Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 4

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NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
ALVISEBULLO
Ordine di Venezia
L'opposizione agli avvisi di addebito INPS
a seguito di avvisi di accertamento tributario
SEGUE A PAGINA 5
NORME E TRIBUTI
ELENADE CAMPO
Avvocato inVenezia
Aspetti di riflessione e valutazioni critiche/empiriche
1
D.Lgs. n. 241/1997 (“Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti”) ed il D.Lgs. n. 462/1997 (“Unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di
liquidazione, riscossione e accertamento).
2
Si segnala che in considerazione della rilevanza assunta dagli strumenti deflativi del contenzioso e degli intervenuti orientamenti giurisprudenziali, l’Inps con la recente circolare
140 del 2 agosto 2016 ha riepilogato le principali procedure di adesione della pretesa fiscale e ne ha illustrato l’efficacia in relazione alla debenza o meno dei contributi
previdenziali.
1.
Premessa
L’istituzione dei c.d. “accertamenti unificati”
1
ha determinato la nascita di
accertamenti caratterizzati da una duplice natura: fiscale e previdenziale.
Infatti, qualora dall’attività accertativa svolta da Agenzia delle Entrate nei
confronti dei lavoratori autonomi/imprenditori che soggiacciono anche al-
l’obbligo contributivo (artigiani, commercianti e liberi professionisti iscritti
alla gestione separata) emergano asseriti maggiori redditi ai fini fiscali che
comportino il superamento della soglia del reddito minimale ai fini
previdenziali, l’avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione finan-
ziaria espliciterà sia l’asserito debito tributario che quello contributivo.
Gli Uffici previdenziali, recependo integralmente l’atto accertativo emesso
dall'Agenzia delle Entrate (senza emanare un proprio autonomo atto di
accertamento), richiedono quindi al contribuente il pagamento dei maggio-
ri contributi accertati dall’Amministrazione finanziaria.
È tematica di stretta attualità quella di verificare che cosa accada nell’ipote-
si in cui il contribuente destinatario dell’avviso di accertamento (nel quale
vengono richiesti anche asseriti maggiori contributi previdenziali) decida
di impugnare l’atto emesso dall’Amministrazione finanziaria contestando-
ne la legittimità in punto di diritto e/o di merito.
Può cioè l’INPS emettere, in pendenza di ricorso tributario, l’avviso di
addebito con il quale intima il pagamento dei maggiori contributi
previdenziali? L’interrogativo è d’obbligo posto che è evidente che l’even-
tuale rideterminazione in sede contenziosa delle somme da corrispondere
all’Erario può avere delle conseguenze anche sul ricalcolo della contribuzione
previdenziale, potendo quest’ultima finanche essere azzerata nel caso, ad
esempio, di annullamento (in via definitiva) dell’atto accertativo
2
. Già da
queste preliminari considerazioni si comprende come la verifica giudiziale
della legittimità dell’atto accertativo emesso dall'Agenzia delle Entrate sia
pregiudiziale
rispetto alla riscossione dei contributi previdenziali da parte
dell’INPS.
Nella prassi l’Ente di previdenza procede tramite la notifica di un
avviso di
addebito
(avente valore di titolo esecutivo,
ex
art. 30, comma 1, del D.L. n.
78/2010, convertito in L. n. 122/2010) alla riscossione dei maggiori contributi
previdenziali accertati dall’Amministrazione Finanziaria non solo senza
effettuare
ulteriori verifiche
ed accertamenti (rispetto a quelli condotti da
Agenzia Entrate) e semplicemente recependo quanto riportato nell’atto
impositivo, ma viepiù senza attendere l’esito definitivo del giudizio tributario.
Il presente articolo si propone di analizzare in maniera critica, la disciplina
vigente in materia, gli strumenti che l’ordinamento pone a tutela del contri-
buente, nonché lo stato della giurisprudenza di merito e di legittimità.
2.
L’emissione dell’avviso di addebito:
responsabilità e disciplina di riferimento
Un primo importante interrogativo si impone: l’introduzione del c.d. “ac-
certamento unificato” di cui in premessa, esenta
tout court
l’Ente
previdenziale dal controllo sulla legittimità della maggiore richiesta di con-
tributi emergente dall’avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle
Entrate?
A giudizio di chi scrive la risposta non può che essere
negativa.
E ciò sulla base di due considerazioni.
Una prima risposta (negativa appunto) a tale quesito pare infatti essere
fornita dalla stessa (approfondita) lettura degli avvisi di addebito che ven-
gono notificati ai contribuenti. In essi, infatti, si può leggere: «
Il responsa-
bile del procedimento di formazione, emissione e notifica del presente
avviso di addebito è il Sig. …
». Ebbene l’indicazione del responsabile del
procedimento, come statuito (in materia di cartella di pagamento, ma analo-
ghe conclusioni devono ravvisarsi anche per gli avvisi di addebito) dalle
sentenze della
Corte costituzionale n. 377/2007 e n. 58/2009
«
lungi dal-
l’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la
trasparen-
za dell’attività amministrativa
, la
piena informazione del cittadino
(
an-
che ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garan-
zia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento
e dell’imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art.
97, primo comma, Cost.
».
I termini «
formazione
», «
emissione
» e «
notifica
» lungi dal rappresentare
sinonimi, esprimono concetti (e, sono parole della Corte costituzionale,
«responsabilità») specifiche e diverse fra loro. Il legislatore sembra dun-
que aver voluto che l’INPS sia responsabile della
emissione
(ossia del
contenuto dell’avviso di addebito) e quindi non solamente della sua
mera
stampa (e quindi quella addebitabile all’INPS non parrebbe essere una
mera attività meccanica quale potrebbe essere la stampa, ma una attività
accertativa che investe anche l’
an
e il
quantum
della pretesa contributiva).
In quanto responsabile dell’emissione, l’INPS non potrebbe dunque limi-
tarsi a recepire acriticamente l’accertamento espletato dall’Amministrazio-
ne Finanziaria, ma dovrebbe svolgere adeguati ed autonomi poteri istrutto-
ri per verificare se la richiesta di maggiori contributi avanzata nei confronti
del cittadino sia o meno fondata.
La seconda ragione è rinvenibile sotto il profilo più prettamente
“processuale”. La Suprema Corte di Cassazione, infatti, con le sentenze n.
22862/2010, n. 12108/2010, n. 19762/ 2008 e, più recentemente, n. 14965/
2012 ha chiarito che nel giudizio di opposizione all’avviso di addebito che,
come vedremo, si instaura dinanzi al Giudice (ordinario) del lavoro, il con-
tribuente/opponente assume la veste (solo) formale di attore e la veste
sostanziale di convenuto, mentre l’INPS assume la veste formale di conve-
nuto ma sostanziale di attore, con conseguente riparto dell’onere probatorio.
Così si esprime la Suprema Corte: «
nel giudizio promosso da una società
per l’accertamento dell’insussistenza dell’obbligo contributivo preteso
dall’INPS sulla base di verbale ispettivo,
incombe sull’Istituto
previdenziale la prova dei fatti costitutivi del credito preteso
,
rispetto ai
quali il verbale non riveste efficacia probatoria
. L’opposto indirizzo
giurisprudenziale, per lungo tempo dominante, secondo cui l’onere del-
la prova grava sul soggetto che agisce in giudizio (cfr. Cass. n. 11751/
2004, n. 23229/2004, n. 2032/2006, n. 384/2007) non risulta, infatti,
conforme alla regola fondamentale sulla distribuzione dell’onere della
prova di cui
all’art. 2697 c.c.
; aggrava ingiustificatamente la posizione
di soggetti indotti o praticamente costretti a promuovere un’azione di
accertamento negativo dalle circostanze e specificamente da iniziative
stragiudiziali o giudiziali mediante strumenti particolarmente efficaci
della controparte; (…) poichè l’attore in accertamento negativo non fa
valere il diritto oggetto dell’accertamento giudiziale, ma, al contrario,
ne postula l’inesistenza, è invece il convenuto che virtualmente o concre-
tamente fa valere tale diritto, essendo la parte controinteressata rispetto
all’azione di accertamento negativo. Una considerazione complessiva
delle regole di distribuzione dell’onere della prova di cui ai due
commi dell’art. 2967 c.c., conferma che esse sono fondate non già sulla
posizione della parte nel processo, ma sul criterio di natura sostanziale
relativo al tipo di efficacia, rispetto al diritto oggetto del giudizio e
all’interesse delle parti, dei fatti incidenti sul medesimo. Dare rilievo
all’iniziativa processuale vuol dire, quindi, alterare in radice i criteri
previsti dalla legge per la distribuzione dell’onere della prova, addos-
sando al soggetto passivo del rapporto, in caso di accertamento negati-
vo, l’onere della prova circa i fatti costitutivi del diritto e quindi impo-
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