Il Commercialista Veneto n.231 (MAG/GIU 2016) - page 29

NUMERO 231 - MAGGIO / GIUGNO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
I profili fiscali del lavoro dipendente
prestato all'estero
NORME E TRIBUTI
NICOLA ORLANDI
PraticanteOrdine di Treviso
Premessa
Lo Stato italiano, così come la maggior parte dei Paesi
industrializzati, adotta un criterio di tassazione se-
condo il quale il prelievo tributario è strettamente con-
nesso alla residenza fiscale dell’individuo percettore
del reddito. Infatti, in base al cosiddetto
word wide
principle
, i soggetti fiscalmente residenti in Italia sono
assoggettati a tassazione sui redditi ovunque prodotti.
In questi termini, il lavoratore dipendente che presta
servizio oltre i confini nazionali, mantenendo in Italia
la residenza fiscale, verrà tassato anche sui redditi pro-
dotti all’estero.
Ciò premesso, il presente contributo intende offrire
un quadro di sintesi della normativa tributaria nazio-
nale ed internazionale in relazione al lavoro subordina-
to svolto in un Paese straniero, anche alla luce delle
recenti modifiche introdotte dalla giurisprudenza e dalla
prassi amministrativa. A tal fine, sono stati individuati
tre punti chiave su cui poggia l’intera trattazione: la
determinazione delle retribuzioni convenzionali
ex
art.
51, comma 8-
bis
del TUIR, le regole di tassazione
contenute nelle Convenzioni contro la doppia imposi-
zione, la gestione del credito d’imposta.
L’imposizione basata
sulle retribuzioni convenzionali
Il legislatore nazionale prevede un regime convenziona-
le ai fini del calcolo della base imponibile IRPEF, che
prescinde dalla determinazione analitica del reddito di
lavoro dipendente prestato oltre i confini nazionali.
L’art. 51, comma 8 bis, del TUIR, stabilisce che
‹‹in
deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, il reddito
di lavoro dipendente prestato all’estero in via conti-
nuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, da
dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano
nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni
è determinato sulla base delle retribuzioni convenzio-
nali definite annualmente con il decreto del ministero e
della previdenza sociale di cui all’art. 4, comma 1 del
d.l. 31 luglio 1987, n. 317, convertito con modificazioni
dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398››
.
In sostanza, le condizioni richieste per usufruire di
tale regime impositivo sono lo svolgimento dell’attivi-
tà lavorativa all’estero in via esclusiva e continuativa,
per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di do-
dici mesi. Di converso, qualora non siano soddisfatti
detti requisiti, risulta applicabile la regola generale di
tassazione che si basa sulle retribuzioni effettivamen-
te percepite dal dipendente. In particolare, si dovrà
fare riferimento ai commi 5 (trasferta), 6 (trasfertismo),
7 (trasferimento) e 8 (assegni ed indennità di sede)
dell’art. 51, del TUIR i quali si riferiscono agli importi
percepiti dal lavoratore a titolo d’indennità.
Dal punto di vista operativo, per beneficiare di quanto
disposto dal comma 8 bis dell’art. 51 del TUIR, è irrile-
vante che il lavoro sia svolto a tempo indeterminato, o
determinato, in quanto si deve fare riferimento alle con-
crete modalità di svolgimento della prestazione di lavo-
ro all’estero, che deve essere esclusiva e continuativa
1
.
Per quanto riguarda il requisito della esclusività è neces-
saria la collocazione del dipendente in uno speciale ‹‹ruo-
lo estero›› e la stipula di uno ‹‹specifico contratto›› che
preveda lo svolgimento della prestazione in via esclusi-
va in un altro Stato
2
.
La continuità, invece, deve essere intesa nel senso del-
la stabilità e permanenza ovvero della non saltuarietà
del soggetto al di fuori del territorio italiano. Tale re-
quisito si concretizza nella permanenza all’estero per
un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici
mesi. L’amministrazione finanziaria ha precisato
3
che
il computo dei 183 giorni può essere verificato anche a
cavallo di due periodi di imposta e non è necessario
che tali giorni siano consecutivi.
Ad esempio, qualora un soggetto fiscalmente residen-
te in Italia si rechi a lavorare all’estero dall’1 settembre
2010 al 30 aprile 2011, realizzerà un periodo di per-
manenza a cavallo di due anni solari, per un totale di
243 giorni. In questo caso il reddito verrà imputato
dall’1 settembre al 31 dicembre 2010 sulla base delle
retribuzioni convenzionali stabilite per tale periodo e
dall’ 1 gennaio al 30 aprile 2011 sarà imputato al peri-
odo d’imposta 2011, sempre applicando le relative
retribuzioni convenzionali.
Esse devono essere individuate di anno in anno, utiliz-
zando le tabelle allegate al decreto ministeriale conte-
nente le retribuzioni convenzionali specifiche per cia-
scuna categoria di lavoratori. Gli elementi fondamen-
tali da tenere in considerazione sono il settore di ap-
partenenza, la qualifica del lavoratore e la retribuzione
nazionale. Quest’ultima viene stabilita dividendo per
dodici la retribuzione annua lorda prevista dalla con-
trattazione collettiva nazionale applicabile, compren-
siva degli emolumenti riconosciuti per accord tra le
parti con esclusione dell’indennità estero
4
.
Successivamente, utilizzando le tabelle allegate al decre-
to ministeriale, si compara tale importo con la fascia
retributiva di riferimento che costituirà la base imponibi-
le per la determinazione delle imposte dovute in Italia.
La base imponibile così individuata, non tenendo conto
della retribuzione effettivamente percepita, include
forfettariamente anche i
benefits
concessi al dipendente,
i quali non subiscono alcuna tassazione autonoma. Si
potrebbe, pertanto, addirittura approfittare del tempo-
raneo invio all’estero del lavoratore per attribuirgli ele-
menti straordinari di retribuzione
5
, usufruendo del regi-
me convenzionale previsto dalla normativa vigente.
Giova sottolineare che sono esclusi dal regime delle
retribuzioni convenzionali: i pubblici dipendenti, i lavo-
ratori non residenti, i quali sono tassati solo in relazione
al reddito di lavoro dipendente prestato nel territorio
dello Stato, ovvero i soggetti che svolgono l’attività
lavorativa in settori per i quali il Decreto non ha definito
la retribuzione convenzionale. In quest’ultimo caso, se
il settore economico di pertinenza non fosse specificato
nel Decreto Ministeriale, il lavoratore dovrà presentare
la dichiarazione dei redditi in Italia sulla base del reddito
effettivamente percepito.
Da ultimo, si vuole mettere in evidenza l’ipotesi – non
poco frequente – in cui la remunerazione effettivamen-
te percepita dal lavoratore all’estero sia inferiore a quel-
la stabilita forfettariamente in base all’art. 51, comma 8
bis. In merito, l’Agenzia delle Entrate non ritiene
derogabile il regime impositivo previsto dal comma 8
bis, e pertanto il soggetto sarà tassato anche in questa
situazione sulla base delle retribuzioni convenzionali
6
.
La dottrina
7
, in modo unanime, ha sottolineato che la
posizione assunta dall’Agenzia potrebbe sollevare
qualche dubbio dal punto di vista del rispetto del prin-
cipio di capacità contributiva contenuto nell’art. 53
della Costituzione, in quanto ‹‹il legislatore non può
spingere la sua richiesta contributiva oltre le possibili-
tà effettive del contribuente››
8
.
A sostegno di questa tesi la C.T. Prov. Macerata con la
sentenza del 3 marzo 2015 n. 67/2/2015 ha affermato,
per la prima volta, la derogabilità delle retribuzioni
convenzionali qualora la loro applicazione leda il prin-
cipio di capacità contributiva stabilito dall’art. 53 del-
la Costituzione. Nel caso di specie, la Commissione
ha ritenuto derogabile il regime di tassazione di cui
all’art. 51, comma 8
bis
, considerato che la tassazione
su base convenzionale risulta superiore alla retribu-
zione effettivamente percepita dal contribuente. L’in-
terpretazione dei giudici di merito coincide peraltro
con la
ratio
della L. 342/2000, la quale, introducendo il
comma 8 bis all’ art. 51 del TUIR, mirava ad agevolare
il dipendente inviato all’estero e non certo a penalizzare
tale categoria di lavoratori.
Le convenzioni contro la doppia imposizione
Come detto in apertura del presente contributo, un
lavoratore dipendente che mantiene la residenza fisca-
le in Italia è assoggettato a tassazione sulla base del
word wide principle
e, dunque, anche sui redditi pro-
dotti all’estero. Aciò va aggiunto che lo stesso lavora-
tore è tassato anche nel Paese straniero ove il reddito è
effettivamente prodotto, in conformità con il princi-
pio di territorialità. Si tratta pertanto di capire se la
disciplina convenzionale contro le doppie imposizio-
ni preveda qualche rimedio al fine di prevenire la
duplicazione del prelievo fiscale, regolando il potere
impositivo fra gli Stati coinvolti. La disciplina interna-
zionale afferente il lavoro dipendente è contenuta nel
Modello OCSE di Convenzioni contro la doppia im-
posizione – su cui si basa la maggior parte delle Con-
venzioni stipulate dall’Italia con gli altri Paesi – all’art15.
Tale articolo, nel secondo paragrafo, prevede una possi-
bile esenzione nello Stato in cui viene svolta l’attività
lavorativa, con la conseguente tassazione esclusiva nel-
lo Stato di residenza, qualora siano rispettate tre condi-
zioni. Nel dettaglio la norma recita: ‹‹
Nonostante le di-
sposizioni del comma 1, le remunerazioni che un resi-
dente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di
un’attività di lavoro dipendente svolta nell’altro Stato
contraente sono imponibili soltanto nel primo Stato se:
a) il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per un peri-
odo o periodi che non oltrepassino in totale i 183 giorni
in ogni periodo di dodici mesi che abbia inizio o termine
nel corso dell’anno fiscale considerato b) le
remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore
1
Di conseguenza, non sono inclusi i dipendenti in trasferta in quanto mancano i requisiti della continuità e dell’esclusività dell’attività di lavoro
all’estero derivanti da un contratto specifico.
2
Sul ‹‹ruolo estero››, tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che ‹‹non si tratta di un libro fiscale obbligatorio previsto dalle norme di riferimento ma costituisce una formalità
resa operativa con una Circolare del Ministero delle Finanze›› (Commissione tributaria centrale n. 3558 del 18 aprile 1988).
Ciò che rileva, dunque, è l’effettivo svolgimento dell’attività all’estero, mentre lo speciale ‹‹ruolo estero›› e lo ‹‹specifico contratto›› rappresentano validi elementi per
l’accertamento delle condizioni di legge ma non per questo strumenti di prova vincolanti.
3
Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 207/E del 16 novembre 2000.
4
Circolare INPS n. 72 del 21 marzo 1990.
5
Tale interpretazione, è bene evidenziare, si presta a comportamenti elusivi in tutti i casi in cui il datore di lavoro e il dipendente si accordino per “mascherare“ parte della
retribuzione fissa in retribuzione accessoria, potendo usufruire di una fascia retributiva inferiore.
6
Tecnicamente, occorre segnalare che l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 20/E del 13 maggio 2011, par. 5.6, ha previsto la possibilità di riproporzionare la
determinazione del reddito su base convenzionale nelle ipotesi di contratto di lavoro dipendente a tempo parziale.
7
Per tutti, Garbarino C.,
Manuale di tassazione internazionale
, Milano 2008 e Della Valle E., Perrone L., Sacchetto C., Uckmar V. (a cura di),
La mobilità transazionale del lavoratore dipendente, profili tributari
, Padova, 2006.
8
Così Uckmar V.,
Diritto tributario internazionale: manuale
, Padova, 2009, pag. 222.
SEGUE A PAGINA 30
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