Il Commercialista Veneto n.231 (MAG/GIU 2016) - page 6

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NUMERO 231 - MAGGIO / GIUGNO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
rapporto di amministrazione alle persone giuridiche (
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).
4.
LE OPPORTUNITà
Così sinteticamente tratteggiata la disciplina, vi è ora da chiedersi quali possano
essere la motivazione che spingano ad adottare una tale soluzione.
Nella prassi operativa, tali necessità sono spesso propiziate da un contesto di gruppo
di società. Infatti, una società capogruppo potrebbe avere interesse ad assumere essa
stessa la carica di amministratore in una o più società controllate. In tal modo, la
società capogruppo potrebbe evitare sia la duplicazione di costi di amministrazione,
sia il rischio di dover risarcire i danni al soggetto persona fisica altrimenti designato
a rivestire il ruolo di amministratore nella controllata, in ipotesi di revoca senza
causa dello stesso. Inoltre, la capogruppo potrebbe avere convenienza ad istituire
all’interno del gruppo una o più società di
management services;
cioè società,
diffuse nella prassi anglo-americana, specializzate nella erogazione di servizi di
gestione ed amministrazione, alle quali affidare il compito di razionalizzare la
conduzione del gruppo nel suo insieme ed, in particolare, l’attuazione di politiche
di direzione e coordinamento di una o più società controllate.
Peraltro, tale orientamento potrebbe essere seguito anche al di fuori del contesto
di gruppo: infatti si potrebbe fare ricorso a società specializzate nella erogazione
di servizi di gestione ed amministrazione. Società che potrebbero trovare un certo
“mercato” in risposta ad una sempre maggiore accentuazione della complessità
della funzione amministrativa. Inoltre, vi potrebbero essere motivazioni sottese
alla scelta, qui in esame, legate alla gestione del grado di rischio e responsabilità
legate alla carica di amministratore. Come noto, infatti, capita spesso all’interno
dei gruppi societari il verificarsi di una fattispecie, per certi versi, assimilabile a
quella analizzata: ovvero la nomina di una persona di fiducia della controllante
nell’organo amministrativo di società controllate e/o collegate.
È evidente che tale persona, assumendo l’incarico, assume anche tutte le respon-
sabilità tipiche dello stesso sia nei confronti della società che dei terzi.
Qualora invece, nel caso di nomina della società-amministratore con designazione
di una persona fisica, fosse possibile ritenere (per quanto sopra esplicitato alla fine
del paragrafo 3.3.) che la responsabilità - quale amministratore - rimanga in capo
alla società, salvo diritto di “rivalsa” della stessa verso la persona fisica designata,
le due soluzioni non risulterebbero del tutto sovrapponibili.
Nel caso di società-amministratore, infatti, nei confronti della compagine sociale
e dei terzi potrebbe rispondere solo la stessa; mentre il soggetto designato rispon-
derebbe solo nei confronti della società che gli ha concesso il mandato.
Infine, tale scelta può essere motivata anche da lecite finalità di natura fiscale. Basti
pensare ai casi in cui le società capogruppo stipulino con le controllate contratti
generici di servizi amministrativi e gestionali con addebito di compensi, spesso di
importo anche rilevante, a titolo di “
management fees
” o simili: spesso tali adde-
biti (soprattutto se provenienti da società estere(
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)) non risultano particolarmente
documentati e formalizzati con il sorgere di importanti rischi di contestazione in
caso di verifica. In tali circostanze, la società capogruppo (o la società di
mana-
gement services
) potrebbe assumere direttamente la carica di amministratore ed
addebitare detti servizi con la diversa (e probabilmente più corretta) configurazione:
ovvero a titolo di compenso amministratore per l’opera prestata. Certo, anche tale
voce potrebbe risultare oggetto di contestazione, come noto, in ipotesi di asserita
non congruità della stessa; tuttavia, prescindendo dalla diatriba giurisprudenziale
sulla legittimità o meno di tale eventuale rilievo, ben si comprende come potrebbe
risultare sicuramente più “difendibile” (fiscalmente parlando) tale impostazione.
5.
LA QUALIFICAZIONE FISCALE
A favore della società amministratore può ben essere stabilito un compenso; a tal
fine, il dubbio principale è se il compenso pattuito debba sottostare, ai fini della sua
deducibilità, al principio di cassa, o se invece debba essere regolato dall’ordinario
criterio di competenza (trattandosi di società).
La soluzione che sembra corretto accogliere è quella sintetizzata dalla norma di
comportamento dell’Associazione Dottori Commercialisti
n. 182 del mese di
novembre 2011
,
la quale sostiene che “
il compenso che una società commerciale,
a fronte di apposita deliberazione dell’organo competente, riconosce ad un’altra
società commerciale nominata amministratore, costituisce, ai fini delle imposte sui
redditi e dell’IRAP, costo deducibile per la società erogante e ricavo imponibile
per la società percipiente nel periodo d’imposta di competenza
”.
Infatti, il compenso non può che qualificarsi come componente del reddito d’im-
presa in forza delle previsioni ai fini IRES, dell’art. 81 del TUIR.
Pertanto, sembra corretto ritenere che, per la “società amministratore” il compenso
sia da qualificare come ricavo che concorre alla formazione del reddito in base al
principio di competenza di cui all’art. 109 commi 1 e 2 del TUIR e, correlativa-
mente, costo deducibile per competenza per la “società amministrata”.
Il compenso, infatti, trova la sua fonte nel rapporto sinallagmatico che si instaura,
in forza della nomina, tra le due società e rappresenta la controprestazione della
prestazione di servizi resa nell’esercizio di impresa commerciale dalla società
nominata amministratore.
Peraltro, sul punto si può richiamare anche la risoluzione dell’Agenzia Entrate
n.56/E del 4 maggio 2006 in cui si è sostenuto “
che non possano sorgere dubbi
circa la natura del reddito prodotto da dette società che, sulla base del richiamato
art. 81 del Tuir, rientra nella categoria del reddito d’impresa per il solo fatto di
essere realizzato da un soggetto costituito in una veste giuridica societaria. Nel
caso delle «società di ingegneria» oggetto della presente istanza, in altre parole,
non assume alcuna rilevanza, ai fini della qualificazione del reddito dalle stesse
prodotto, il presupposto oggettivo, essendo a tal fine determinante l’esistenza del
semplice presupposto soggettivo
”.
D’altra parte, il disposto dell’art. 95 comma 5 del TUIR, che disciplina, tra le altre,
la regola della deducibilità per cassa dei compensi spettanti agli amministratori,
trova la sua applicabilità alle “Spese per prestazioni di lavoro”. Nel caso in esame,
invece, si è di fronte a spese riconducibili al reddito d’impresa e non ad un reddito
di lavoro. Infine, la disposizione dell’art. 95 comma 5 del TUIR detta una deroga
esplicita al criterio generale previsto nel reddito d’impresa secondo cui i componenti
positivi e negativi concorrono a formare il reddito nel periodo di competenza. La
stessa è stata introdotta al fine di evitare che i diversi principi (competenza e cassa),
che normalmente sottostanno alla determinazione del reddito del soggetto “pagatore”
(la società) e del soggetto “percipiente” (l’amministratore persona fisica), generino
una divergenza tra periodo di deduzione in capo all’erogante e di tassazione in capo
al percipiente. Al contrario, in questo caso la società che percepisce un compenso
di tale natura, determina il proprio reddito imponibile in base al criterio di compe-
tenza e, pertanto, se si applicasse l’art. 95 comma 5 del TUIR in capo all’erogante,
si giungerebbe ad un risultato opposto a quello per cui la norma è stata introdotta.
Inoltre, come anticipato, secondo la norma di comportamento, il compenso è ri-
levante nella determinazione della base imponibile IRAP per competenza sia per
la società che lo eroga che per quella che lo percepisce.
Ancora, in relazione all’ambito IVA, ai sensi degli artt. 3 e 4 comma 2 lett. a) del
DPR 633/1972 sono esistenti i due presupposti (oggettivo e soggettivo) che portano
a comprendere tale prestazione nel campo di applicazione dell’IVA (prestazione che
risulta, quindi, imponibile per il percettore “società amministratore” e detraibile per
la “società amministrata”). Infine, in merito alla questione dell’applicabilità delle
ritenute, l’AIDC evidenzia che il compenso corrisposto ad una società residente
in Italia o ad una stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente,
non è soggetto alla ritenuta d’acconto di cui all’art. 24, comma 1-ter, e art. 25 del
D.P.R. n. 600/1973, poiché tale ritenuta risulta applicabile ai soli redditi contemplati
dall’art. 50, comma 1, lett. c-bis (redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente,
tra cui anche quelli connessi all’incarico di amministratore ), e all’art. 53 del
T.U.I.R.(redditi di lavoro autonomo) e non ai redditi d’ impresa .
Diverse considerazioni valgono, invece, per il compenso corrisposto ad una
società non residente senza stabile organizzazione in Italia, che è da qualificare
nella fattispecie di cui all’art. 23, comma 1, lett. e), del T.U.I.R. (in pratica, non
produce reddito d’ impresa ) e pertanto, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del D.P.R.
n. 600/1973, è soggetto a ritenuta a titolo di imposta del 30 per cento, salvo diversa
misura stabilita dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni, ove applicabili.
6.
CONCLUSIONI
Come si è cercato di evidenziare il tema in analisi risulta ancora dibattuto soprat-
tutto nei suoi termini pratici ed operativi vista l’assenza di un tessuto normativo
regolante espressamente la fattispecie.
Tuttavia, pare a chi scrive, come il quadro risulti ormai sufficientemente delineato
grazie, principalmente, al prezioso lavoro ermeneutico effettuato dagli studi del
notariato e, per i profili fiscali, dagli approfondimenti dell’AIDC di Milano.
Pertanto, tale istituto può essere ben valutato nella prassi operativa e, si ritiene,
potrà sempre più prendere piede nel prossimo futuro: soprattutto alla luce della sua
duttilità nel risolvere situazioni, a volte, anche critiche (il pensiero va all’ambito
fiscale ed ai gruppi, ma non solo).
L’augurio è che l’ottimo lavoro svolto dagli studiosi nel far si che tale opzione trovi
terreno fertile, anche in termini di competitività del nostro sistema giuridico, possa
resistere alle possibili tentazioni di operatori eccessivamente spregiudicati che,
con le parole di Salafia, vadano a compiere “
le operazioni più ardite ed irregolari
senza subirne le conseguenze
”. (
(
24
) Nello stesso senso N. Villa, op. cit., G. Pescatore, pp. 101 e ss.. Di seguito si riportano due mere esemplificazioni di clausole da adottare negli statuti della “società amministrata”. Il
primo esempio si allinea sostanzialmente al contenuto della massima n. 100 del Notariato di Milano rinviando alla necessità di designare una persona fisica nell’ambito dell’”organizzazione”
della “società amministratore” e di estendere la responsabilità solidale tra società-amministratore e persona fisica designata nei termini che seguono: “Potranno essere nominate alla carica
di amministratore anche una o più persone giuridiche o enti diverse dalle persone fisiche salvi i limiti o requisiti derivanti da specifiche disposizioni di legge per determinate tipologie di società.
In tal caso, ogni amministratore persona giuridica deve designare, per l’esercizio della funzione di amministratore, un rappresentante persona fisica appartenente alla propria organizzazione, il
quale assume gli stessi obblighi e le stesse responsabilità previsti a carico degli amministratori persone fisiche, ferma restando la responsabilità solidale della persona giuridica amministratore.
Le formalità pubblicitarie relative alla nomina dell’ amministratore sono eseguite nei confronti sia dell’amministratore persona giuridica che della persona fisica da essa designata.” Il secondo
esempio, invece, richiede, più restrittivamente, che la persona fisica designata sia il legale rappresentante della “società amministratore” e non viene fatta alcuna menzione esplicita in termini
di responsabilità solidale (nulla toglie, comunque, che le opzioni potrebbero essere “miscelate” in modo diverso): “Potranno altresì essere nominate alla carica di amministratore una o più
persone giuridiche o enti diversi dalle persone fisiche. In tal caso, ogni amministratore che sia una persona giuridica, deve designare, per l’esercizio delle proprie funzioni, un “rappresentante
persona fisica”. Questo sarà individuato nel proprio rappresentante legale. Le formalità pubblicitarie relative alla nomina dell’amministratore sono eseguite nei confronti sia dell’amministratore
persona giuridica che della persona fisica da essa designata. La sostituzione, per qualsiasi motivo, del rappresentante legale della persona giuridica che svolge la funzione di amministratore, può
costituire giusta causa di revoca dall’incarico di amministratore. Tali clausole, si ripete, del tutto esemplificative, potrebbero essere ulteriormente integrate con previsioni di dettaglio in termini
ad esempio di: (i) requisiti che deve possedere la persona giuridica amministratrice nonché le persone fisiche da essa designata; (ii) ipotesi di decadenza o di revoca dell’amministratore persona
giuridica, (ii) modalità operative con le quali l’amministratore persona giuridica debba coordinarsi con la società amministrata in relazione alla persona fisica designata (ad esempio, in termini
di flusso informativo circa la permanenza o meno, in capo alle suddette persone fisiche, dei requisiti statutariamente previsti, ecc.).
(
25
) Secondo la dottrina prevalente, cfr. G. Pescatore, op. cit., pp. 78 e ss. non vi è ragione che non possano assumere la carica di amministratore società residenti nell’Unione Europea (in
ossequio ai diritti di libertà di stabilimento, di libera circolazione dei capitali e prestazione dei servizi nell’Unione), nonché nei paesi che abbiano stipulato accordi sulla reciproca protezione
e promozione degli investimenti, nonché, infine, in base all’art. 16 delle preleggi al codice civile, nei paesi in cui sia riconosciuto il principio generale di reciprocità con il nostro Stato.
Peraltro, anche se in modo molto stringato, sembra deporre sostanzialmente per tali conclusioni anche il commento alla massima numero 100 da parte del Consiglio Notarile di Milano.
Nomina ad Amministratore
di una società
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