Il Commercialista Veneto n.236 (MAR/APR 2017) - page 5

NUMERO 236 - MARZO / APRILE 2017
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
GIUSEPPEREBECCA
Ordine di Vicenza
Il privilegio nella cessione di azienda
NORME E TRIBUTI
C
i si pone questa domanda: nel caso di cessione di azienda o di ramo di
azienda seguita da fallimento di entrambi i soggetti, cedente e cessionario,
il creditore privilegiato (privilegio generale) mantiene il privilegio anche
nei confronti del cessionario?
La norma che riguarda il caso è l’art.
2560 del cc
,
1
. La risposta non pare facile e
univoca, anche se la maggior parte degli interpreti propende per il mantenimento del
privilegio.
Innanzitutto si tratta di un accollo
ex lege.
Non si pone quindi il problema della
liberazione, da parte del creditore, del debitore originario, ragione per cui si può
ipotizzare trovi applicazione per analogia e “a contrario” – l’art.
1275 cod. civ
. che
stabilisce che solo se il creditore libera il debitore originario si estinguono le garanzie
connesse al credito.
Quindi nel nostro caso, essendo un accollo
ex lege
senza nessuna liberazione del
debitore originario (cedente), ne consegue che il creditore mantiene senz’altro inal-
terate le garanzie correlate al suo credito. E quindi il privilegio generale rimane.
Il cessionario è responsabile in solido con il cedente. Ciò significa che il creditore
può chiedere l’adempimento indifferentemente all’uno o all’altro soggetto. Il credi-
to del creditore rimane però sempre lo stesso, e poiché il “privilegio” è accordato
dalla legge in considerazione della causa del credito (art.
2745 cod. civ.
), si può
ritenere che sia la “causa” del credito a dover prevalere, e non la figura del soggetto
che dovrebbe adempiere all’obbligazione pecuniaria.
Il privilegio è una qualità del credito, dunque dovrebbe accompagnarne sempre
l’ammissione al passivo, che qui avverrebbe con riserva di pagamento del coobbligato
(se vi è
beneficium excussionis
), altrimenti puramente e semplicemente, salvo veri-
fica in sede di riparto di eventuali pagamenti del coobbligato.
Per una parte della dottrina, il privilegio generale rappresenta una qualità intrinseca
del credito; ne consegue che il creditore ha il diritto di far valere la causa di preferen-
za anche rispetto al patrimonio del cessionario dell’azienda. D’altra parte ed a
conferma di tale interpretazione, un’ipotesi di responsabilità in solido per debito
altrui, nel quale debitore principale e condebitore in solido sono entrambi falliti ed
il creditore “comune” vanta un credito assistito da privilegio generale è già discipli-
nata nella legge fallimentare, ed in particolare nell’art.
148, co. 3
. Norma che
appunto consente l’ammissione al passivo del credito del creditore sociale nel
fallimento della società e dei soci illimitatamente responsabili, “con il medesimo
eventuale privilegio generale”.
Ma nel nostro sistema il privilegio, anche quello generale, è dalla legge accordato in
considerazione della causa del credito (art.
2745, co. 1 c.c
.): il che dovrebbe portare
ad escludere che il responsabile in solido per debito altrui e di conseguenza i creditori
di quest’ultimo possa “subire”, oltre al peso economico del debito, anche la prelazione
che era stata dalla legge riconosciuta in virtù della causa che ha dato origine al credito
che si intende far valere. In effetti è proprio contando sul patrimonio aziendale
trasferito che chi reclama il privilegio ha concesso il credito. La corresponsabilità
dell’art.
2560 c.c.
risponde, infatti, all’esigenza di evitare una diminuzione della
garanzia patrimoniale conseguente a una transazione nella quale, per ragioni anche
del tutto lecite, prevalgono le dinamiche di parte.
La stessa logica accompagna l’art.
148 L.F. c. 3°
introdotto con la riforma del 2006,
che ha messo sullo stesso piano il patrimonio della società e quello dal socio illimi-
tatamente responsabile. E’, infatti, sull’intero compendio società/socio che ha fatto
affidamento il creditore al momento dell’insorgere dell’obbligazione.
Qualora si ipotizzasse di rientrare nella previsione della cessione del credito, si
potrebbe ricordare una sentenza della Cassazione del 2012 (
n. 13 del 5/1/2012)
“In tema di cessione del credito, la previsione del primo comma dell’art.
1263 cod.
civ.
, in base alla quale il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e
le garanzie reali e personali, anche con gli “altri accessori”, dev’essere intesa nel
senso che nell’oggetto della cessione rientri la somma delle utilità che il creditore
può trarre dall’esercizio del diritto ceduto, cioè ogni situazione giuridica diretta-
mente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia,
integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione, ivi compresi tutti i
poteri del creditore relativi alla determinazione, variazione e modalità della presta-
zione. Ne consegue che con la cessione il credito di lavoro non muta la sua natura, e
i correlativi accertamento e liquidazione giudiziali vanno effettuati al lordo delle
ritenute fiscali e contributive, poiché le prime attengono al distinto rapporto d’im-
posta e vanno eseguite in un momento successivo, e anche le seconde non possono
essere considerate nell’ambito del giudizio di cognizione, poiché il datore di lavoro
può provvedervi in relazione alla sola retribuzione corrisposta alla scadenza”.
Ma si possono avanzare ragioni contrarie all’estensione del privilegio; ragioni pra-
tiche, più che normative.
Il privilegio generale gravava sul patrimonio del cedente che ricomprendeva l’azien-
ALESSANDROALBÈ
Avvocato inBustoArsizio
da ceduta. Il valore dell’azienda fuoriuscita è stato sostituito in quel patrimonio da
una quantità di denaro pari al prezzo pagato dal cessionario per il suo acquisto e
dunque non si è modificato nella sua entità garantuale.
Non si può, in conseguenza, sostenere che per effetto della cessione d’azienda il
valore della garanzia sia diminuito. Di contro se si ritenesse privilegiato anche il
credito verso il cessionario, non solo si dovrebbe superare l’ostacolo derivante dal
fatto che il credito nei confronti di quest’ultimo non trae origine dalla prestazione
originaria, bensì in forza dell’art.
2560 c.c.
, ma si dovrebbe sostenere anche la
legittimità costituzionale della garanzia incrementale riconosciuta ai creditori privi-
legiati generali del cedente in danno dei creditori privilegiati generali del cessionario
anche su beni diversi dalle componenti attive dell’azienda acquistata.
Ma anche il richiamo al trattamento dei soci illimitatamente responsabili più sopra
fatto non appare del tutto risolutivo. La loro responsabilità, infatti, nasce nel mo-
mento in cui il credito privilegiato viene a sussistere, sicchè, possiamo ritenere che
responsabilità e privilegio vengono ad esistere coevamente per il fatto che, dei debiti
della società, il socio illimitatamente responsabile ne risponde per il suo stato al
momento del sorgere del credito, tanto che non risponde di quelli successivi al suo
recesso. Per il cessionario il percorso è esattamente il contrario la sua responsabilità
è successiva e non legata al sorgere del credito. Tanto che si vuole affermare che “il
debitore effettivo rimane pur sempre colui cui è imputabile il fatto costitutivo del
debito, e cioè il cedente, nei cui confronti può rivalersi in via di regresso l’acquirente
che abbia pagato, quale coobbligato in solido, un debito pregresso dell’azienda,
mentre il cedente che abbia pagato il debito non può rivalersi nei confronti del-
l’eventuale coobbligato in solido….. perché, nell’obbligazione solidale, il regresso
di un condebitore verso l’altro postula l’imputabilità o computabilità a quest’ulti-
mo del fatto costitutivo del debito, e, quindi, non spetta a chi adempia un debito
discendente esclusivamente da fatto proprio (contrattuale od extracontrattuale)”
(Cass. 25.02.1987 n. 1990).
Va inoltre considerato che la responsabilità del cessionario è limitata ai debiti
risultanti dalle scritture contabili, scritture che non distinguono la natura privilegia-
ta o chirografaria degli stessi. Inoltre va osservato pure che “l’inesistenza dei libri
contabili, dovuta a qualsivoglia ragione, tra cui anche la loro non obbligatorietà o
indisponibilità, rende inconfigurabile l’elemento costitutivo della responsabilità del
soggetto acquirente e, preclude il sorgere della medesima” (Cass. 9.3.2006 n. 5123;
Cass. 20.2.1999, n. 1429). Il che pone un ulteriore frattura tra la causa del credito da
cui trova origine il privilegio e la responsabilità del cessionario in ragione, anche, del
fatto che, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la norma dell’art.
2560
c.c.
è una norma a carattere eccezionale e pertanto, non suscettibile di poter essere
interpretata se non rigorosamente (Cass. N. 1454/1971; Cass. N. 22831/2010;
Cass. N. 8363/2000) e la tassatività dei privilegi è stata recentemente ribadita dalle
SS.UU. nell’arresto sulla transazione fiscale.
Se ci si dovesse riferire a qualche altro istituto riterrei maggiormente aderente alla
responsabilità 2560 c.c. quella della solidarietà del fideiussore ex
1944 c.c.
, in capo
al quale si trasferisce solo l’obbligo di pagare il debito, ma non, in caso di sua
insolvenza, quello della più gravosa (solo nel concorso) si sopportarne la causa
prelatizia.
Si può avanzare anche un’altra critica. L’art.
2112 c.c.
riguarda i diritti del lavoratore
in caso di cessione di azienda, che permangono, ed è prevista la solidarietà per i
crediti del lavoratore, tra cedente e cessionario.
Sono state utilizzate espressioni differenti, nell’art.
2112
rispetto all’art.
2560
, che
riguarda sempre il trasferimento di azienda. E’ da valutare cosa ciò possa compor-
tare. Al momento non siamo riusciti ad inquadrare una significativa differenza,
comunque. Altro riferimento possibile è all’art.
1292 cc
, che riguarda la solidarietà
“tipica”. Se la casistica in oggetto è inquadrabile nel 1292 (non così la fideiussione
che è una solidarietà atipica), allora il privilegio si estende anche al cessionario.
La questione potrebbe forse essere risolta anche alla luce dei principi ricavabili dagli
artt. 1203 n. 4 e 1263 cc, visti gli artt. 61 e 115 lf.
Difatti, se qualunque obbligato in solido “subordinato”, come ad es. il fideiussore o
appunto l’acquirente d’azienda, può pagare e surrogarsi (art. 1203 n. 4 cc) nei diritti
dei debitore principale per ripetere l’intero importo pagato (e non certo la quota
parte dei pari obbligati in solido ex art. 1299 cc) e se chi compra un credito subentra
espressamente (art. 1263/1 cc) anche nei privilegi spettanti al creditore cessionario
( con la quasi conseguente assimilazione tra tali due figure ai fini e per gli effetti di
cui all’art. 115), direi che allo stesso modo, recte in primis, visto anche il lineare
disposto dell’art. 61 sul diritto del creditore ad agire contro ambo i soggetti obbliga-
ti, il medesimo, ove privilegiato generale nei confronti dell’obbligato principale,
sarà tale anche nei confronti di quello “subordinato/derivato”.
Ma si potrebbe obiettare che la causa del credito nei confronti del cessionario è il
trasferimento dell’azienda a condizione che il credito sia iscritto nella contabilità del
cedente; dunque da un fatto, neppure assoluto, che nulla ha a che vedere con la
prestazione cui compete il privilegio.
Ma la causa fosse la prestazione, anche per il cessionario, non ne potrebbero essere
esclusi i creditori non contabilizzati.
In conclusione, al di là di tante considerazioni, l’orientamento più logico è che il
privilegio generale permanga anche nei confronti del cessionario dell’azienda.
1
2560 c.c. - Debiti relativi all’azienda ceduta. L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori
vi hanno consentito.Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.
1,2,3,4 6,7,8,9,10,11,12,13,14,15,...32
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