Il Commercialista Veneto n.232 (LUG/AGO 2016) - page 32

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NUMERO 232 - LUGLIO / AGOSTO 2016
IL COMMERCIALISTA VENETO
internazionali, che vedono nella minaccia del riciclaggio, sia esso anche solo poten-
ziale, “uno dei canali più insidiosi di contaminazione fra il lecito e l’illecito, un
passaggio essenziale senza il quale il potere d’acquisto ottenuto con il crimine
resterebbe solo potenziale, utilizzabile all’interno del circuito illegale ma incapace
di tradursi in vero potere economico” (Risoluzione del Parlamento europeo del 25/
10/2011 sulla criminalità organizzata nell’Unione europea).
Altro concetto da non dimenticare mai è quello che il sistema della prevenzione di
cui alla legge antiriciclaggio altro non è che una normativa per la gestione di un
rischio all’interno degli studi professionali, e nasce e trova ispirazione da una
approfondita analisi di quelle che sono le criticità ed i pericoli per i professionisti
oltre che per prevedere delle misure organizzative per scongiurarli ed evitarli.
Questa normativa obbliga il professionista a far diventare centrale (e questa volta
sanzionata in caso di inosservanza) la conoscenza del cliente.
L’adeguata verifica, altro non dice di conoscere il cliente, e impone ai professionisti
di modulare il rigore e l’approfondimento degli obblighi di identificazione del clien-
te e del titolare effettivo allo specifico rischio di riciclaggio che in quel momento si
trovano a dover gestire.
In maniera molto semplice, identificare il cliente altro non vuol dire che essere sicuri
che quella prestazione sia stata richiesta da quel cliente, e quindi senza nessun
problema dobbiamo far diventare l’obbligo di verificare l’identità e quindi di acqui-
sire un documento d’identità una regola generale ed assolutamente da rispettare.
Attenzione che questa norma, nei casi di opacità del cliente, o di particolari localiz-
zazioni dello stesso, lascia il professionista solo e senza strumenti per gestire quel
rischio, al punto tale che questa norma suggerisce di astenersi e di non eseguire
l’operazione o la prestazione professionale; suggerimento che il professionista
potrà accogliere o meno (la norma questo evidenzia), con la conseguenza che in caso
di prosecuzione dell’attività professionale sarà il professionista ad assumersi tutti
i rischi e le eventuali responsabilità del suo agire.
Altro aspetto importantissimo è quello dell’identificazione del titolare effettivo, e
cioè in breve, l’identificazione di quella persona fisica o di più persone fisiche che,
se esistono, sono i reali beneficiari della prestazione professionale.
Su questo aspetto, particolarmente critico, la legge con grandissima naturalezza
prevede diverse modalità con cui osservare tale obbligo, in funzione del diverso
livello di rischio che il professionista è chiamato a gestire. E attenzione, ogni moda-
lità con cui la legge prevede l’identificazione del titolare effettivo è corretta e non
sanzionata, purchè il professionista abbia preventivamente individuato il livello di
rischio del cliente da gestire. Infatti i professionisti, per identificare e verificare
l’identità del titolare effettivo, “possono decidere” di fare ricorso a pubblici regi-
stri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque contenenti informazioni sui
titolari effettivi, chiedere ai propri clienti i dati pertinenti ovvero ottenere le infor-
mazioni in altro modo. A ben vedere, ed in diritto, il legislatore, offrendo diverse
opzioni al professionista, consente allo stesso di rispettare la norma scegliendo lui
stesso quale modalità ritiene più idonea senza obbligarlo a privilegiarne una piutto-
sto che l’altra, e questo è lo spirito che la legge si propone.
In situazioni ordinarie e di rischio standard, il professionista potrà certamente
acquisire i dati direttamente dal cliente, ovvero ricavarli ad esempio mediante la
consultazione di una normalissima visura camerale.
Sempre in materia di titolare effettivo, e secondo l’approccio di modulazione degli
obblighi in funzione del rischio, in situazioni di rischio standard non è necessario
acquisire il documento d’identità del titolare effettivo, anche se spesso nella realtà di
moltissime imprese di ridotte dimensioni la compagine societaria è talmente ridotta,
se non addirittura di matrice familiare, che il professionista potrebbe anche disporne.
Si è vero, come professionisti o sarebbe meglio dire come professionisti dell’area
legale di matrice nazionale, probabilmente non siamo abituati ad una norma che ci
consente spazi di manovra discrezionali, forse troppo abituati ad un sistema di
norme che ci impone obblighi e adempimenti precisi, ma la legge antiriciclaggio è
qualcosa che attiene al sistema della prevenzione, attiene alla regolamentazione di
livelli organizzativi, attiene alla definizione di procedure per gestire dei rischi spe-
cifici e soprattutto attiene a procedure con cui evitare determinati rischi.
Questa è la legge antiriciclaggio.
Questo è lo spirito del legislatore, e soprattutto devono essere respinti altri utilizzi
impropri di questa norma, che avrebbero l’effetto di far perdere di importanza ad
una norma che ha il pregio di proporsi di impedire la circolazione di capitali illeciti
da parte di alcuni operatori e certamente di lasciare ad altri operatori la repressione;
aspetto quest’ultimo che ovviamente è rimesso alle Autorità che con la loro profes-
sionalità investigativa, ed in base ai dati già citati sopra, sono chiamate a proteggere
l’intero sistema. Per questo motivo, nel momento in cui si pretenderà che i profes-
sionisti (anche se solo in modo surrettizio), abbiano le medesime capacità di inter-
cettare anomalie di altri e più qualificati operatori del contrasto alle attività illecite,
questa norma sarà destinata a fallire, e falliranno anche le importanti attività inve-
stigative di repressione del riciclaggio di denaro proveniente da attività criminose,
in particolare quelle svolte dalla Guardia di Finanza e dalla Dia.
Ecco perché la legge, nella sua più importante espressione, affida alle Autorità
competenti una grandissima responsabilità per garantire efficacia al sistema, e cioè
quella prevista all’art. 54 del D.Lgs. 231/2007.
In base a tale precetto normativo, le autorità competenti, in particolare la UIF, la
Guardia di finanza e la DIA, sono chiamate a fornire indicazioni aggiornate circa le
prassi seguite dai riciclatori e dai finanziatori del terrorismo, allo scopo di collabo-
rare con il sistema dei destinatari e con il fine di proteggere l’intero sistema dalle
minacce legate ai flussi finanziari illegali.
Di conseguenza, è opportuno che le misure preventive previste all’art. 54 del D.Lgs.
231/2007 relative alla diffusione da parte delle Autorità Competenti di prassi seguite
dai riciclatori e dai finanziatori del terrorismo, di indizi che consentono di riconoscere
operazioni sospette, di indicazioni sulle modalità di mascheramento di fondi prove-
nienti da forme gravi di criminalità e la raccolta di beni o di denaro a scopo di finanzia-
mento del terrorismo, vengano affrontate secondo la logica prevista dal D.Lgs. 231/
2007 della collaborazione attiva di tutti gli operatori chiamati in causa.
Tali indicazioni, soprattutto finalizzate a consentire ai professionisti in modo chia-
ro di riconoscere attività potenzialmente connesse con le condotte di cui si è discus-
so, saranno di fondamentale importanza, poiché in assenza delle stesse, tali opera-
tori oltre che essere esposti al concreto e reale rischio di non essere in grado di
riconoscere e valutare attività a rischio e quindi privare il sistema di un valido
presidio, rimangono esposti ad un regime sanzionatorio particolarmente critico.
Antiriciclaggio, ripartiamo
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TRE VENEZIE DA SCOPRIRE
La Scuola Grande
di S. Rocco a Venezia
Correva la metà del XVI secolo
, quando a Venezia gli organi direttivi della Scuola
Grande di San Rocco, una confraternita di laici fondata nel secolo precedente,
decisero di indire un concorso tra i migliori pittori operanti in città, al fine di
realizzare un “
telero
” che decorasse il soffitto della “Sala dell’Albergo”, nella nuova
sede monumentale da poco eretta.
Ai candidati venne dato un mese di tempo per presentare i disegni preparatori, in
base ai quali sarebbe stata scelta l’opera da realizzare.
Jacapo Robusti, detto il Tintoretto, non voleva assolutamente perdersi l’incarico:
e così, mentre gli altri erano ancora intenti sulle bozze preparatorie, egli decise di
sorprendere tutti, intrufolandosi nottetempo nella sala e ivi posizionando il dipinto
già finito raffigurante “San Rocco in Gloria”. Di fronte alla reazione sdegnata dei
committenti, il Tintoretto rispose che quello era il suo modo di lavorare, e che se
non volevano pagargli il lavoro, per lui andava bene ugualmente.
I committenti, a quel punto, ritennero di accettare il dono, cosa che però consentì al
Tintoretto di assicurarsi un viatico per la realizzazione di uno dei più strabilianti
cicli pittorici dell’arte veneziana, che tutti noi possiamo oggi ancora ammirare nella
sua stupefacente integrità.
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