Il Commercialista Veneto n.231 (MAG/GIU 2016) - page 20

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NUMERO 231 - MAGGIO / GIUGNO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
MARCO ORLANDI
Ordine di Treviso
Intangibles
e capitale intellettuale:
il
knowledge capital
ECONOMIAAZIENDALE
1. Il monitoraggio delle informazioni non finanziarie e delle risorse intangibili
Per competere efficacemente sul mercato e ottenere dei vantaggi competitivi
duraturi nel tempo occorre saper gestire non solo le risorse materiali o finanziarie
a disposizione, che sono sempre limitate, ma soprattutto le attività intangibili od
immateriali. I beni intangibili sono risorse non fisiche, che si possono suddividere
principalmente in quattro categorie:
-
capitale umano (ad es. competenze personale dipendente e manageriali,
know-how
che può essere codificato oppure incorporato o tacito);
-
proprietà intellettuale (come invenzioni industriali, brevetti, marchi,
know-how
, software e programmi tutelati legalmente);
-
capitale organizzativo o strutturale (processi gestionali, modelli orga-
nizzativi, sistemi informativi aziendali, tecnologia disponibile);
-
capitale relazionale (in particolare, immagine aziendale e reputazione;
rapporti con la clientela e gli
stakeholders
; marketing; forza del brand).
I beni intangibili si possono anche così classificare ai fini economico-aziendali:
-
intangibili specifici (ad es. brevetti, marchi,
know-how
industriale), cioè
dotati di una propria identificabilità e tutela giuridica, aventi una utilità pluriennale
per l’azienda e costituenti beni cedibili a terzi;
-
oppure generici (ad es. l’avviamento o
goodwill
, i costi di ricerca e
sviluppo, le spese di pubblicità), che non hanno le caratteristiche di cui sopra, non
essendo separabili dall’azienda;
-
i beni intangibili possono avere, inoltre, una durata determinata oppure
indeterminata, in relazione al periodo di utilità previsto nel contesto aziendale.
Stimare e valutare correttamente i beni intangibili è particolarmente utile non
solo per la corretta formazione del bilancio, in base ai principi contabili nazionali
ed internazionali, ma anche per poter misurare in modo adeguato le performance
economiche e a scopo di informazione volontaria o extra-contabile.
I beni intangibili possono essere acquisiti all’esterno (pagando un prezzo o costo
di acquisizione) oppure possono essere generati internamente. La valutazione
autonoma (o capitalizzazione) dei beni immateriali o intangibili è possibile alla
condizione che i beni stessi possiedano:
- un’utilità pluriennale misurabile;
- siano trasferibili o cedibili a terzi (derivazione da diritti contrattuali o legali).
Gli intangibili acquisiti vengono contabilizzati in base al loro prezzo di acquisizione
e, secondo i principi contabili internazionali IAS, sono soggetti ad ammortamento
se hanno una vita utile definita o all’
Impairment test
annuale se la loro durata è
indeterminata (in questo caso non possono essere ammortizzati).
Più precisamente, con l’
impairment Test
si verifica annualmente il valore del
go-
odwill
(o avviamento) e degli intangibili specifici di durata indeterminata (come
ad es. i marchi), al fine di ridurne, se del caso, il relativo valore contabile che non
può mai superare il valore realizzabile o recuperabile dell’attività: ove non si ve-
rifichino queste condizioni, cioè il valore contabile superi il valore recuperabile,
occorre, pertanto, imputare a conto economico una
perdita
al fine di evidenziare
la riduzione intervenuta nel valore corrente rispetto al valore contabile.
2.
La stima dei beni intangibili: obiettivi e finalità
Stimare e valutare correttamente i beni intangibili è di fondamentale importanza
per una serie di motivi:
- per misurare in modo adeguato la performance
economica (risultato economico
di periodo confrontato con quello contabile);
- per la valutazione delle effettive attività patrimoniali a disposizione delle aziende;
- per la corretta formazione del bilancio in base ai principi contabili nazionali ed
internazionali;
- per la determinazione del capitale economico aziendale in caso di operazioni
straordinarie (cessioni-conferimenti d’azienda, scissioni-fusioni societarie);
- a scopo di informazione volontaria o extra-contabile.
Il bilancio del capitale intellettuale, nella cosiddetta società della conoscenza,
rappresenta uno strumento di lavoro essenziale ed utile per le imprese, che do-
vrebbe essere maggiormente approfondito e utilizzato dai manager. A parere di chi
scrive è, dunque, necessario introdurre e diffondere il più ampiamente possibile le
tematiche economico-aziendali connesse alla gestione, alla contabilizzazione, alla
rappresentazione, alla valutazione ed alla comunicazione economico-finanziaria
del capitale intangibile (avvalendosi anche di appositi indicatori). Per governare
e gestire il cambiamento è importante sviluppare il know-how e la conoscenza,
incrementando, al contempo, la formazione del capitale umano, che rappresenta
una delle leve fondamentali del business e dei processi di crescita aziendale.
Per fare un esempio, il gruppo assicurativo svedese SKANDIA ha già da diverso
tempo sperimentato una serie di strumenti per la valutazione e la misurazione del
capitale intellettuale, che si può scomporre nello schema sopra riportato (cosiddetto
Skandia Value Scheme
”).
È necessario, però, evitare di duplicare valori e asset, soprattutto nell’ipotesi in cui
si proceda ad una separazione degli intangibili in numerose classi distintive, errore
che potrebbe generare una sopravvalutazione di alcune attività immateriali aventi
natura ibrida, o caratteristiche in parte comuni: ad es., i costi di ricerca e sviluppo
risultano in parte affini ai costi sostenuti per ottenere il rilascio di brevetti, così
come i costi di pubblicità incidono direttamente sulla valutazione del marchio.
3. La misurazione della performance economica attraverso
la variazione dei beni intangibili
Negli ultimi decenni si è avvertita sempre più la necessità di integrare i risultati con-
tabili periodici tenendo conto della variazione
nel tempo delle risorse intangibili, superando
il concetto di materialità dei beni attraverso
una adeguata valutazione degli
asset
imma-
teriali a disposizione delle realtà aziendali.
1
Si cita in proposito: L. Guatri e M. Bini,
Impairment, Gli Intangibili specifici
, pagg. 36 e ss., Università Bocconi Editore 2003.
2
Cfr. a tal riguardo: B. LEV,
Seeing is believening - A better approach to estimating knowledge capital
, in CFO Magazine - 1999.
3
Per un esame e un approfondimento più analitico delle problematiche connesse alla valutazione e all’analisi dei beni intangibili mi sia consentito citare le seguenti pubblicazioni, da cui si è preso in parte spunto:
- M. Orlandi,
Il bilancio del capitale intellettuale: gestione, valutazione e misurazione
, Franco Angeli - Milano - 2012; - M. Orlandi,
Come fare… L’analisi di bilancio
, - IPSOA - Wolters Kluwer Milano - 2016.
È, infatti, evidente che i costi collegati all’acquisizione o creazione interna degli
intangibili si sostengono con un certo anticipo (di alcuni anni) rispetto ai ricavi da
essi generati: i riflessi, pertanto, sulla redditività aziendale non sono immediati, ma
differiti nel tempo. Appare, quindi, di fondamentale importanza saper misurare i
beni intangibili, poiché forniscono delle informazioni utili sulla capacità di innovare
da parte dell’impresa. Si possono, infatti, produrre utili in termini contabili anche
“distruggendo” valore intangibile (e viceversa).
La dottrina aziendalistica ha elaborato la seguente formula per determinare il
Risultato Economico Integrato
o effettivo dell’azienda
1
:
Mediante l’
analisi storica
delle
variazioni dei beni intangibili
nel corso del
tempo si può porre in evidenza la reale innovazione dell’azienda, ovverosia l’at-
tività di creazione (o distruzione) di intangibili specifici. In tal modo è possibile
valutare con maggiore precisione le cause dell’andamento economico prospettico
dell’azienda, in quanto una diminuzione di valore degli intangibili nel corso del
tempo può comportare un serio peggioramento delle capacità reddituali aziendali
per i futuri esercizi.
Baruch Lev
, noto studioso in materia di management, per misurare la performan-
ce economica di un’azienda ha elaborato nel 1999 una formula matematica che
consente di calcolare il valore del cosiddetto capitale della conoscenza (in inglese
knowledge capital
)
2
:
La performance economica è data dal contributo congiunto delle risorse fisiche
(immobilizzazioni materiali o beni tangibili), delle risorse finanziarie e delle
risorse intangibili secondo una diversa incidenza percentuale misurata dal fattore
moltiplicativo percentuale ë, ð e ä.
Dopo aver individuato e stimato le attività materiali e le attività finanziarie, ipo-
tizzando di poter attribuire un tasso di rendimento medio atteso, o normalizzato, ai
coefficienti ë e ð, che sono rispettivamente correlati alle risorse fisiche e alle risorse
finanziarie, si può quantificare, in via residuale, l’incidenza sulla performance
economica complessiva derivante dalle attività intangibili.
Risolvendo l’equazione di cui sopra, si ricava il KCE (o, in inglese, il
knowledge
capital earnings
), ossia il contributo fornito dalle risorse intangibili alla redditività
aziendale:
Da cui si può ottenere la quantificazione economica delle risorse intangibili attra-
verso il seguente rapporto:
dove:
La formula di cui sopra, pur avendo una valenza alquanto semplificata, o sommaria,
può divenire utile anche per procedimenti di attualizzazione attraverso una previ-
sione dei redditi futuri medi attesi, previo utilizzo di un idoneo tasso di sconto o
di attualizzazione attribuibile alle risorse intangibili
3
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