Il Commercialista Veneto n.239 (SET/OTT 2017) - page 4

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NUMERO 239 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
amministratore senza uno specifico incarico professionale.
Un altro capitolo importante riguarda la gestione degli albi e degli elenchi,
soprattutto con riguardo all’ipotesi di chiedere l’introduzione delle
specializzazioni.
Quello delle specializzazioni è un tema molto importante, il Presidente
ne ha fatto quasi il propriomotto elettorale. Qual è la posizione dell’Unio-
ne a riguardo?
È senz’altro un ottimo principio: non è possibile pensare di essere compe-
titivi sul mercato con competenze meramente generaliste. Spaventa di più
come il principio possa essere praticamente declinato: un giovane che oggi
vuole affacciarsi alla professione in modo completo è obbligato ad un
periodo di tirocinio di almeno 18 mesi, che va a sommarsi agli ulteriori 18
mesi del tirocinio da revisore, deve sostenere quattro prove scritte ed una
prova orale e sarà assoggettato per tutta la sua carriera agli obblighi forma-
tivi periodici. Se a ciò aggiungiamo l’obbligo di frequenza di una Scuola di
Alta Formazione a pagamento per evitare di essere classificato come
“generalista”, il percorso di accesso diventa davvero eccessivo e si rischia
di rendere ancor meno attrattiva una professione che ha già perso parec-
chio appeal nel recente passato. Il riconoscimento legale delle
specializzazioni può avere una sua logica per bloccare il proliferare di albi,
registri ed elenchi (esperti in gestione della crisi, delegati alle vendite
giudiziarie, amministratori giudiziali, revisori legali, ecc.) che, aprendo le
iscrizioni anche ad altri soggetti meno qualificati, svilirebbero il percorso
formativo del dottore commercialista. Il rischio è che la specializzazione
diventi, invece, un’ulteriore barriera all’ingresso ed una sorta di “gabbia
dorata” dove tutti noi potremmo fregiarci del titolo di specializzazione sen-
za che abbia alcuna valenza riconosciuta sul mercato. Ogni giudizio è so-
speso in attesa delle proposte del Consiglio Nazionale. Ciò che, tuttavia, è
sicuro è che ci opporremo fortemente a riconoscimenti di specializzazioni
basati unicamente sugli anni di iscrizione all’albo o sull’età anagrafica.
E qual è il giudizio sulle Scuole di Alta Formazione?
Quella del Triveneto rappresenta un’eccellenza, non posso che compli-
mentarmi per il lavoro svolto. Io stesso sono docente per una SAF ed al
momento si tratta di un progetto troppo nuovo per esprimere giudizi, quasi
sperimentale. Sicuramente i corsi vanno probabilmente organizzati su un
arco temporale più ampio per evitare eccessivi giorni di assenza dagli studi
nei periodi di scadenze.
Un’ultima domanda, ai giovani colleghi cosa ti senti di consigliare?
Sicuramente di non essere troppo critici nei confronti delle novità, ma cer-
care di vederle sempre come un’opportunità. Trovo assurde, ad esempio,
le critiche mosse aprioristicamente nei confronti di normative molto
innovative come l’estensione dell’obbligo degli organi di controllo per le
società a responsabilità limitata, la fatturazione elettronica ed i soci di capi-
tale nelle STP da parte dei più giovani. In secondo luogo vorrei consigliare
a tutti di “ritornare ai numeri”: in tempo di crisi troppi giovani colleghi si
sono appiattiti su incarichi di natura giudiziale o paragiudiziale e la nostra
principale area di attività è stata temporaneamente dimenticata. Una visio-
ne eccessivamente miope. Da ultimo spero tanto che si diffonda un mag-
gior
favor
nei confronti delle aggregazioni: lo studio singolo in tempi di
specializzazione difficilmente potrà continuare ad essere competitivo, io
stesso da poco ho sposato un progetto di studio associato su cui credo
molto e che già sta dando i primi frutti.
Bene Giovanni, grazie e in bocca al lupo per il Tuo incarico.
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L'INTERVISTA
Una felice riconferma
te le fortificazioni presenti nei territori conquistati (Padova fu presa dai
generali veneziani il marzo). Nel restauro del 1875, secondo il gusto roma-
nico, furono aggiunti i merli a coda di rondine di stile ghibellino.
L’origine medievale del complesso è confermata dal reperimento su un
muro interno di una finestrella gotica (ora non visibile), e dalle poderose
colonne di sostegno in mattoni ancora presenti nella cantina. Nelle mappe
del XVII secolo la villa si presenta come un complesso quadrangolare,
formato su tre lati da vari edifici connessi fra loro e chiuso sul quarto da un
muro che tocca i fianchi della torre. L’apparenza dunque è proprio quella di
un complesso fortificato che fu probabilmente trasformato in residenza dai
proprietari nel corso del tempo. Dopo il 1812 il lato lungo la strada fu
demolito e sostituito dalle due torri di stile austriaco.
La villa è circondata da un grande parco che si estende su una superficie da
circa sei ettari. Il parco fu disegnato personalmente dal Conte Gerolamo
Giusti del Giardino padre di Vettore Giusti del Giardino, secondo lo schema
“inglese” di un alternanza di fasce alberate e di fasce di prato. Vi si trovano
molti alberi ormai monumentali, tra cui un antichissimo “pioppo Carolina”
(una tipologia di origine americana) che appare già individuato su una
mappa della meta del ‘700. Il patrimonio arboreo è stato gravemente dan-
neggiato da due violente trombe d’aria, (1972 e 2008) e oggi non è che la
pallida ombra di quello originale . Nel parco si estende un ampio laghetto di
stile prettamente romantico, dotato di isolette in cui venivano allevati daini
e uccelli rari.
La sala dell’Armistizio
Le sedute delle due Commissioni d’Armistizio si svolsero nella sala centra-
le al primo piano: una semplice sala di raccordo fra le due camere da letto.
Essa è stata accuratamente conservata nel medesimo stato in cui si trovava
il 3 novembre 1918. Qui sono custoditi quasi tutti gli arredi presenti il 3
novembre 1918: il tavolo su cui fu firmato l’armistizio, che ha una placca
bronzea a ricordo dell’evento; due coppie di
consolles
di forme diverse su
cui sono allineati residuati bellici; un tavolino, il tutto di legno leggero
laccato in nero nel tipico stile “povero” di fine ottocento. Attorno al tavolo
quattro seggiole nere di stile Thonet, delle quali una ha le gambe più corte,
caratteristica che una voce attribuisce al fatto che Vittorio Emanuele III per
la bassa statura quando era in divisa non riuscisse a toccare per terra, con
gli stivali, se seduto su una seggiola d’altezza normale.
In una teca sono custoditi una bandiera, che venne issata da un alpino su
un albero del parco alla notizia della firma dell’Armistizio, e il tappeto che
copriva il tavolo, ancora macchiato dell’inchiostro, del tè e del vino usati
dai membri delle Commissioni durante le lunghe sedute.
Nella sala sono anche presenti una Vittoria in bronzo di E. Rubino, donata
da Vittorio Emanuele III e una batteria di bombarde dell’epoca. Alle pareti,
sono appese le foto ufficiali della villa all’arrivo delle Delegazioni; una foto
aerea di Vienna scattata durante il famoso “Volo su Vienna” di Gabriele
d’Annunzio e da lui stesso donata; un’interessante e rara aerofogrammetria
di Padova eseguita dall’aviazione germanica nell’agosto del 1918; ritratti
autografati del Re, dell’Ammiraglio Thaon di Revel, del Generale Diaz e del
Generale d’Italia Pietro Badoglio; fotografie di un incontro del Presidente
del ConsiglioAntonio Salandra con il Re nel giardino del Parco. E’ presente
anche una riproduzione in bronzo dello storico Bollettino di Guerra del 4
novembre 1918 che comunicava la fine del conflitto e la vittoria delle truppe
italiane. Lungo lo scalone d’accesso alla sala, sono conservati vari diplomi
attestanti l’attività civile dei membri della famiglia; una parte di una colle-
zione di cartoline “reggimentali”; le foto originali del giuramento da Sena-
tore di Vettor Giusti del Giardino e della seduta del Senato del Regno d’Ita-
lia in cui al Presidente del Consiglio Antonio Salandra venne affidato il
potere di dichiarare la guerra all’Impero austro-ungarico.
Laproprietà
Fino alla fine del settecento la villa era di proprietà dei Conti Capodilista,
un’antichissima famiglia padovana che si fregia del titolo di Conti di Man-
dria: il loro stemma in marmo è appeso sulla facciata della Torre e in ferro
come bandierina segnavento in cima allo spalto più elevato. Dopo la fusio-
ne matrimoniale dei Capodilista con la famiglia dogale veneziana degli Emo,
la villa passò in proprietà a questi ultimi. Nel 1812 Paolina Emo Capodilista
sposò Vettor Daniele Pisani-Zusto, ultimo discendente maschio della ricca
e potente famiglia dogale di Venezia portando in dote il complesso della
villa con ampie proprietà terriere. Questi lasciò il complesso alla figlia Lau-
ra, che sposò il conte veronese Gerolamo Giusti del Giardino. Il complesso
poi passò al loro figlio Vettor Giusti del Giardino, che fu Sindaco della città
di Padova, presidente della provincia di Padova, e nel 1915 fu nominato
Senatore del Regno. Da Vettor Giusti la villa passo alla di lui moglie, la
contessa veneziana Giulia Bianchini d’Alberigo, sua cugina in secondo
grado e da questa, infine, ai pronipoti Giulia, Maria Enrica, Giovanni-Batti-
sta e Gerolamo Lanfranchi, che ne sono gli attali proprietari.
Villa Giusti
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