Il Commercialista Veneto n.236 (MAR/APR 2017) - page 25

NUMERO 236 - MARZO / APRILE 2017
25
IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
ALICEVALDESALICI*
Eurac Research
INTERNAZIONALE
1. Introduzione: definizione ed evoluzione normativa
L’espressione più significativa dell’autonomia finanziaria di entrata è senz’altro
costituita dall’autonomia tributaria, “
intendendo quest’ultima come capacità di
autodeterminazione delle entrate
”, ovvero nella sua accezione di competenza legi-
slativa all’istituzione ed alla regolamentazione di imposte
2
. È infatti il riconosci-
mento della libertà di disporre di un tributo - decidendo se, come e quanto una
determinata fattispecie debba essere fatto oggetto di gravame - che riesce ad attrarre
una determinata fonte di finanziamento nella sfera gravitazionale di un ente, pale-
sando così quel nesso tra autonomia decisionale e reperimento delle risorse che
riesce a favorire l’attivazione del circuito democratico anche a livello sub-statale e
porta con sé la responsabilizzazione degli enti territoriali.
Non a caso, dunque, nel contesto di un ordinamento di tipo federale o quasi-federale, il
riconoscimento dell’autonomia tributaria in capo agli enti territoriali intermedi (quali
appunto le regioni italiane e le comunità autonome spagnole) costituisce uno dei temi
centrali del dibattito politico ed accademico dei processi di deconcentrazione territoriale
del potere. Questo è quanto si verifica proprio nel sistema spagnolo di cui nel presente
contributo si offrirà una ricostruzione dalla prospettiva del diritto costituzionale.
Nel contesto dell’ordinamento composto spagnolo la potestà tributaria delle Co-
munità autonome (d’ora in poi CCAA)
3
- da intendersi come il riconoscimento in
capo ad esse della potestà normativa di istituire e regolare tributi propri e, ancorché
in misura minore, addizionali a tributi erariali - trova la propria garanzia nel princi-
pio costituzionale di autonomia finanziaria (
ex
at. 156, c. 1 CE
4
), nonché in quella
sua peculiare manifestazione costituita dal principio di corresponsabilità fiscale,
che opera quale fattore di traino degli sviluppi intervenuti nel sistema di finanzia-
mento autonomico a partire dal 1997. Una tale concezione richiede per la sua
realizzazione che le entrate delle CCAA siano costituite “
non solo da una parteci-
pazione alle entrate dello Stato, ma altresì - in misura fondamentale – dalla capa-
cità del sistema tributario di generare un proprio sistema di risorse quale fonte
principale di entrate di diritto pubblico
5
.
Inizialmente al processo di decentralizzazione sul fronte delle competenze mate-
riali e - con esse - dell’autonomia di spesa non ha fatto seguito un consolidamento
altrettanto significativo dell’autonomia di entrata in capo alle Comunità autonome,
dando così origine ad un’ampia asimmetria tra competenze materiali e di spesa, da
un lato, e competenze tributarie, dall’altro, cui ci si riferisce in termini di divario
fiscale verticale
6
. In un primo momento questo scollamento è stato compensato
facendo ricorso ad un sistema di finanziamento del livello intermedio basato in
prevalenza su voci di entrata riconducibili alla categoria “trasferimenti statali”.
Mentre è solo nell’ultimo ventennio che è stato progressivamente valorizzato il
peso di quelle fonti di finanziamento su cui le Comunità godono dell’autonomia
decisionale per incidere su di esse tanto qualitativamente quanto quantitativamente.
Mentre nel 2001 le entrate di natura tributaria delle CCAA costituivano appena il
30% del totale, nel 2010 rappresentavano più del 65%
7
, con un trend crescente
confermato dalla riforma della LOFCA (
Ley Organica de Financiacion de las
Comunidades Autonomas
) nel 2009. Tra queste, i tributi propri rappresentano
rispetto alle altre fonti di finanziamento autonomico l’espressione più completa
dell’autonomia finanziaria, ma continuano di fatto ad essere una voce di entrata dal
peso residuale quanto al gettito.
Nel presente articolo verrà ricostruito il fondamento giuridico della potestà tributa-
ria costituzionalmente riconosciuta in capo alle CCAA (par. 2) – con riferimento a
quelle di regime comune
8
-, verranno passati in rassegna i limiti cui soggiace tale
potestà (par. 3) e verrà proposta una ricostruzione dello spazio fiscale che a queste
residua, vagliandone il ruolo nell’ordinamento finanziario alla luce del peso quali-
quantitativo che queste voci assumono nella prassi (parr. 4 e 5) e offrendo in
chiusura alcuni spunti di riflessione per il caso italiano (par. 6).
L’analisi verrà svolta facendo esclusivo riferimento alle imposte proprie
stricto
sensu
9
, ovvero su quei tributi qualificabili come “imposta”, per cui l’insorgere
dell’obbligazione tributaria non presuppone alcuna attività amministrativa da par-
te della Comunità, e come “propria”, in quanto rientra nel sotto-sistema impositivo
autonomico, in virtù del riconoscimento all’ente della potestà legislativa ad istituir-
la
ex novo
e disciplinarla
in toto
. Una definizione della categoria “imposte proprie”
la si può ricavare da una decisione del Tribunale costituzionale
10
, in cui la giurispru-
denza costituzionale osserva come l’elemento determinante sia costituito dalla
fonte istitutiva del tributo. Detto altrimenti, se una figura è istituita dallo Stato,
spetta ad esso anche la stessa titolarità
11
. La mera circostanza che l’imposta risulti
applicabile esclusivamente in una parte limitata del territorio spagnolo, non lo
trasforma quindi in un tributo proprio della Comunità
12
. Ciò per due ragioni. In
primo luogo perché non è stato creato dal Parlamento autonomico
13
, ma con un atto
legislativo delle Corti generali; in secondo luogo, perché la stessa disciplina generale
di sviluppo ed implementazione è fissata con legge statale, non essendo sufficiente
per la classificazione di un tributo come “proprio” il semplice fatto che la legge
statale attribuisca all’ente intermedio la competenza a disciplinare gli aspetti rela-
tivi a gestione, liquidazione, riscossione ed ispezione del tributo, o di revisione
degli atti adottati in sua applicazione
14
.
Verrà invece tralasciata la disamina delle addizionali ai tributi statali. Ciò in quanto
nel sistema vigente non esiste alcuna misura tributaria riconducibile alla categoria
de
qua
: nonostante la previsione di limiti meno stringenti per la relativa istituzione, si
tratta di una figura fortemente impopolare per cui il costo politico associato alla sua
istituzione è ritenuto eccessivamente elevato e quindi le CCAA prediligono il ricor-
so ad altre fonti di finanziamento.
2. Il fondamento costituzionale della potestà tributaria
delle Comunità autonome
Il fondamento della potestà tributaria
15
del livello di governo intermedio si rinviene
all’art. 133 c. 2 CE, nel quale si afferma che “
le Comunità autonome (e gli enti
locali) possono istituire ed esigere tributi in conformità con la Costituzione e le
leggi
16
, nonché all’art. 157 c. 1 CE che nell’elencare le fonti di finanziamento
autonomiche include - tra il resto – le imposte proprie delle CCAA (lett. b). Si tratta
tuttavia di un potere limitato poiché, come emerge dall’art. 133 c. 2 CE, si deve
collocare nel solco tracciato dalla Costituzione e dalle leggi del livello centrale, com-
petenti a delineare il riparto verticale delle competenze tributarie. Il quadro costitu-
SEGUE A PAGINA 26
[1] Il presente contributo presenta alcuni dei risultati dello studio condotto dall’autrice nell’ambito del dottorato di ricerca in diritto costituzionale italiano ed europeo,
conseguito presso la scuola di dottorato di giurisprudenza dell’Università di Verona nel mese di maggio 2016.
[2] Così, F. Gallo,
Brevi riflessioni sull’autonomia tributaria delle regioni
, in Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, 1975, 252-65 (254).
[3] La dottrina spagnola si riferisce ad esso con il termine poder tributario, mentre la Costituzione si riferisce alla realtà alla circostanza che il riferimento al potere tributario
potrebbe ingenerare incertezze circa il suo significato concreto. Stante la natura tripartita esso può infatti intendersi in modo più ampio, come la potestà di istituire, regolare,
applicare e riscuotere tributi, o in modo più stretto, come la potestà (normativa o) legislativa in materia tributaria. Sul punto si rinvia a: C. Gómez Cabrera,
Delimitación
constitucional del poder financiero
, in J. A. Sánchez Galiana, F. García-Fresneda Gea, D. Casas Agudo (a cura di),
Estudios críticos sobre la delimitación territorial del poder
financiero. Situación actual y perspectivas de reforma
, Tirant lo Blanch, Valencia, 2014, 173-203 (174-6). Nel presente studio il termine potestà tributaria è utilizzato con
riferimento alle CCAA per fare riferimento alla potestà legislativa di queste ultime di istituire e regolare tributi propri.
[4] CE è l’acronimo con cui si indica la costituzione spagnola.
[5] Così, STC 289/2000, 30 novembre, FG 3.
[6] A. M. García-Moncó,
Autonomía financiera de las comunidades autónomas
, Lex Nova, Valladolid, 1996, 95.
[7] J. A. Rozas Valdés,
Las potestades tributarias autonómicas: presente y futuro de su configuración y ejercicio
, in RCDP- Revista Catalana de Dret Públic, n. 47, 2013, 103-27 (105).
[8] L’articolo si riferisce alla CCAA di regime comune come contrapposte alle CCAA di regime forale (Navarra e Paesi Baschi). Queste ultime godono in fatti di un sistema di
finanziamento differenziato, frutto di accordi bilaterali conclusi con lo Stato centrale. Per una rappresentazione di sistema del relativo ordinamento finanziario, si veda – ex plurimis –
J. L. García Ruiz, E. Girón Reguera,
Los sistemas forales de concierto y convenio económico como factor diferencial en el Estado de Derecho
, in Debates onstitucionales, n. 2, 1999.
[9] Nel bilancio delle CCAA, le contribuzioni speciali e le tasse assumono un peso residuale (maggiore nel caso degli enti locali, i quali peraltro sono i soli a far ricorso alle
contribuzioni speciali). Ad esempio le tasse hanno un’incidenza media intorno all’0,9% (anno 2013). Fonte: Ministerio de Hacienda y Administraciones Públicas, Haciendas
autonomicas en cifras 2013, 49,
(ultimo accesso 2.12.2016).
[10] Si tratta della STC 156/2004, del 20 settembre, FG 3 (in spagnolo,
arbitrio sobre la producción y la importación
).
[11] Ciò lo si può desumere tanto dalla lettera dell’art. 69, Legge 20/1991 - che lo qualifica come “imposta statale indiretta che grava sia sulla produzione o elaborazione, sia
sulla importazione di tutte le categorie di beni mobili nelle Isole Canarie”, quanto dalla motivazione allegata alla legge richiamata, in cui si afferma che “nell'ambito della
partecipazione delle diverse amministrazioni pubbliche coinvolte, spetta allo Stato la titolarità normativa dei nuovi tributi, che adotta, allo stesso modo, le disposizioni
necessarie per lo sviluppo e l’attuazione della legge".
[12] È altresì evidente che l’imposta di cui è causa non sia da considerarsi un tributo locale, per il semplice fatto di essere interamente destinato – ai sensi della prima dispozione
addizionale della Legge 20/1991 - al finanziamento degli enti locali delle Canarie; e ciò per il semplice motivo che sul medesimo gli enti locali non godono di alcun tipo di competenza
di regolamentazione o gestione, come invece è previsto dalla Costituzione (artt. 133 c. 2, 137 e 142) per i tributi locali (in senso conforme, STC 233/1999, del 16 dicembre, FG 18).
[13] In conformità con quanto previsto a tal riguardo dal relativo Statuto di autonomia (artt. 51 e 59 a).
[14] Con tale finalità è infatti stato adottato il Decreto del governo canario 139/1991, del 28 giugno.
[15] Le espressioni potere e potestà sono qui utilizzate come sinonimi. Tale distinzione non trova più riscontro nella dottrina moderna. Si veda sul punto, J. M. Lago Montero,
El poder tributario de las comunidades autónomas
, Aranzadi, Elcano, 2000, 25-6.
(*) Senior researcher
Istituto di studi federali comparati di Eurac Research
I tributi propri delle comunità
autonome spagnole
Spunti di riflessione per il caso italiano
1
1...,15,16,17,18,19,20,21,22,23,24 26,27,28,29,30,31,32
Powered by FlippingBook