Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 3

NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
colpato e l’istruttore. Va tenuto presente che l’esponente non è parte del procedi-
mento, ma assume una funzione paragonabile a quella di un teste.
Il diritto alla difesa è tutelato in vari modi. L’incolpato deve essere ascoltato in tutte
le fasi del procedimento. Va peraltro tenuto presente che l’obbligo di adempiere alle
legittime richieste degli organi della professione può valere, in materia disciplinare,
solo per gli iscritti informati dei fatti, ma non per l’incolpato, per il quale prevale il
diritto alla difesa (
nemo tenetur contra se edere
). In concreto l’incolpato ha il
diritto, ma non l’obbligo, di presentarsi, ovvero di rendere dichiarazioni.
La disposizione
“per quanto non espressamente previsto, si applicano, in quanto
compatibili, le norme del codice di procedura civile”
(art 49 comma 3 D.Lgs. 138/
2006) non deve far dimenticare che mentre il giudice civile deve attenersi rigorosa-
mente al
petitum
, e quindi a quanto esposto e richiesto dalle parti, il Consiglio di
Disciplina può e deve operare anche d’ufficio (art 50 comma 2 D.Lgs. 139/2005),
a prescindere da quanto indicato e richiesto dagli interessati (esponenti).
Va inoltre tenuto presente che l’incolpato ha diritto di accedere agli atti (in sostan-
za, il fascicolo del procedimento) e ciò ai sensi della legge 241/1990 (articoli 2-3 e
22-25). Si ritiene che analogo diritto spetti all’esponente
Sempre a proposito della legge 241/1990 (art 5) è necessario che venga designato il
relatore. I testi rappresentano spesso un elemento utile, e non di rado determinante,
per una corretta gestione del procedimento disciplinare.
Secondo il Regolamento generale
“possono essere altresì sentiti l’esponente ed altri
soggetti informati dei fatti, ai quali può essere chiesta l’esibizione di documenti”
(art
11 comma 3). Tenuto conto della natura e delle finalità dei Consigli di Disciplina è
da ritenere che questi possano essere convocati, ed utilizzati, ancorché non richia-
mati dall’accusato, ovvero dall’esponente. A questo proposito va tenuto presente
che nel procedimento disciplinare l’esponente non è parte, ma va considerato come
un teste, ancorché in una posizione particolare. E’ previsto che
“l’incolpato può
farsi assistere da un avvocato o da altro iscritto nell’Albo di qualunque Ordine
territoriale”
(art. 14 comma 3 Regolamento). Si è notato che l’assistenza da parte
di altro iscritto è, di fatto, desueta. Essa andrebbe invece utilizzata.
Della natura e misura delle sanzioni
L’Ordinamento prevede tre tipi di sanzioni, e cioè:
- la censura;
- la sospensione dall’esercizio della professione per un periodo sino a due anni;
- la radiazione.
Il diritto alla difesa (dell’incolpato) non è specificamente menzionato, ma ad esso si
ispirano specifiche indicazioni procedurali (v. art. 50 comma 7)
L’Ordinamento non fornisce indicazione né sulla natura, né sulla misura (nel caso di
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale) delle sanzioni applicabili in
relazione alle singole infrazioni. Si limita ad una enunciazione che potremmo chia-
mare di “civiltà giuridica” (per usare una locuzione usata dalla Corte Costituziona-
le) e cioè che
“del profilo soggettivo deve tenersi conto in sede di irrogazione
dell’eventuale sanzione, la quale deve essere comunque proporzionata alla gravità
dei fatti contestati ed alle conseguenze dannose che possono essere derivate dai
medesimi”
(art. 50 comma 5 Ordinamento).
A questo deve aggiungersi il richiamo, contento nell’art 49 comma 2, ai principi
dell’imparzialità e del contraddittorio.
A questa evidente carenza dell’ordinamento il Consiglio Nazionale ha di recente
cercato di porre rimedio l’emanazione di un Codice delle Sanzioni, che entrerà in
vigore il 1 gennaio 2017. Su tale documento vanno fatte alcune considerazioni.
1- Viene opportunamente chiarito che la sanzione della censura e la sanzione della
radiazione si applicano per le infrazioni rispettivamente meno gravi e per quelle di
assoluta gravità.
2 - Opportunamente una particolare attenzione viene data alla misura della sanzio-
ne della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale che l’Ordinamento
prevede fino a 2 anni. In proposito il Codice usa costantemente la formula “fino a
…”, lasciando quindi spazio alla modulazione della sanzione a seconda degli ele-
menti soggettivi, al riconoscimento della colpa o del dolo, al danno effettivamente
arrecato. In concreto il Codice delle Sanzioni, salvo casi specifici - e cioè l’infrazio-
ne di cui all’art 24, commi 3, 4 e 5 Codice Deontologico (per i quali è prevista un
minimo di sanzione) – indica solo i limiti massimi della sanzione.
3 - Il Codice fa ampio riferimento alle circostanze attenuanti ed aggravanti, le quali
non solo intervengono per la determinazione della sanzione fra il minimo (da inten-
dersi come l’irrogazione di una sospensione di pochi giorni) ed il massimo, ma
consentono anche una diversa forma di sanzione, e cioè la censura al posto della
sospensione dall’attività nei casi di particole tenuità e la radiazione il luogo della
sospensione temporanea in casi di particolare gravità. Non è espressamente disci-
plinato il concorso di circostanze attenuanti e circostanze aggravanti.
4 - Della tenuità dell’infrazione si fa riferimento all’art 5, con l’indicazione che la
decisione vamotivata (il che è intuitivo),ma anche accompagnata “dalla verbalizzazione
di un richiamo all’interessato”, che – ovviamente - non costituisce una sanzione (se lo
fosse risulterebbe violata la norma contenuta nell’Ordinamento), ma avrà valore di
precedente nella valutazione futura di eventuali violazioni della stessa natura.
5 - Per la carenza di crediti formativi non è stata applicato un criterio matematico
(una sospensione per un numero di giorni rapportati al numero di crediti non
conseguiti), ma si è ripetuta la formula “fino a …”, ancorché parametrata alle varie
fasce di carenze.
6 - Sempre in materia di carenza di crediti formativi appaiono due previsioni, alle
quali è difficile non riconoscere la natura di sanzioni, ancorché indirette. Ci riferia-
mo al divieto di accogliere tirocinanti (per il quale il Codice fa riferimento al decreto
MIUR n. 149/2009 art 1, comma 5) ed il divieto di inserimento in particolari elenchi
per l’assegnazione di incarichi (per il quale non è indicata alcuna precedente fonte
normativa). Entrambe le previsione suscitano dubbi sulla legittimità di una
normazione secondaria (in tale fattispecie ricade anche il decreto del MIUR) rispet-
to ad una normazione primaria (il decreto legislativo portante l’Ordinamento) per
la possibile violazione dei principi di razionalità e proporzionalità.
Non si vede infatti perché un iscritto che ha coltivato una particolare specializzazione
(si pensi alla revisione degli enti locali ovvero alle procedure fallimentari) ed abbia
maturato numerosi crediti formativi in tali materie non possa essere inserito nei
relativi elenchi solo per non aver maturato, nel complesso, i 90 crediti formativi
prescritti. E’ comunque opportuno che, nell’applicare la sanzione, venga chiarito il
periodo per il quale scatta il divieto al tenere praticanti ovvero ad essere iscritto in
particolari elenchi.
Del procedimento semplificato per alcune fattispecie di infrazioni
Il CN ha approvato, nella seduta del 20-21 maggio 2016, una procedura semplifica-
ta per alcune fattispecie di illecito, e cioè il mancato conseguimento di crediti
formativi, il mancato versamento del contributo annuale di iscrizione, la mancata
attivazione o l’irregolare uso della PEC e la mancata stipula di idonea polizza
assicurativa. Il procedimento speciale differisce da quello ordinario, in quanto –
sostanzialmente - viene eliminata la fase istruttoria.
Stupisce che non vengano qui esplicitamente riprese le disposizioni contenute nel
Capo II del Regolamento generale, sulla natura e composizione dei Consigli e dei
collegi, sulle relative competenze e sulle cause di astensione e ricusazione. Trattan-
dosi peraltro di disposizioni di razionalità e di rispetto dei principi generali, esse
devono essere implicitamente richiamate e di esse deve tenersi conto.
Perplessità suscita la previsione dell’art 6 comma 5
“nei confronti dell’iscritto,
qualora sanzionato, può essere disposto il rimborso forfetario delle spese ammini-
strative del procedimento se e nei limiti di quanto deliberato dal Consiglio
dell’Ordine”,
previsione che non compare nel Regolamento generale.
Dal momento che il procedimento speciale è più semplice di quello generale conse-
gue che esso da luogo ad un minor dispendio di tempo e di costi per l’Ordine.
Ne consegue che tale disposizione può essere considerata contraria a ragionevolez-
za, a meno che non si intenda come conferma di un principio generale, da applicare
anche – ed a maggior ragione – nel caso di applicazione del Regolamento generale.
Sulla disposizione di cui all’art 8 (Conseguenze del mancato assolvimento dell’ob-
bligo formativo) si è parlato a proposito delle sanzioni.
Sulla relazione fra procedimento disciplinare e procedimento penale
L’art. 2 comma 3 Ordinamento prevede che
“se il procedimento disciplinare ha
luogo per fatti costituenti anche reato per i quali sia iniziata l’azione penale, il
termine di prescrizione disciplinare comincia a decorrere dal passaggio in giudi-
cato della sentenza penale”.
Si è dunque in presenza di un caso di interruzione del procedimento.
Quanto agli effetti del giudicato penale potranno verificarsi i seguenti casi:
1.- Se il processo si estingue per insussistenza del fatto ovvero perché questo non
è stato commesso dall’imputato (nel nostro caso l’incolpato) anche il procedimen-
to disciplinare va archiviato;
2.- Se il processo si chiude con l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato,
l’azione disciplinare dovrà proseguire per accertare se il fatto in parola non com-
porti violazioni delle norme deontologiche;
3.- Se il processo si conclude con la condanna dell’imputato, il procedimento
disciplinare dovrà aver corso, facendo peraltro attenzione a rispettare il principio,
a più riprese fatto presente dalla Corte di Giustizia Europea, del
ne bis in idem
.
L’art 4 del Protocollo 7 della CEDU prevede infatti che
“nessuno può essere
perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un
reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza
definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato.
La disposizione ha quindi introdotto l’istituto cosiddetto
“ne bis in idem”
in ma-
teria penale, e cioè il divieto di sanzionare due o più volte un soggetto per lo stesso
fatto penalme te rilevante. Ancorché trattasi di una prescrizione di natura penale,
si ritiene che tale disposizione valga – per il principio di prevalenza della sostanza
sulla forma - anche per i procedimenti di natura amministrativa (come sono paci-
ficamente i Consigli di Disciplina), quando la sanzione incide sulla libertà personale
del soggetto, ed in tale concetto rientra anche la libertà di esercitare una professione.
A questo proposito ci si deve chiedere qual è il limite di durata oltre il quale la
sospensione dall’attività professionale configura una lesione della libertà personale
dell’individuo. Ancorché la giurisprudenza della CEDU non sia univoca si può
affermare che una sospensione di due o tre mesi non configuri siffatta lesione,
mentre una sospensione di durata superiore ai cinque mesi lo configura.
E’ inoltre opportuno tenere presente (e fare presente nella decisione) le diverse
finalità dei due tipi di sanzione, e cioè che la sanzione penale si propone di tutelare
i diritti della collettività, mentre la sanzione disciplinare è volta a tutelare i diritti
della categoria professionale e dei clienti di questa.
Considerazioni propositive
Si ritiene che, al fine di garantire un corretto funzionamento dei Consigli di Discipli-
na e conseguire quindi l’obiettivo che il legislatore del dl 138/2011 chiaramente si
propone, sarebbe opportuno un intervento correttivo ed integrativo da parte del
legislatore. Quanto al numero di componenti i collegi, è da ritenere che, una volta
che i Consiglio di Disciplina siano composti da un numero di consiglieri pari al
numero dei componenti i Consigli degli Ordini, un numero di collegi fino a cinque
sia ridondante. Per questo motivo sarebbe auspicabile una modifica legislativa che
prevedesse che, nel caso di Consigli di Disciplina composti da più di undici consi-
glieri, i collegi siano composti da cinque consiglieri.
Dovrebbe essere meglio delineata la funzione istruttoria (cfr art 3 comma 5 lett f) dl
138/2011), anche per realizzare una terzietà del decidente, ovvero per rendere possi-
bile il contraddittorio con la difesa (dell’incolpato). Se venissero legittimati collegi
composti da cinque consiglieri, ad uno o due di essi potrebbe essere attribuita la
funzione istruttoria; questi consiglieri non potrebbero votare nella funzione decisoria.
Nel frattempo, nei Consigli di Disciplina composti, ad esempio, da quindici com-
ponenti, a tre di essi potrebbe essere attribuita la funzione istruttoria; ne risultereb-
bero quindi solo quattro collegi decidenti.
Andrebbe poi meglio regolamentata la funzione disciplinare a livello di Consiglio
Nazionale. L’attuale norma non ne chiarisce l’ambito applicativo
Sul piano regolamentare è poi necessario che venga meglio chiarito il procedimento
disciplinare dinanzi al CN. Il Regolamento per la Funzione Disciplinare dovrebbe
riferirsi ad entrambe le fasi (dinanzi ai CdD territoriali e dinanzi al CN), analoga-
mente a quanto previsto dei codici di procedura (civile e penale).
Ancora sul piano regolamentare andrebbe previsto che, nel caso di ricorso al CN, la
sanzione venga sospesa. Meriterebbero poi una meditazione istituti quale la deter-
minazione della sanzione su richiesta dell’incolpato (anche per evitare un eccesso
di ricorsi al Consiglio Nazionale) e la possibilità di evitare la sanzione mediante il
pagamento di una somma (oblazione).
Consigli di Disciplina
SEGUE DA PAGINA 2
1,2 4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,...36
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