Il Commercialista Veneto n.231 (MAG/GIU 2016) - page 10

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NUMERO 231 - MAGGIO / GIUGNO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
N
el Principe (cap VII) Nicolò Machiavelli narra che il Valentino
(cioè Cesare Borgia) aveva conquistato la Romagna, ma l’aveva
trovata in uno stato di illegalità e corruzione, in preda a banditi.
Pensò allora che era necessario affidarla a qualcuno dai modi sbrigativi
e brutali e scese per tale incarico un certo Ramiro de Lorqua, al quale
diede i più ampi poteri. Questo Ramiro esercitò i suoi poteri con grande
efficacia. In poco tempo la Romagna divenne una provincia tranquilla ed
in regola con i pagamento dei tributi, ma per fare questo dovette agire
con severità e crudeltà e questo aveva alienato gli animi nei confronti
dell’esattore, ma anche del suo mandante.
Per conquistare il consenso dei suoi sudditi e dimostrare che i metodi
crudeli applicati erano un’iniziativa del Lorqua e non ordinati da lui,
il Borgia fece trovare un giorno, sulla pubblica piazza di Cesena, il
povero Ramiro squartato e con la testa mozza,
“la ferocità del quale
LA RUBRICA DI "BANQUO"
Niccolò Machiavelli ed Equitalia
La cessione totalitaria delle partecipazioni
spettacolo fece quegli popoli in un tempo
rimanere satisfatti e stupìdi”,
commenta
il Machiavelli.
Non dubito che Matteo Renzi abbia let-
to il Principe e penso che l’annunciata
soppressione di Equitalia segua la stessa
logica del Valentino.
Equitalia ha fatto pagare, o cercato di
far pagare, le imposte agli italiani. Il
suo comportamento non poteva risultare
gradito.
E’ probabile che anche Equitalia venga
squartata e decapitata, come il povero
Ramiro. E gli italiani saranno soddisfatti
Cesare Borgia,
detto il Valentino
eccezioni stabilite dalla legge (
3
).
1)
La cessione diretta di azienda sopporta
sì l’imposta di registro proporzionale, ma con-
sente al cedente di detrarre l’IVA relativa ai costi
sopportati per l’operazione, ai sensi del combi-
nato disposto di cui agli artt. 19 co. 3 lett. c) e 2
co. 3 lett. b) del D.P.R. 633/1972. La detrazione
dell’Iva, che non spetta sugli acquisti di beni e
servizi afferenti operazioni “esenti o comunque
non soggette all’imposta” (art. 19 comma 2), è
fatta salva laddove l’operazione non soggetta sia
un’operazione esclusa da Iva avente ad oggetto
la cessione di un’azienda o ramo d’azienda. Al
contrario, la cessione di azienda c.d. indiretta
(tramite conferimento e successiva cessione di
quote) sconta l’imposta di registro in misura
fissa ma non ammette, ex art. 19 co. 2 D.P.R.
633/1972, la detrazione dell’IVA relativa ai costi
sopportati in relazione a tali operazioni.
2)
Come noto la cessione d’azienda non
sconta l’IVA in virtù dell’espressa esclusione
dal regime dell’imposta sul valore aggiunto
contenuta nell’art. 2, co. 3, lett. b) del D.P.R.
633/1972. Tale norma precisa infatti che
“Non
sono considerate cessioni di beni: (…) le ces-
sioni (…) che hanno per oggetto aziende o rami
d’aziende”.
La deroga legislativa al regime
ordinario dell’imponibilità delle cessioni è stata
prevista in esecuzione degli artt. 5 n. 8 della
sesta Direttiva n. 77/388/CEE e 19 della Diret-
tiva 2006/112/CE, i quali hanno previsto per gli
Stati membri la possibilità di escludere da IVA
le cessioni di universalità di beni, quali sono, ap-
punto, le aziende. La Corte di Giustizia ha avuto
modo di chiarire che l’aver escluso dalle cessioni
rilevanti ai fini IVA le operazioni riguardanti una
universalità di beni “…
persegue unicamente un
obiettivo di semplificazione amministrativa e di
protezione della tesoreria dei soggetti passivi
(par. 24 della sentenza del 27.11.2003, Causa
C-497/01). Pertanto, secondo la stessa Corte di
Giustizia l’esclusione da IVA delle cessioni di
azienda ha natura agevolativa e sovvenzionale,
non solo perché favorisce i processi di riorganiz-
zazione aziendale ridimensionando l’elemento di
scambio (azienda-partecipazione), ma anche per-
ché è finalizzata ad evitare il “peso” finanziario
dell’anticipazione dell’Iva assolta dal cessionario
al momento dell’acquisto dell’azienda. Invero, il
pagamento dell’impostacostituirebbe solounamera
anticipazione, inquanto il tributosarebbepoi recupe-
ratocon ilmeccanismodelladetrazionedell’imposta,
oppure attraverso la richiesta di rimborso all’Erario,
che però potrebbero richiedere tempi lunghi ed
esporrecosì il soggettoaduna situazionedi squilibrio
finanziario non sempre sopportabile, o comunque
non senza conseguenze economiche (elettivamente
sotto forma di interessi passivi).
Le cessioni d’azienda sono pertanto “ontolo-
gicamente” assoggettate ad Iva trattandosi
certamente di cessioni di beni poste in essere da
soggetti esercenti imprese, ma possono essere
escluse per effetto di una scelta dei singoli Stati
(opzione che lo Stato Italiano ha esercitato) - dal
regime di tale imposta proprio in virtù dell’age-
volazione concessa dal Legislatore comunitario
e recepita da quello italiano all’art. 2 co. 3 D.P.R.
633/1972. Tali operazioni scontano in tal caso
l’imposta di registro in via residuale, in virtù
del noto principio di alternatività di cui all’art.
40 D.P.R. 131/1986.
La Corte di Giustizia nella sentenza C-29/08 ha
avutomodo di osservare che la cessione di un intero
pacchetto azionario è “
assimilabile al trasferimento
dell’universalità totale o parziale di un’azienda, ai
sensi dell’art. 5, n. 8, della sesta direttiva 77/388
",
ma ciò nonostante la cessione del pacchetto azio-
nario deve essere esente dall’imposta sul valore
aggiunto, in forza dell’art. 13, parteB), lett. d), punto
5) della sesta direttiva.
Questo significa che da un punto di vista eco-
nomico (e non giuridico) lo “share deal” (cioè
il trasferimento di una organizzazione produttiva
sotto forma di cessione delle quote della società
proprietaria di tale organizzazione) è già di per
sé un trasferimento di azienda.
I giudici della Corte hanno correttamente
ritenuto che la cessione della partecipazione
resti comunque un’operazione rilevante ai fini
dell’Iva, ancorchè l’operazione sia esente. Infatti,
l’esenzione dall’Iva prevista per la vendita delle
azioni ha una sua ragione di prevenzione di ogni
possibile frode, evasione ed abuso
”, come si
apprende facilmente dal testo dell’art. 13, parte
B, della sesta direttiva (oggi dir. 2006/112, art.
131). Mentre la scelta dello Stato Italiano di non
assoggettare ad Iva la cessione dell’azienda trova
una sua
ratio
agevolativa, come più volte è stato
sancito dalla Corte di Giustizia
La mancata applicazione dell’imposta di regi-
stro in misura proporzionale è determinata dal
principio di alternatività e, più in particolare,
dalla prevalenza del regime Iva nelle operazioni
economiche compiute tra gli imprenditori.
Invero, se il Legislatore italiano avesse voluto
sottoporre le operazioni di
share deal
(trasferi-
mento di quote societarie) all’imposta di registro
proporzionale, ben avrebbe potuto introdurre
una disposizione in tal senso, dato che la sesta
Direttiva IVA non impedisce agli Stati membri
di introdurre qualsiasi imposta indiretta che non
abbia il carattere di imposta sulla cifra d’affari
(art. 33 par. I della medesima Direttiva), anche
nei casi in cui tale imposta si cumuli all’IVA
(Corte di Giustizia UE, sentenza del 11.10.2007,
cause C-283/06 C-312/06) e anche nei casi in
cui l’operazione economica rientri nel campo di
applicazione dell’IVAma sia esente (in tal senso,
Corte di Giustizia UE, sentenza del 20.03.2014,
controversia C-139/12).
In conclusione, i contrastanti orientamenti giuri-
sprudenziali rendono particolarmente incerto il
regime fiscale, ai soli fini delle imposte indirette,
applicabile ai trasferimenti di azienda tramite la
cessione delle partecipazioni.
In un tale contesto pertanto sussistono tutti i
presupposti per la non applicazione delle san-
zioni da parte degli Uffici finanziari, ai sensi
dell’art. 6 del D. Lgs. 472/1997. E’ prassi, in-
vece, applicare addirittura la sanzione stabilita
per l’omessa registrazione degli atti e quindi,
la sanzione proporzionale dal 120% al 240%.
Conseguentemente, non resta che rivolgersi al
giudice per chiedere la disapplicazione delle
sanzioni, ai sensi anche dell’art. 8 del D. Lgs.
546/1992 e in via ulteriormente subordinata, la
“rideterminazione” della sanzione nella misura
del 30% dell’imposta non versata.
Quanto al merito, l’applicazione dell’imposta di
registro in misura proporzionale si scontra con il
principio di alternatività Iva/registro, nonché con il
principio di diritto della certezza del diritto, più vol-
te affermato ed applicato dalla Corte di Giustizia.
SEGUE DA PAGINA 9
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Invero, il predetto principio subisce delle eccezioni, ad esempio, nei trasferimenti riguardanti gli immobili.
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