono riguardo allo stesso, nel corso dell’esame della posizione giuridica o nell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza in un
procedimento giudiziario, compresa attività di consulenza.
Importanza e responsabilità
dei Dottori Commercialisti
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SEGUE A PAGINA 29
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