Il Commercialista Veneto n.229 (GEN/FEB 2016) - page 10

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NUMERO 229 - GENNAIO / FEBBRAIO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
Il diritto al contraddittorio
nel procedimento accertativo
SEGUE A PAGINA 11
SENTENZE
CLAUDIO POLVERINO
Ordine di Gorizia
A
SEGUITO DELLA SENTENZA
emessa dalle Sezioni Unite della
Cassazione, con la recente
pronuncia n. 24823/2015, in materia
di diritto al contraddittorio del contribuente nel
procedimento accertativo tributario, la situazione
della
vexata quaestio
della valenza di tale presidio
nel caso delle cosiddette
verifiche a tavolino
,
anziché chiarirsi, sembra essersi fatta se possibile
ancor più confusa.
Dopo due arresti (Cass. SS. UU. n. 18184/2013 e
n. 19667/2014), con i quali i giudici di legittimità
avevano con chiarezza affermato l’immanenza di
tale principio e la sua validità per tutte le attività
verificatorie, peraltro conformandosi al giudizio
reso della Suprema Corte CE con la ormai nota
sentenza
Sopropè
(Decisione della Corte di
Giustizia CE, del 18 dicembre 2008, C-349/07),
nonché dopo l’intervento della stessa Corte
Costituzionale che, con la sent. n. 132/2015, aveva
esteso il diritto al contraddittorio dalle specifiche
fattispecie elusive ex art. 37 bis D.P.R. 600/73 a
tutte le ipotesi abusive di matrice
giurisprudenziale, la Suprema Corte sembra fare
un inspiegabile passo indietro, laddove afferma
che: “
Differentemente dal diritto dell’Unione
europea, il diritto nazionale, allo stato della
legislazione, non pone in capo all’Amministrazione
fiscale che si accinga ad adottare un
provvedimento lesivo dei diritti del contribuente,
in assenza di specifica prescrizione, un
generalizzato obbligo di contraddittorio
endoprocedimentale, comportante, in caso di
violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che,
in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo
dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio
endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto,
sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi,
per le quali siffatto obbligo risulti specificamente
sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”,
avendo luogo la diretta applicazione del diritto
dell’Unione, la violazione dell’obbligo del
contraddittorio endoprocedimentale da parte
dell’Amministrazione comporta in ogni caso,
anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto
”.
Su tale affermazione è già stato osservato come
la stessa possa portare ad effetti paradossali in
caso di accertamento (
a tavolino
o meno) di
imposte dirette ed IVA basato su medesimi fatti
(ved. ad es. CTR del Piemonte, sent. n. 126/1/16,
la quale estende l’illegittimità dell’accertamento
IVAper violazione del contraddittorio anche alle
imposte nazionali <<
stante l’unicità dei fatti,
anche ai fini delle altre due imposte, pena la
formazione di un avviso di accertamento in cui
al tempo stesso a fronte degli stessi fatti alcune
imposte sono richieste al contribuente ed altre
no
>>); in questa sede, si vuole invece dimostrare
come la conclusione dei supremi giudici si ponga
addirittura in contrasto con il dato letterale della
norma di riferimento, e cioè con l’art. 12 della
Legge n. 212/2000 (Statuto dei Diritti del
Contribuente).
Di ciò ci fornisce conferma,
in primis
, proprio la
rubrica dell’art. 12 dellaLegge n. 212/2000 (Statuto
parte della normativa tra verifica “interna” –
cosiddetta “a tavolino” – e verifica
“esterna”
>>).
Al comma 1 del suddetto art. 12, poi, si consideri
come il legislatore preveda che: “
Tutti gli accessi,
ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati
all’esercizio di attività commerciali, industriali,
agricole, artistiche o professionali sono
effettuati sulla base di esigenze effettive di
indagine e controllo sul luogo
”, così intendendo
stabilire la regola generale che le predette attività
si tengano, per quanto possibile, al di fuori di tali
luoghi all’evidente fine di creare al contribuente
il minor disagio possibile, salva la sussistenza,
dei diritti del contribuente), la quale è intitolata
<
Diritti e garanzie del contribuente
sottoposto
a verifiche fiscali
> e non già, come dovrebbe
essere se la tesi contraria fosse corretta, <
Diritti
e garanzie del contribuente
sottoposto a accessi,
ispezioni e verifiche fiscali
>. Cioè a dire che le
garanzie dettate dal summenzionato art. 12 sono
estese a tutte le predette attività, salve alcune
delimitazioni eccezionali riguardanti quelle svolte
presso i locali del soggetto verificato in occasione
di accessi o ispezioni (ved., sul punto, C.T.R. di
Bari, Sent. n. 2495/5/15 del 25-11-2015, la quale
osserva che: <<
l’orientamento dei Giudici di
legittimità – espresso con le sentt. n. 18906/
2011, 16999/2012, SS.UU. 18184/2013 e 7843/
2015 – trova il suo fondamento in
considerazione della genericità del termine
“verifica” e dell’insussistenza di distinzioni da
appunto, di “
esigenze effettive di indagine e
controllo sul luogo
”.
La stessa esigenza di limitare al minimo il disagio
per il soggetto sottoposto a verifica, qualora
l’accesso nei suoi locali si renda inevitabile, può
poi trovarsi nelle disposizioni contenute nei
commi 3 e 5 del medesimo art. 12, che consentono
al contribuente di chiedere che l’esame dei
documenti amministrativi e contabili possa essere
effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il
professionista che lo assiste o rappresenta e che
la permanenza degli operatori civili o militari
dell’amministrazione finanziaria, dovuta a
verifiche presso la sede del contribuente, non
possa superare i trenta giorni lavorativi,
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