Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 2

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NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
GIANCARLO TOMASIN
Ordine di Venezia
Consigli di Disciplina:
bilancio di una nuova esperienza
SEGUE A PAGINA 3
PROFESSIONE
I Consigli di Disciplina sono stati previsti dalla legge delega 138/2011 ed istituiti
con il D.Lgs 137/2012 e sono entrati in funzione nel 2013.
Il Presidente del Consi-
glio di Disciplina di Venezia traccia alcune considerazioni sulla base dell’esperien-
za maturata nel corso del primo mandato, che scadrà il 31 dicembre 2016.
Premessa: Deontologia e disciplina
Per meglio inquadrare la materia dobbiamo preliminarmente chiederci che cos’è
l’etica (o deontologia) professionale e perché la disciplina.
“S’intende per etica professionale quell’insieme di regole di condotta cui si debbo-
no considerare sottoposte la persone che svolgono una determinata attività e che
generalmente differiscono dall’insieme delle norme della morale comune o per
eccesso o per difetto, vale a dire perché impongono ai membri della corporazione
obblighi più rigidi oppure perché li esentano da obblighi impraticabili, come quello
di dire la verità nel caso del medico di base di fronte al malato di una malattia
incurabile. Nulla vieta di chiamare le etiche professionali morali singolari nello
steso senso in cui si parla nella teoria giuridica di diritti singolari, tanto più che gli
stessi utenti amano attribuire a esse un nome specifico e particolarmente impegna-
tivo per la sua solennità: deontologia”
(Norberto Bobbio,
Etica e Politica
).
Ovviamente per dare un senso al sistema deve esistere un organo che controlli che
tali disposizioni siano rispettate dai componenti la professione ed applichi le
sanzioni a chi non le rispetta. Per ogni convivenza umana non è solo necessaria
l’esistenza di regole di condotta ben fondate, ma altresì la loro osservanza.
Per disciplina si intende l’insieme delle procedure per l’applicazione di sanzioni a
chi non rispetta tali disposizioni.
Oggetto dell’attività dei Consigli di Disciplina è l’accertamento della commissione,
da parte di un iscritto, di
“azioni od omissioni che integrino violazione di norme di
legge e regolamenti, del codice deontologico, o siano comunque in contrasto con i
doveri generali di dignità, probità e decoro, a tutela dell’interesse pubblico al corretto
esercizio della professione
” (art 49 D.Lgs 139/2005). Il successivo art 50 comma 6
precisa peraltro che
“il professionista è sottoposto a procedimento disciplinare anche
per fatti non riguardanti l’attività professionale, qualora si riflettano sulla reputazio-
ne professionale o compromettano l’immagine e la dignità della categoria”.
In concreto sono sempre perseguibili le infrazioni in materia deontologica commes-
se nell’esercizio della professione, mentre altre infrazioni sono perseguibili solo se
hanno riflessi sulla reputazione professionale o compromettono l’immagine e la
dignità della categoria.
Le sanzioni, e lo stesso procedimento potranno essere evitati nel caso di tenuità
dell’infrazione, tenuto conto dell’orientamento della Corte Costituzionale (senten-
za 25/2015) e dell’art 5 comma 3 Codice Sanzioni.
Della natura, struttura e finalità dei Consigli e dei collegi di disciplina;
Tradizionalmente il controllo del rispetto delle norme deontologiche da parte dei
partecipanti ad una data professionale e la conseguente applicazione di sanzioni (la
“disciplina”) era svolta dagli stessi Consigli degli Ordini (o collegi).
Una modifica si è avuta con il decreto legge 138/2011, convertito nella L. 148/2011, che
ha voluto affidare l’intera materia della disciplina professionale, e cioè del controllo del
rispetto della deontologia da parte degli iscritti ad organi diversi dai Consigli degli
Ordini. Non deve stupire che tale modifica sia stata apportata con un documento
legislativo rubricato
“Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo”
nell’ambito del titolo II denominato
“Liberalizzazioni, privatizzazioni ed
altre misure per favorire lo sviluppo”.
Infatti obiettivo del provvedimento è stato
quello di favorire la concorrenza e la concorrenza comporta il rispetto delle norme:
abbiamo infatti visto che l’autorego-lamentazione dei mercati è un mito.
L’intenzione del legislatore (cfr. art. 12 preleggi) è stata quindi da un lato quella di
affermare l’importanza della funzione disciplinare nell’ambito dell’esercizio delle
libere professioni e, dall’altro, quella di sottrarre questa materia ad organi oggetto di
periodiche elezioni (non di rado assai combattute) e ciò per garantire una maggiore
indipendenza e libertà di giudizio.
Lo stesso legislatore ha voluto precisare che è attribuita ai nuovi organi, e cioè ai
Consigli di disciplina, l’intera materia, nei suoi due momenti, dell’istruzione (che
rappresenta la proiezione sul piano amministrativo della funzione inquirente del
piano giudiziario) e della decisione (corrispondente alla funzione giudicante).
Ne consegue che tutte le attribuzioni che l’Ordinamento conferiva ai Consigli degli
Ordini in materia di disciplina ai sensi del Capo V, sono ora attribuite ai Consigli di
Disciplina. I Consigli di Disciplina sono quindi organi autonomi, indipendenti e di
pari grado dei Consigli degli Ordini.
Con D.P.R.137/2012 il legislatore delegato ha meglio delineato la relativa disciplina.
La nomina dei componenti i nuovi organi è demandata ai presidenti dei Tribunali
competenti, ancorché su liste presentate dai Consigli degli Ordini.
Sulla composizione numerica dei Consigli di Disciplina la previsione di
“un nume-
ro di consiglieri pari a quello dei consiglieri che, secondo i vigenti ordinamenti
professionali, svolgono funzioni disciplinari nei consigli di dell’ordine o collegio
territoriali presso cui sono istituiti”
è stata intesa, in occasione della prima nomina
dei consigli di disciplina, da qualche Ordine come riferita a quelle “commissioni di
disciplina” che presso la generalità degli ordini svolgevano la funzione istruttoria
nei procedimenti disciplinari, mentre da altri ordini è stata intesa come riferita
all’intero Consiglio, titolare della funzione decisoria.
Anche per uniformità di indirizzo è opportuno che in futuro venga accolta questa
seconda interpretazione e quindi i consigli di disciplina siano composti da un numero
di consiglieri pari al numero di consiglieri componenti il consiglio dell’ordine corri-
spondente. Sempre per garantire maggiore indipendenza e libertà di giudizio, tenuto
conto dei possibili casi di incompatibilità o ricusazione, è stato poi statuito che i
Consigli di Disciplina si articolino in collegi (corrispondenti alle sezioni degli organi
giudiziari) e quindi che le decisioni siano assunte da questi ultimi.
La costituzione di collegi è quindi obbligatoria. Quanto alla composizione dei sin-
goli collegi il suddetto legislatore delegato ha statuito che
“sono comunque compo-
sti da tre consiglieri
”. A seguito dell’ambigua dizione “
da minimo tre componenti
”,
contenuta nel Regolamento approvato dal CN l’8 novembre 2012, molti consigli di
disciplina, in sede di prima applicazione della nuova disciplina, hanno costituito
collegi composti da un numero superiore di consiglieri.
Anche per uniformità di indirizzo è opportuno che in futuro i collegi di disciplina
siano composti da tre consiglieri, con la precisazione che, nel caso di consigli di
disciplina composti da un numero di membri non multiplo di tre, uno o due collegi
di disciplina saranno composti da quattro componenti, e ciò per il principio di
ragionevolezza, dal momento che non possono esistere consiglieri senza incarichi.
L’esonero dall’istituzione dei collegi nel caso di Consigli di Disciplina composti da
meno di sei consiglieri non dovrebbe trovare più applicazione se si perverrà a
Consigli di Disciplina composti da un numero di consiglieri pari a quello dei Con-
sigli degli Ordini.
Quanto alla natura degli organi in parola è pacifico che trattasi di organi amministra-
tivi, e ciò ancorché il punto sia chiaramente indicato dal legislatore delegato solo con
riferimento ai procedimenti disciplinari dinanzi ai consigli nazionali (D.P.R. 137/
2012 art. 8 comma 7). Da tutto questo deve desumersi l’”intenzione del legislatore”
(art. 12 preleggi) di dar vita ad organi in grado di meglio garantire il rispetto dei
principi deontologici da parte dei professionisti, e ciò nell’interesse sia delle rispet-
tive categorie che della collettività
Dell’esercizio dell’azione disciplinare
Il Procedimento Disciplinare è legislativamente disciplinato dal Capo V del d.lgs
139/2005 portante l’Ordinamento della professione (in seguito: Ordinamento)
Va ricordato che il Consiglio Nazionale, avvalendosi dei poteri conferitogli dall’art
29 lett c) Ordinamento, ha emanato, in data 18/19 marzo 2015 il Regolamento per
l’esercizio della funzione disciplinare. Ha poi approvato, in data 20/21 maggio
2015 il Regolamento per alcune specifiche infrazioni, sul quale si tornerà in seguito.
Va poi ricordato che, sempre in base alla citata delega contenuta nell’art 29 citato,
ha emanato un nuovo Codice Deontologico ed un Codice delle Sanzioni.
Il procedimento disciplinare ha inizio
“d’ufficio o su richiesta del Pubblico Mini-
stero presso il tribunale nei cui circondario ha sede il Consiglio ovvero su richiesta
degli interessati
” (art 50 Ordinamento).
L’intervento del Pubblico Ministero si è rivelato desueto.
L’avvio del procedimento d’ufficio (e cioè su iniziativa dello stesso Consiglio di
disciplina) è considerato come preminente dall’Ordinamento, ma è scarsamente
applicato. Esso si basa su notizie comunque pervenuto a conoscenza del Consiglio,
ovvero di singoli consiglieri, per esperienza diretta, per notizie diffuse sui media o
in modo anche informale.
Si pone il problema delle informazioni (lettere) anonime.
Le comunicazioni anonime vanno, in linea di principio, cestinate. Se peraltro esse
sono circostanziate fa carico al Consiglio assumere caute informazioni per accertar-
ne la fondatezza. Tutto questo nel rispetto della normativa corrente in materia di
privacy ed avendo cura di non danneggiare l’iscritto oggetto della comunicazione.
Diverso è il caso di segnalazioni delle quali è noto il mittente, ma questo non può
essere considerato “interessato”. La segnalazione va tenuta presente per dar luogo,
ove ne ricorrano i presupposti, ad un procedimento d’ufficio.
Più frequente è la richiesta degli interessati, e cioè la comunicazione di un fatto o di
un comportamento asseritamente in violazione dei principi deontologici da parte di
un iscritto all’Ordine e, di solito, lesivo degli interessi dell’esponente.
La lettera che contiene siffatta doglianza, e che può essere indirizzata al Consiglio
di Disciplina, ma anche all’Ordine o al Consiglio dell’Ordine (spesso nelle persone
dei rispettivi Presidenti) va prontamente trasmessa al Consiglio di Disciplina.
Se la doglianza si desume da una comunicazione inviata all’Ordine, con un contenu-
to anche di competenza del Consiglio dell’Ordine, è opportuno che la lettera venga
fotocopiata, con gli allegati, ed i due esemplari vengano consegnati ai rispettivi
organi, per gli espletamenti di competenza.
Della formazione del contraddittorio e del diritto
alla difesa; l’utilizzo dei testi
La necessità del contraddittorio nell’azione disciplinare è esplicitamente richiesta
dall’art. 49 Ordinamento.Va peraltro rilevato che mentre il diritto alla difesa dell’in-
colpato è chiaramente indicato e tutelato, non è chiaro, o comunque non è esplici-
tamente regolato l’esercizio dell’accusa (comunque denominata), senza la quale
non si comprende come possa attuarsi il contraddittorio.
E’ quindi necessario che tale contraddittorio si realizzi nell’ambito della funzione
istruttoria espressamente indicata nel citato dl 138/2011, sempre all’interno del
Consiglio di disciplina. Il nostro Regolamento per la funzione disciplinare non fa
cenno alla separazione delle due funzioni, istruttoria e decidente, separazione che è
invece prevista dall’omologo Regolamento forense.
L’attuale struttura non va considerata illegittima, dal momento che trattasi di un
procedimento amministrativo e la netta separazione delle due funzioni è prevista
dall’art 111 Cost. solo per i procedimenti giudiziari.
Sia nei procedimenti d’ufficio che in quelli su richiesta degli interessati (art 50
comma 2 Ordinamento) il contraddittorio si realizza quindi nel confronto fra l’in-
1 3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,...36
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