Il Commercialista Veneto n.229 (GEN/FEB 2016) - page 7

NUMERO 229 - GENNAIO / FEBBRAIO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
in cui l’entità aziendale appartenga ad un soggetto giuridico in liquidazione.
La valutazione di un’entità aziendale
nella prospettiva di liquidazione
(principio III.1.9) presuppone invece che essa “
cessi le proprie attività e
che i suoi beni vengano ceduti singolarmente o in gruppi in relazione
alle opportunità di mercato e alle esigenze di liquidazione
”.
I PIV prevedono due fattispecie di liquidazione:
forzata
o
ordinaria
(principio III.1.10).
La
liquidazione forzata
si verifica quando è necessario concludere il
processo di liquidazione nel più breve tempo possibile senza adeguata
commercializzazione e il venditore si trova nelle condizioni di massima
debolezza contrattuale. In questo contesto il prezzo ha solo incidentalmente
una relazione con il valore di mercato o qualsiasi altra configurazione di
valore.
Nella
liquidazione ordinaria
, invece, il tempo consente di ottenere il
migliore realizzo e l’esperto dovrà assumere quale data di riferimento il
termine del periodo di liquidazione.
2.3 Le metodiche di valutazione
I PIV prevedono cinque gruppi di criteri riconosciuti per la valutazione
delle aziende che derivano dai tre approcci di base dei procedimenti valutativi
indicati nel
Conceptual Framework
(principio I.14.2)
1
:
1)
i criteri patrimoniali;
2)
i criteri reddituali;
3)
i criteri che esplicitano la creazione di valore;
4)
i criteri finanziari;
5)
i criteri comparativi di mercato.
Viene espressamente indicato di evitare l’adozione di metodi alternativi
privi di validazione scientifica, quali ad esempio procedimenti empirici.
Prima di entrare nel merito dei diversi criteri per la valutazione delle aziende,
alla cui lettura si rinvia (principi III.1.28-41), i PIV analizzano una serie di
caratteristiche peculiari dell’unità di valutazione “azienda” che possono
influenzare l’intero processo valutativo e in particolare la scelta delle
metodiche di valutazione.
Identificazione dell’azienda o del ramo d’azienda
. L’esperto dovrà
verificare, se non evidente dal contesto, la presenza o meno dell’azienda o
ramo d’azienda come solitamente accade nell’ambito di operazioni di
conferimento e di scissione o nell’ambito dei gruppi aziendali (principio
III.1.12). In questo ultimo caso e nelle realtà aziendali complesse la
valutazione va strutturata per somma di parti, salvo che la presenza di forti
interconnessioni tra le singole aree renda opportuna anche una valutazione
su base consolidata (principio III.1.13).
Valuta di riferimento
. La valutazione deve essere effettuata nella
valuta dell’ambiente economico prevalente in cui l’entità aziendale opera
(principio III.1.20), normalmente quello in cui essa genera e impiega le
disponibilità liquide. Se un’entità aziendale svolge delle operazioni
economiche in una o più valute estere è necessario indicare i criteri di
conversione che riguarderanno i flussi (economici e finanziari), le poste
patrimoniali facenti parte del patrimonio dell’entità aziendale (principio
III.1.21). La valutazione di società controllate, collegate,
joint venture
o
filiali di un’entità aziendale (“gestioni estere”) devono essere eseguite nella
loro valuta funzionale con la successiva traduzione nella valuta funzionale
dell’entità aziendale al tasso di cambio a pronti alla data di riferimento della
valutazione (principio III.1.22).
Surplus asset o passività estranee
. Qualora vi siano
surplus asset
o
passività estranee alla gestione caratteristica aziendale, saranno oggetto
di stima separata, da effettuarsi con criteri
ad hoc
ed al netto del carico
fiscale applicabile in caso di alienazione (principi III.1.14 e III.1.47-48). La
corretta individuazione e separata valutazione dei
surplus asset
contribuisce
a rendere il processo di valutazione più trasparente ed evita duplicazioni di
stima altrimenti possibili. Va comunque ricordato che l’esclusione di alcuni
elementi dal nucleo centrale della valutazione in alcuni casi può essere
motivata non dalla loro estraneità alla gestione bensì da esigenze di
applicazione dei procedimenti di stima, come ad esempio avviene nelle
valutazioni comparative per poter disporre di multipli più omogenei.
Le prospettive di valutazione
. La valutazione di un’azienda (diversa
dagli intermediari finanziari) può essere condotta con riferimento al suo
capitale netto (
equity side
) o al suo capitale operativo investito (
asset
side
), prescindendo così dall’indebitamento finanziario (principio III.1.15).
In genere sono preferite le valutazioni
asset side
, per l’idea che il valore sia
essenzialmente legato ai flussi operativi e per esigenze pratiche oltre che di
semplicità, non dovendo considerare la dinamica delle variabili finanziarie
nella stima dei flussi prospettici. Considerato comunque che la realtà oggetto
di stima rimane la medesima, le due valutazioni devono dimostrare reciproca
coerenza, garantita da una corretta stima del costo medio ponderato del
capitale.
L’esperto, dunque, nella selezione del metodo o metodi di valutazione dovrà
formulare scelte motivate e coerenti con le caratteristiche dell’azienda, la
configurazione di valore ricercata, le finalità della stima e la base informativa
disponibile (principio III.1.16) evitando, però, aggregazioni di metodi che
non esprimono un razionale percorso valutativo e che di fatto molte volte
rendono la sintesi valutativa arbitraria. Se ricorre ad un metodo principale
accompagnato da uno di controllo, l’esperto dovrà avere cura di chiarirne
i rispettivi ruoli nella costruzione della sintesi valutativa conclusiva, senza
ricorrere alle considerazioni generiche spesso riscontrabili nella prassi.
Andranno inoltre precisate le condizioni aziendali cui la valutazione si
riferisce (principio III.1.18): il valore in atto di un’azienda nelle condizioni di
gestione esistenti è evidentemente diverso dal suo valore potenziale in
presenza di un utilizzo attuale non ottimale
2
.
L’esperto dovrà anche verificare se l’adozione di un orizzonte temporale
illimitato per la valutazione delle aziende sia un’ipotesi realistica (principio
III.1.17). In caso contrario dovrà segnalare i criteri utilizzati per la
delimitazione dell’orizzonte temporale oltre alla sua individuazione (si pensi
ad esempio alle aziende che utilizzano una concessione o un diritto d’uso
o sono legate a persone chiave).
Infine, i PIV richiamano la necessità di formulare una sintesi razionale delle
indicazioni di valore ottenute dai diversi metodi eventualmente utilizzati;
non vanno effettuate ad esempio medie di valori molto dispersi ed è da
evitare anche l’adozione di “
range
” molto ampi: nel commento al principio
III.1.42 viene indicata ragionevole un’oscillazione in aumento e diminuzione
del 10-15% attorno al valore puntuale.
2.4 L’esame dei flussi prospettici in relazione alla tipologia di incarico
I PIV dedicano particolare attenzione ai flussi prospettici dell’entità
aziendale. L’esperto è chiamato ad una analisi del piano che li determina,
ma la profondità dell’esame differisce a seconda della tipologia di incarico
di valutazione.
Nel caso di un incarico di
valutazione
l’esperto dovrà verificare la
ragionevolezza complessiva del piano adottato per la determinazione dei
flussi attesi, arrivando se necessario anche ad integrarlo, con specifiche
motivazioni (principio III.1.24).
I PIV elencano una serie di fattori che l’esperto, anche mediante un confronto
con il
management
, dovrà considerare per esprimersi in merito alla
ragionevolezza del piano tra cui: le finalità del piano, le capacità dell’azienda
in materia di gestione programmata, le caratteristiche dell’attività svolta, la
coerenza strategica del piano, la sua adeguatezza tecnica, la ragionevolezza
di ipotesi e stime e la plausibilità dei risultati medio-normali attesi e la loro
effettiva sostenibilità, la ragionevolezza dei rischi impliciti rispetto alla realtà
aziendale e del settore di appartenenza.
Va ricordato che l’analisi compiuta dall’esperto non è un’attestazione
prevista da ISAE 3400. Se tale attestazione dovesse essere richiesta dal
mandato o da norme e regolamenti può essere compiuta anche da un
soggetto diverso dall’esperto.
In caso di un giudizio non pienamente favorevole sul piano, l’esperto potrà
integrare i flussi o in alternativa incrementare il premio per il rischio da
adottare nel tasso di attualizzazione. Considerata la natura complessa del
processo di pianificazione, i PIV ricordano comunque che il
management
rimane responsabile della veridicità dell’informazione prospettica.
In presenza invece di un incarico che prevede la redazione di un
parere
valutativo
i PIV prevedono che l’esperto debba “
procedere all’analisi
della base informativa prospettica messa a disposizione del committente
al fine di: 1) individuare il percorso metodologico da approntare e 2)
comprendere la natura dell’attività ed il modello di business dell’entità
oggetto di valutazione
” (principio III.1.25). L’esperto può non esprimersi
sulla complessiva ragionevolezza del pianoma non deve comunque esimersi
dall’esprimere un giudizio sulla completezza e accuratezza delle ipotesi poste
a fondamento dell’informazione prospettica al fine di comprendere se poterla
La valutazione delle aziende
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SEGUE A PAGINA 8
1
Si tratta della metodica del costo (criteri patrimoniali), dei risultati attesi (criteri reddituali, criteri finanziari) o del mercato (criteri comparativi di mercato, o una combinazione
tra le metodiche del costo e del reddito (criteri che esplicitano la creazione di valore).
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E’ il caso anche di una azienda in perdita, il cui valore dipende in misura considerevole dalle ipotesi sulla sua autonoma capacità di ripresa o relative all’esigenza di un soccorso
esterno per completare la fase di recupero.
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