Il Commercialista Veneto n.229 (GEN/FEB 2016) - page 8

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NUMERO 229 - GENNAIO / FEBBRAIO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
utilizzare o meno ai fini della stima e di valutarne i rischi connessi.
Se la tipologia di incarico è un
parere di congruità finanziaria
l’esperto
dovrà analizzare la base informativa prospettica con le stesse finalità del
parere valutativo ma non dovrà esprimere un giudizio sull’accuratezza e
completezza delle ipotesi alla base dell’informazione prospettica (principio
III.I.26).
Nel caso in cui l’esperto non disponga di un piano prospettico redatto
dall’azienda ed è pertanto costretto a procedere direttamente previsione
dei flussi di risultato utilizzando le informazioni disponibili, deve indicare
con chiarezza la natura ipotetica delle elaborazioni svolte e precisare le
ipotesi su cui si basano, segnalando gli elementi di sostegno disponibili
(principio III.1.27).
I PIV ricordano un caso particolare di stima diretta dei flussi di risultato
prospettici cioè quando l’azienda è in condizioni stabilizzate e quindi
l’esperto ha la possibilità di utilizzare nella stima i risultati ottenuti nel
recente passato, ovviamente sottoposti ad una idonea normalizzazione.
2.5 La scelta dei tassi di attualizzazione nelle valutazioni di aziende
Per la determinazione dei tassi di attualizzazione nell’ambito delle valutazioni
di aziende i PIV richiamano i principi generali contenuti nel
Conceptual
Framework
(I.19).
Il principio III.1.43 prevede che l’esperto debba precisare in ottica di
trasparenza informativa “
i percorsi di metodo seguiti e le fonti di cui si è
avvalso per la determinazione dei tassi utilizzati nelle valutazioni,
indicando le ragioni delle proprie scelte.
”.
In merito alla determinazione del costo dei mezzi propri, i PIV chiariscono
che normalmente è utilizzato il
Capital Asset Pricing Model
(CAPM). Le
ipotesi sulle quali è basato tale modello devono essere oggetto di verifica
da parte dell’esperto, ed eventuali correttivi apportati, come peraltro l’utilizzo
di altri modelli, devono essere segnalati (principio III.1.44). A tal proposito
i PIV ricordano che l’abbandono del CAPM, e della ricca base informativa
necessaria per il suo utilizzo, può ridurre il grado di oggettività e di
dimostrabilità della valutazione.
Nell’applicazione del CAPM l’esperto deve porre la massima attenzione
nella determinazione delle tre variabili fondamentali,
risk free rate
, il premio
di rischio per il mercato e il coefficiente beta, che devono essere coerenti
con il contesto, il mercato e le caratteristiche dell’azienda (principio III.1.45).
I PIV individuano sostanzialmente tre problematiche:
a.
la corretta determinazione del rischio paese
che deve essere incluso
alternativamente nelle tre variabili fondamentali;
b.
la selezione del premio per il rischio di mercato
che deve tener
conto della sua interdipendenza con il
risk free rate
;
c.
l’individuazione dell’appropriato coefficiente beta
che richiede
l’esame di un campione di società comparabili la cui selezione deve essere
compiuta con le stesse attenzioni tipiche delle valutazioni comparative con
particolare riferimento, ovviamente, della confrontabilità del profilo di rischio.
I PIV ricordano infine che il costo dei mezzi propri ottenuto con il CAPM
può essere incrementato di un fattore “
alfa
” che esprime un rischio specifico
dell’azienda oggetto di valutazione (rischi competitivi, di business e tecnici),
verificando di non aver già considerato tale rischio nella determinazione
dei flussi di risultato.
3. La valutazione di aziende in particolari contesti
La seconda sezione della Parte terza dei PIV approfondisce la valutazione
di aziende in ambiti particolari.
Nel caso di
società quotate
i principi ricordano la necessità di riconciliare
i prezzi di borsa con le stime effettuate conmetodi alternativi, la cui adozione
può essere ad esempio giustificata dalla mancata coerenza tra la
configurazione di valore rilevante per l’incarico ricevuto e il valore espresso
dal mercato o dalla presenza di condizioni che limitano la significatività dei
prezzi che il mercato esprime (principi III.2.1-2).
I dati desumibili dal mercato azionario possono comunque fornire indicazioni
utili anche nella valutazione di
società non quotate
, nel caso di utilizzo
della metodica di mercato o nella costruzione di tassi, premi e sconti. Il
principio III.2.3 ricorda che per farlo correttamente è necessario la presenza
di società comparabili e la sussistenza di condizioni che consentano di
giudicare coerente il valore espresso dal mercato di borsa con la definizione
di valore adottata dall’esperto.
I PIV ricordano che nel contesto di stima di un’azienda, quotata e non, il
fattore dimensionale è rilevante in quanto può influenzare l’esposizione al
rischio, sia sistematico sia specifico (ad esempio per una maggiore
concentrazione della clientela o dei fattori di successo dell’azienda in una
o poche persone) e la disponibilità di piani formalizzati e di strutture
organizzative adeguate (principio III.2.4).
4. Interessenze partecipative
Un aspetto molto interessante connesso alle valutazioni d’azienda è
rappresentato dalle interessenze partecipative alle quali i PIV dedicano la
terza sezione della Parte terza.
Le
interessenze partecipative
rappresentano un pacchetto di azioni o di
quote di un’azienda inferiore alla totalità e maggiore di una singola azione
o quota (principio III.3.1). Una definizione molto ampia, che riflette come
ciascuna partecipazione si caratterizzi per uno specifico profilo di
rendimento, di rischio e per propri diritti accessori.
Nella stima di una partecipazione l’unità di valutazione è diversa sia dal
complesso aziendale sia dal singolo titolo azionario. Il suo valore può quindi
differire dalla somma del valore dei singoli titoli che lo compongono e il
valore dell’intera azienda può risultare diverso dalla somma dei valori delle
singole interessenze partecipative. Infatti i benefici generati dall’impresa non
sono divisibili su base proporzionale ed i rischi non sono i medesimi per le
diverse categorie di azioni. Aciò si aggiunge il fatto che le informazioni a cui
hanno accesso gli azionisti non sono eguali e simmetriche (principio III.3.3).
I PIV suddividono le partecipazioni in cinque diverse categorie: interessenze
partecipative di controllo strategico, di controllo finanziario, di minoranza
in società a proprietà contendibile, di minoranza in società con titoli diffusi
fra il pubblico e di minoranza in società prive di mercato attivo.
La classificazione di una partecipazione può tuttavia risultare complessa
con particolare riferimento alle diverse gradazioni che può assumere il
controllo, la sua contendibilità e la liquidità.
Il valore della partecipazione andrà solitamente determinato a partire dal
valore riferito all’intera azienda stimato sulla base degli specifici benefici,
rischi e informazioni disponibili per la categoria di investitore definito
dall’interessenza applicando poi la percentuale di partecipazione (principio
III.3.5).
Il principio III.3.8 identifica 5 principali livelli di valori caratterizzati da
differenti set di benefici, rischi e informazioni disponibili:
1)
valore di controllo strategico (set a disposizione da un azionista
strategico che detiene il controllo);
2)
valore di controllo finanziario (set a disposizione di un azionista
finanziario che detiene il controllo);
3)
valore di minoranza di una società a proprietà contendibile con titoli
scambiati su un mercato attivo (set a disposizione di un azionista di
minoranza di una società che può subire un ricambio di proprietà);
4)
valore di minoranza di una società bloccata con titoli scambiati su
un mercato attivo (set a disposizione di un azionista di minoranza di una
società che non può subire un ricambio di proprietà se non per volontà
dell’attuale azionista di controllo);
5)
valore di minoranza di una società per la quale non esiste un mercato
attivo di titoli azionari (set a disposizione di un azionista di minoranza di
una società non quotata o priva di un mercato attivo).
Le tipologie di livello di valore, ricordano i PIV, costituiscono solo situazioni
indicative e uno stesso livello di valore può assumere diverse configurazioni
di valore in relazione alle finalità della valutazione.
5. Premi e sconti nella valutazione di azienda, di interessenze
partecipative, di singoli titoli azionari
I PIVdedicano ai premi e sconti nelle valutazioni d’azienda e di partecipazioni
la quarta sezione della Parte terza.
I
premi e sconti
rappresentano le rettifiche, per lo più espresse in forma di
scarto percentuale, applicate ad un livello di valore per giungere ad un livello
diverso di valore o per trasformare una configurazione di valore, passando
ad esempio dal valore intrinseco a quello di mercato (principio III.4.1).
Trattandosi di aggiustamenti desunti dai prezzi di mercato sono utilizzabili
solamente se la configurazione di valore da stimare è un valore di mercato.
L’esperto deve specificare le fonti, i criteri di selezione dei premi e sconti
che ritiene opportuno applicare nella stima e il livello di valore a cui si
riferiscono (principi III.4.3-4). I PIV ricordano che è sconsigliabile utilizzare
medie di premi e/o sconti quando il coefficiente di variazione di tali medie è
molto elevato in quanto le ragioni economiche degli sconti e premi sono
correlate alla specifica transazione e non estendibili ad altre transazioni.
L’applicazione di
premi
va evitata quando sia possibile stimare
direttamente il corretto livello di valore, in quanto i premi esprimono le
differenze nei benefici, rischi e informazioni disponibili che qualificano
ciascuna base di valore e che l’esperto dovrebbe essere in grado di
verificare autonomamente. L’applicazione di
sconti
, invece, è più difficile
da evitare perché spesso è sostitutiva di aggiustamenti discrezionali nel
saggio di attualizzazione da parte dell’esperto al fine della stima del livello
di valore appropriato (principi III.4.6-7).
SEGUE DA PAGINA 7
La valutazione delle aziende
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