Il Commercialista Veneto n.231 (MAG/GIU 2016) - page 9

NUMERO 231 - MAGGIO / GIUGNO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
La cessione totalitaria delle partecipazioni
può essere riqualificata
in un'operazione esclusa da IVA?
NORME E TRIBUTI
SEGUE A PAGINA 10
I
recenti e numerosi interventi legislativi
alcuni anche di carattere interpretativo - non
hanno riguardato la
vexata quaestio
ine
rente all’applicazione in misura fissa o
proporzionale dell’imposta di registro sui trasfe-
rimenti di azienda attraverso gli share deal (i.e.
cessione delle partecipazioni). L’interesse agli
share deal rispetto agli asset deal (i.e. cessione di
azienda o rami di essa) non è meramente fiscale
ed invero, per l’acquirente l’acquisto dell’azien-
da sotto forma di partecipazioni viene suggerito
per ragioni extrafiscali. Basti pensare che i valori
di iscrizione degli
assets
nella società conferitaria
ereditano i valori fiscali pre-conferimento, senza
alcun riconoscimento fiscale del “plusvalore”
che l’acquirente ha pagato al venditore delle
partecipazioni. Solo con il pagamento dell’im-
posta sostitutiva si realizza il “trasferimento”
del plusvalore della partecipazione sugli assets
dell’azienda.
Dunque, la supposta tassazione proporzionale
dell’imposta di registro sui trasferimenti di
partecipazioni, precedute da operazioni di
conferimento di azienda, incide negativamente
sull’acquirente, che già sconta il mancato ricono-
scimento fiscale dei valori dell’azienda conferita
nel veicolo societario.
Come è noto sul punto non vi sono orienta-
menti condivisi e l’incertezza è dettata da un
“vivace” contrasto giurisprudenziale tra Corte
di Cassazione e Commissioni tributarie. In-
vero, l’orientamento consolidato della Corte
di Cassazione è per la riqualificazione della
cessione di partecipazioni in un trasferimento
di azienda; all’opposto la giustizia di merito,
con motivazioni argomentate, ha accolto la tesi
più accreditata in dottrina e quindi, è prevalente
l’orientamento per la tassazione in misura fissa
dei trasferimenti di azienda mediante cessione
delle partecipazioni.
Diversamente, le motivazioni giuridiche alla
base dell’orientamento della Corte di Cassazione
non sono univoche e, per certi versi, non sono
coerenti.
A volte, infatti, all’art. 20 (
1
) del D.p.r. 131/1986
(testo unico registro) viene conferita una funzio-
ne antielusiva e pertanto, al contribuente è data
la possibilità di dimostrare le ragioni extrafiscali
dell’operazione. Altre volte, invece, la Corte
esclude una funzione anti elusiva della predetta
norma e riqualifica tout court dette operazioni in
un trasferimento di azienda.
Tale andamento oscillante sulla interpretazione
dell’art. 20 produce a danno dei contribuenti
una sensibile sperequazione nelle difese, salvo
che i contribuenti non adottino nei propri atti
processuali una difesa a tutto campo.
Con la recente codificazione dell’abuso del di-
ritto tale problematica dovrebbe definitivamente
comporsi, nel senso che l’elusione dei tributi può
essere fatta valere dall’amministrazione finan-
ziaria solo attraverso atti motivati e preceduti
dal contraddittorio, secondo quanto prescritto
dall’art. 10 bis della Legge 212/2000 (
2
).
Un importante contributo nei termini appena
indicati arriva direttamente dalla Corte di Cassa-
zione che, con una recentissima pronuncia (sent.
n. 9582 dell’11.5.2016), ha confermato l’appli-
cazione dell’art. 10 bis della Legge 212/2000
a tutti i tributi, comprendendo anche l’imposta
di registro.
In particolare, secondo i giudici
“… l’art. 20
D.p.r. 131/1986 non è disposizione che dal legi-
slatore sia stata predisposta al recupero di impo-
ste “eluse”, questo perché l’istituto dell’”abuso
del diritto” d’imposte in attualità disciplinato
dalla L. 27.07.2000, n. 212, art. 10 bis presup-
pone una mancanza di “causa economica” che
non è invece prevista per l’applicazione dell’art.
20 D.p.r. 131/1986
".
L’importante principio, tuttavia, non ha portato
ad un ripensamento con riferimento alla “riqua-
lificazione”; per i giudici l’art. 20
“… impone, ai
fini della determinazione dell’imposta di registro,
di qualificare l’atto o il “collegamento” negozia-
le in ragione del loro “intrinseco”. E cioè in ra-
gione degli effetti “oggettivamente” raggiunti dal
negozio o dal “collegamento” negoziale, come
per es. può avvenire con il conferimento di beni
in una società e la cessione di quote della stessa
che se “collegati” potrebbero essere senz’altro
idonei a realizzare “oggettivamente” gli effetti
della vendita e cioè il trasferimento di cose dietro
corrispettivo del pagamento del prezzo
.”
Invero, l’imposta di registro ha ad oggetto
gli
effetti giuridici
dell’atto presentato per la re-
gistrazione e
non i suoi effetti economici
. Ciò
trova conferma nella evoluzione storica dell’art.
20 che, rispetto alla formulazione originaria
(quella contenuta nell’allora art. 8 del R.D.
30.12.1923, n. 3269), non fa più generico rife-
rimento agli “
effetti
” degli atti ai fini della loro
interpretazione, bensì agli “
effetti giuridici
”.
Come documentato dallo studio n. 95/2003 del
Consiglio Nazionale del Notariato, con la legge
di registro del 1923 “
si era a lungo discusso se
gli effetti cui faceva riferimento la norma fossero
quelli giuridici, ovvero quelli economici dell’atto
(ossia il trasferimento di ricchezza); la riforma
tributaria accogliendo la tesi della dottrina più
autorevole, ha optato per la prima soluzione
”.
Dunque, se il Legislatore avesse voluto dare
rilevanza al collegamento negoziale e, quindi,
spostare l’attenzione dall’analisi degli effetti
giuridici del singolo atto a quella degli effetti
economici del predetto collegamento negoziale
di una pluralità di atti, non avrebbe scritto che
l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura
e gli effetti giuridici degli atti di volta in volta
presentati per la registrazione (e, quindi, non di
altri atti).
Ciò anche per il fatto che i singoli atti di confe-
rimento d’azienda e di cessione della partecipa-
zione sono assistiti da una causa autonoma ed il
trasferimento di partecipazioni porta ad effetti
giuridici differenti da quelli che vi sarebbero nel
caso di cessione d’azienda.
Vi sono poi delle ulteriori considerazioni da
svolgere che riguardano il rapporto tra il regime
Iva e l’imposta di registro ed in particolare, il
principio di alternatività che ha reso l’imposta
ENRICO BRESSAN
Ordine di Venezia
1
L’articolo recita “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente“.
2
In base all’art. 10 bis “Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi
fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili allamministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto
conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.
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