Il Commercialista Veneto n.236 (MAR/APR 2017) - page 28

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NUMERO 236 - MARZO / APRILE 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
do alle CCAA un proprio spazio fiscale in cui esercitare il margine di manovra in
partenza riconosciuto. Si stima infatti un peso ancora residuale di questa voce nel
bilancio delle Comunità (1,6%)
51
. In molti casi, peraltro, sarebbe opportuno analiz-
zare le spese di gestione del tributo, incluse quelle derivanti dai numerosi conflitti
che li riguardano, per rapportarli con il gettito e valutare attraverso un’analisi costi-
benefici l’opportunità di mantenere in vita una determinata misura
52
.
Su tale esito incidono ragioni diverse. Da un lato, l’espansione dell’autonomia
tributaria degli enti intermedi si scontra con un generale senso di sfiducia ricondu-
cibile essenzialmente a quattro fattori: il timore che la costituzione di uno Stato
delle autonomie possa favorire le tendenze separatiste, mettendo in pericolo l’inte-
grità e l’unità nazionale; il timore che un tale sistema possa determinare un aumento
della pressione fiscale; la sfiducia e l’incertezza sulle capacità di gestione delle
CCAA; ed infine le resistenze di natura sociale, ovvero la difficoltà di immaginare
questi enti come amministrazioni che forniscono servizi ai cittadini e che pertanto
necessitano di fonti di finanziamento
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. Dall’altro, il sistema s’innesta su un modello
in cui la maggior parte delle manifestazioni economiche, e quindi dello spazio fiscale,
era già occupato dallo Stato e, in misura minore, dagli enti locali. Tale circostanza -
insieme all’intreccio di limiti sopra richiamati - incide in modo considerevole sulle
potenzialità di sviluppo di un sistema tributario proprio delle Comunità autonome,
in considerazione del fatto che esso ha ad oggetto un bene di natura limitata. Pertanto,
se si vuole rafforzare il peso dei tributi propri nel bilancio autonomico non vi è altra
soluzione se non quella di circoscrivere l’ambito di occupazione, rispettivamente,
statale e comunale, liberando materie imponibili già utilizzate oppure ripartendo le
medesime tra i diversi livelli di governo
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. I grandi tributi quali l’IRPEF, IVAe l’impo-
sta sul reddito delle società continuano ad essere tributi istituiti dal livello centrale,
benché a partire dalla riforma della LOFCA del 1996, e con maggiore enfasi dal 2001
in poi, gli enti intermedi siano progressivamente divenuti titolari di importanti poteri
legislativi su alcuni di essi (si parla a tal proposito di tributi ceduti).
Nonostante la presenza di un quadro normativo dalle coordinate anguste, le Comu-
nità autonome hanno comunque mostrato una buona dose di creatività legislativa e
attualmente si possono contare quasi un’ottantina di tributi propri
55
. Tra i più
rilevanti si segnalano quelli sul gioco (in particolare, sul bingo)
56
e sui depositi
bancari, nonché i tributi ambientali (c.d. verdi - quali ad esempio le imposte sui
residui solidi e sulle contaminazioni dell’acqua)
57
. In particolare, rispetto a questi
ultimi gli enti intermedi hanno fatto un uso particolarmente esteso della propria
capacità normativa, favorito, da un lato, dalla circostanza che si tratta di un settore
ancora scarsamente “sfruttato” dallo Stato sul fronte dell’imposizione fiscale, e
dall’altro, dall’esistenza di un’ampia competenza amministrativa in settori inerenti
alla tutela dell’ambiente
58
.
Tuttavia allo stato attuale il costo politico appare ancora eccessivamente elevato
rispetto ai limitati benefici che ne possono derivare in termini economici. A tal
proposito basti infatti osservare come l’istituzione di un nuovo tributo da parte di
una Comunità sia stato nella maggior parte dei casi fatto oggetto di ricorso di
costituzionalità e in alcuni casi sia stato addirittura rimpiazzato (ovvero fagocitato)
da un nuovo tributo statale. In un’eventualità del genere l’ente interessato subireb-
be una perdita di credibilità davanti ai propri cittadini, ingenerando un onere poli-
tico sproporzionato rispetto ai guadagni in termini di maggiori introiti che potreb-
bero derivare dall’imposta controversa. Di conseguenza, una complessiva
riorganizzazione si rappresenta come preliminare per favorire uno sviluppo ade-
guato di questo settore d’intervento centrale per lo sviluppo del sistema autonomico.
6. Quali spunti per il caso italiano?
L’ordinamento regionale italiano presenta numerose analogie con il caso spagnolo
di cui per il momento si condividono – almeno in parte – anche le sorti. In primo
luogo, ad un rilevante decentramento - prima di tipo meramente burocratico-ammi-
nistrativo e poi di natura politica - non ha trovato riscontro una decentralizzazione
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I tributi propri delle comunità
autonome spagnole
altrettanto significativa sul fronte della potestà tributaria delle regioni, in particola-
re con riferimento a quello ordinario. In secondo luogo, l’autonomia tributaria delle
regioni ordinarie, pur formalmente riconosciuta nella Costituzione, viene vanificata
nella sostanza in forza dei limiti che ad essa si frappongono e dell’interpretazione
di questi offerta dalla giurisprudenza dalla Corte costituzionale. Emblematico l’orien-
tamento espansivo accolto dalla giurisprudenza della competenza statale in materia
di principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario. Analogo discorso
si può formulare anche con riferimento ai tributi di scopo che - in analogia con i
tributi extrafiscali delle CCAA - costituiscono un ottimo strumento per perseguire
la differenziazione delle politiche su base regionale, per favorire lo sviluppo socio-
economico e la salvaguardia del territorio, ma contano poco - o nulla - sul fronte
delle risorse che sono in grado di apportare ai bilanci regionali.
In questo quadro angusto, margini di sviluppo per l’autonomia tributaria degli enti
territoriali intermedi si devono quindi cercare altrove ed in particolare in quelle
forme di finanziamento degli enti territoriali che non rientrano nella categoria delle
imposte proprie in senso stretto – quali tributi istituiti
ex novo
e disciplinati
in toto
dall’ente territoriale – ma in altre figure tributarie che possono definirsi ad “impo-
sizione condivisa”, in cui infatti la disciplina del tributo risulta dall’incontro di più
volontà: del livello centrale e di quello intermedio.
Uno degli strumenti attraverso cui si può perseguire la responsabilizzazione degli
enti intermedi è dunque costituito dal riconoscimento di un margine di autonomia
decisionale sulle imposte del livello di governo centrale. Ciò trova riscontro sul
piano giuridico nella predeterminazione normativa quale elemento necessario per
l’esistenza di una vera autonomia finanziaria, come contrapposta ad una mera
dipendenza finanziaria che permette solo un’autonomia di spesa. A sostegno di una
tale soluzione depone il fatto che la potestà legislativa rappresenta l’espressione
più genuina dell’autonomia politica, di cui la componente finanziaria costituisce
una delle dimensioni più significative. La stessa parola “autonomia” fa riferimento
- sia da un punto di vista semantico, che etimologico - alla capacità di un ente di
darsi norme proprie al fine di adottare le decisioni per lo sviluppo e la realizzazione
dei propri interessi.
Il sistema finanziario spagnolo presenta a tal proposito una soluzione particolar-
mente interessante. Per alcune imposte si prevede infatti una disciplina uniforme
rispetto ad alcuni elementi - che generalmente attengono alla definizione degli aspetti
essenziali della sua architettura - ed, al contempo, si riconoscono alle Comunità
autonome margini di intervento su altri aspetti delle medesime. Una delle opzioni
accolte dal legislatore per declinare il principio di corresponsabilità fiscale è infatti
rappresentata dal conferimento di un certo grado di autonomia legislativa sulle
imposte cd. cedute, ovvero quei tributi istituiti dal livello centrale per i quali viene
tuttavia disposta a favore delle CCAA la cessione del gettito (
in toto
o in quota
parte) ed, in alcuni casi, anche di una frazione della potestà legislativa per fissarne
la disciplina. Mentre la titolarità e - con essa - la stessa disponibilità dei tributi in
questione viene mantenuta in capo allo Stato. Nonostante le analogie con il caso
dell’IRAP, lo strumento proposto dall’ordinamento spagnolo finisce per divergere
in forma significativa dalla soluzione italiana. Ciò in termini sia qualitativi – di
poteri legislativi ceduti (ad es. minimo esente, aliquota impositiva, deduzioni e
riduzioni fiscali, riduzione della base imponibile) – sia quantitativi – ovvero dei
tributi fatti oggetto di cessione (ad es. IRPEF, imposta sul patrimonio, imposta
sulle successioni e donazioni, imposta sui trasferimenti patrimoniali e atti giuridici
documentali, imposta sugli idrocarburi).
Alla luce di quanto fin qui illustrato, appare con evidenza come la figura dei tributi
propri – pur rappresentando in via teorica lo strumento principe con cui declinare
la responsabilizzazione finanziaria degli enti territoriali all’interno di un ordina-
mento composto attraverso il conferimento della responsabilità a reperire la pro-
pria dotazione finanziaria – rappresenti una via poco praticabile se si fanno i conti
con i sistemi tributari ad oggi vigenti, nonché con limiti direttamente ed indiretta-
mente derivanti dall’appartenenza all’ordinamento europeo. In un tale contesto il
ricorso a forme di imposizione condivisa viene a rappresentare la soluzione ottimale
tra quelle possibili. Attraverso il riconoscimento agli enti intermedi di una certa
autonomia legislativa, ancorché diversificata per forma e intensità, si realizza infatti
quella stratificazione coordinata di interventi legislativi del livello centrale e di
quello intermedio, capace di coniugare in sé una misura tanto degli interessi propri
del singolo ente, quanto di quelli generali comuni all’ordinamento nel suo comples-
so; così traducendo nell’architettura istituzionale il concetto di responsabilità.
[51] Dati anno 2013. Fonte: Ministerio de Hacienda y Administraciones Públicas, Las haciendas autonómicas en cifras 2013, 49,
(ultimo accesso 26.02.2016).
[52] Tanto che in alcuni casi le CCAA hanno successivamento soppresso alcune imposte, come nel caso dell’imposta dell’Estremadura sul suolo non edificato e sugli edifici in
rovina istituita con Legge 9/1998 del 26 giugno e soppressa nel 2011. Cfr. Consejo General de Economistas, Los impuestos propios de las comunidades autonómas, 2013, http:/
/
(ultimo accesso 21.03.2017); ed anche, I. Zubiri, La distribución del poder tributario en una
economía descentralizada, in S. Lago Peñas, J. Martínez Vázquez (a cura di), Asignación de impuestos a las comunidades autónomas: Desafíos y oportunidades, Ministerio de
Economía y Hacienda, Instituto de Estudios Fiscales, Madrid, 2009, 11-39 (24).
[53] A. Rodríguez Bereijo,
Una reflexión sobre el sistema general de la financiación autonómica de las comunidades autònomas
, in REDC – Revista Española de Derecho
Constitucional, n. 15, 1986, 66-7.
[54] V. Ruiz Almendral,
Impuesto cedidos y corresponsabilidad fiscal
, Tirant lo Blanch, Valencia, 2004, 83-4.
[55] REAF-REGAF, Consejo General de Economistas, Panorama de la fiscalidad autonómica y foral 2017, 2017, 279 ss.,
/ (ultimo accesso
22.03.2017). Tutte le CCAA hanno istituito qualche tributo proprio, con la sola eccezione di Castilla e León. Precisamente, le imposte proprie e le addizionali vigenti al 2015
sono 74. L’unica addizionale è quella istituita sull’imposta sulle attività economiche, applicata da Asturias, Cantabria, Madrid, Murcia e La Rioja. L’elenco delle misure vigenti
in ciascuna Comunità al 2014 si rinviene nel seguente rapporto: Secretaría General de Coordinación Autonómica y Local, Tributación Autonómica. Medidas 2014, Allegato IX,
2014, 49,
/ (ultimo accesso 8.03.2017); ed anche in REAF-REGAF, Consejo General de Economistas, Panorama de la fiscalidad autonómica y foral,
2015, 286-8,
/ (ultimo accesso 8.03.2017).
[56] Inizialmente il tributo sul bingo fu adottato in Catalogna e Valencia. Ad esse seguì Murcia e successivamente si aggiunsero molte altre CCAA, tra cui le Baleari, Cantabria,
Castilla-La Mancha, Galizia e il Principato delle Asturie. Per una breve disamina sulle caratteristiche di queste figure, si rinvia a: A. I. González González, S. Àlvarez García,
Panorama actual de los tributos propios de las comunidades autónomas españolas
, in Crónica Tributaria - Boletín Actualidad, n. 9, Madrid, 2011, 4-5. Si veda altresì la STC
49/1995, del 16 febbraio, in cui il Tribunale si pronuncia sull’imposta delle Baleari sulle lotterie, giudicandola costituzionalmente illegittima poiché invade l’oggetto di un
monopolio fiscale di competenza statale. Per un commento alla sentenza si veda: L. M. Alonso González,
Análisis crítico de los impuestos autonómicos actuales
, Instituto de
Estudios Económicos, Madrid, 2004, 65-8.
[57] I tributi ambientali – prendendo in considerazione la base imponibile – sono riconducibili a quattro grandi gruppi: le imposte sull’energia (ovvero sui prodotti energetici),
le imposte sui trasporti (legate alla proprietà e all’utilizzo di veicoli per il trasporto), le imposte sull’inquinamento (relative sia alle emissioni in atmosfera ed in acqua, sia ai rifiuti
solidi ed alla contaminazione acustica) ed infine le imposte sulle risorse naturali (legate all’estrazione di diversi materiali). Per un approfondimento sui tributi ambientali si rinvia
a: M. J. Portillo Navarro,
Los tributos ambientales propios de las comunidades autónomas. Situación actual y propuestas de reforma
, in M. J. Portillo Navarro, A. Millán
Jiménez, P. Á. Rubio Lara (a cura di),
Hacienda pública territorial: un enfoque multidisciplinar
, Thomson-Aranzadi, Cizur Menor, 2012, 31-58. Si menzionano inoltre le
imposte derivate dalla riforma agraria, legate ad un utilizzo inefficiente dei terreni agricoli, benché si tratti di tributi di scarsissima rilevanza quanto al gettito: tra questi, l’imposta
sulle terre sottoutilizzate dell’Andalusia, le imposte dell’Estremadura istituite rispettivamente sui pascoli scarsamente qualificati utilizzati (Legge 1/1986, del 2 maggio) e sulle
terre irrigue sottoutilizzate (Legge 3/1987, dell’8 aprile), l’imposta del Principato delle Asturie sulle aziende agricole infra-utilizzate (Legge 4/1989, del 21 luglio).
[58] Ciò rileva poiché tali atti impositivi – quali ad esempio le imposte su acqua, emissioni atmosferiche, rifiuti e scorie nucleari, ed in generale la tassazione delle attività
pericolose per l’ambiente – perseguono per lo più finalità extrafiscali e pertanto sono ammessi nel limite delle competenze materiali delle CCAA.
1...,18,19,20,21,22,23,24,25,26,27 29,30,31,32
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