Il Commercialista Veneto n.236 (MAR/APR 2017) - page 29

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NUMERO 237 - MAGGIO / GIUGNO 2017
IL COMMERCIALISTA VENETO
definisce quelli che sono i principi ed i controlimiti su cui si sarebbe dovuto
basare il successivo intervento ministeriale, limitandosi ad abdicarvi («Fer-
ma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da
parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è deter-
minato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigi-
lante, da adottare nel termine di centoventi giorni successivi alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»), ragion
per cui è legittimo pensare che senza l’intervento del decreto ministeriale il
dispositivo del D.L. citato sarebbe rimasto lettera morta.
In secondo luogo, anche ammettendo che la riforma abbia arginato la por-
tata della disciplina del procedimento per ingiunzione e abrogato parzial-
mente gli artt. 633 e 636 c.p.c., si finirebbe per confermare che una fonte di
rango secondario, quale è un decreto ministeriale, possa in sostanza abro-
gare una fonte di rango sovraordinato quale è la norma processuale, su cui
oltretutto ai sensi dell’art. 111 Cost. vige il principio della riserva assoluta
di legge, finendo sostanzialmente per collimare con l’intero sistema
normativo.
Concludendo, considerata l’importanza pratica che riveste lo strumento
del procedimento per ingiunzione e la volontà stessa del legislatore del
codice procedurale di voler concedere una strada per così dire privilegiata
sul piano probatorio a determinate categorie professionali, si auspica in
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Del resto anche lo stesso C.N.F. in risposta al quesito n. 330 formulato dall’Unione Triveneta si è pronunciato nel senso di ritenere con riferimento all’art. 636 c.p.c. che l’art.
9 del D.L. n. 1/2012 «abbia potuto al più determinare l’abrogazione del solo secondo periodo, che fa espresso riferimento alle tariffe, senza intaccare il primo periodo, che si
riferisce invece alla necessità di produrre, al fine di ottenere il decreto ingiuntivo, la parcella accompagnata dal parere della competente associazione professionale».
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Ndr. Oltretutto un accordo siglato con il cliente e anticipato rispetto alla prestazione, senza dunque tener conto di eventuali occorrenze non preventivabili, sembra impattare
con questi tempi di crisi economica in cui sempre più spesso si assiste ad una sorta di corsa al ribasso, costringendo il professionista ad un mercanteggiamento dei compensi che
finisce solo con lo svilire l’intera classe professionale.
Il ruolo del parere di congruità
degli Ordini professionali
nel procedimento d'ingiunzione
Tribunale Verona, sent. 25/09/2013
In tema di tariffe professionali, dovendosi considerare tacitamente abroga-
ta la norma di diritto sostanziale che prevedeva il coinvolgimento dell’as-
sociazione professionale nella determinazione del compenso del profes-
sionista, si deve ritenere che le disposizioni processuali che di essa costi-
tuivano una specifica applicazione abbiano subito la stessa sorte. La valu-
tazione che in precedenza, ai sensi dell’art. 2233 comma 1 c.c., spettava
all’associazione professionale, è ora rimessa in via esclusiva all’autorità
giudiziaria. Pertanto, i professionisti ai quali si applica la riforma dei para-
metri, per effetto dell’abrogazione dell’art. 636 c.p.c. e di quella conseguen-
te (e parziale) dell’art. 633 comma 1 n. 2 e 3 stesso codice, non possono più
azionare il loro diritto alla riscossione del credito nelle forme del procedi-
mento monitorio puro, ma dovranno fare ricorso a quello fondato su prova
scritta, ai sensi dell’art. 633 comma 1 n. 1 c.p.c.
T.A.R. Milano (Lombardia), sez. III, 11 settembre 2014 n. 2345;
Consiglio
di Stato, sez. IV, 24 dicembre 2009 n. 8749
In relazione alle controversie aventi ad oggetto i pareri di congruità sulle
parcelle professionali sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo,
stante la natura di ente pubblico non economico del Consiglio dell’Ordine
degli avvocati e il carattere di tale parere, da ritenere un atto soggettiva-
mente ed oggettivamente amministrativo, emesso nell’esercizio di poteri
autoritativi, che non si esaurisce in una mera certificazione della rispon-
denza del credito alla tariffa professionale ma implica la valutazione di
congruità della prestazione resa.
questa sede che venga seguita la soluzione pratica alternativa di una rilettura
del testo degli artt. 633 e ss. c.p.c..
Una rilettura in chiave estensiva e più flessibile in particolare dell’art. 633 c.
1 n. 3 c.p.c., posto che per il vero l’art. 636 c.p.c. parla già di “
parere
della
competente associazione professionale”
3
, sì da ritenere che il termine “
ta-
riffa
” ivi richiamato e riferito alla c.d. tariffa normativa arrivi a comprendere
anche l’attuale
status quo
ovvero i compensi professionali così come determi-
nati dal D.M. n. 140/2012, permettendo al professionista di continuare a fare
ricorso allo strumento del decreto ingiuntivo nel modo agevole che originaria-
mente era previsto e non solo in presenza di una predeterminazione scritta di
compensi che all’atto pratico risulta essere poco agevole da ottenere
4
.
In definitiva, è vero che a seguito della riforma e dell’abolizione formale
delle tariffe l’ordine professionale si trova ad esprimere un parere di
congruità e non più uno schietto e matematico opinamento sulla determi-
nazione proposta dal professionista, tuttavia nell’ottica della maggiore uti-
lità pratica delle professioni, soprattutto in questa difficile temperie econo-
mico-sociale, appare quanto meno opportuno sganciarsi della ferrea
letteralità della norma e abdicare al principio di flessibilità per continuare
piuttosto a garantire alla classe professionale uno strumento di tutela mag-
giormente rispondente a quelle che purtroppo sono diventate le esigenze
del momento. Così facendo si finirebbe non solo per rispettare l’originario
intento dell’illuminato legislatore codicistico, pretesamente superato da
una riforma a dir poco pressapochista, ma anche per parificare le diverse
opportunità che sul piano strettamente della difesa giurisdizionale vengo-
no concesse in modo impari a categorie professionali diverse ma che pur
svolgono una dignitosa e necessaria funzione sociale.
Giulia Galvan
– Dottore in Giurisprudenza (Trento)
Nicolò De Paolini
– Dottore in Giurisprudenza (Verona)
T.A.R. Perugia (Umbria), sez. I, 10 maggio 2016 n. 395
Il parere di congruità sulle parcelle professionali reso dal Consiglio dell’Or-
dine degli avvocati è atto soggettivamente ed oggettivamente amministra-
tivo, che non si esaurisce in una mera certificazione della rispondenza del
credito alla tariffa professionale, ma implica una valutazione di congruità
della prestazione; non esaurendosi dunque siffatta valutazione in un mero
riscontro di conformità alla tariffa delle prestazioni professionali degli av-
vocati, la liquidazione così effettuata interviene nell’esercizio di un potere
ampiamente discrezionale e, se contenuta tra i minimi ed i massimi tariffari,
non richiede specifica motivazione, spettando al contrario al professioni-
sta che lo contesti dedurre e provare che il giudizio stesso si è tradotto in
una determinazione, che finisce con il prescindere dal considerare l’effetti-
va realtà delle prestazioni professionali rese.
Cassazione civile, sez. II, 04 ottobre 2016, n. 19800
La parcella corredata dal parere del competente Consiglio dell’ordine di
appartenenza del professionista, mentre ha valore di prova privilegiata e
carattere vincolante per il giudice ai fini della pronuncia dell’ingiunzione,
non ha valore probatorio nel successivo giudizio di opposizione, in cui il
creditore opposto assume la veste sostanziale di attore e su di lui, di con-
seguenza, incombono i relativi oneri probatori.
Lo ha precisato la Cassazione in riferimento a una controversia relativa
al pagamento di una parcella a titolo di compenso per alcune presta-
zioni professionali di un avvocato, opinata dal competente Consi-
glio dell’ordine.
Breve rassegna di giurisprudenza tratta da:
Parere C.N.D.C.E.C, PO 329/2014, d.d.
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