Il Commercialista Veneto n.228 (NOV/DIC 2015) - page 9

NUMERO 228 - NOVEMBRE / DICEMBRE 2015
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Alessandro Solidoro
NORME E TRIBUTI
DAVIDE SANGIORGIO
Avvocato inBelluno
Autoriciclaggio e
voluntary
disclosure
: una relazione controversa
1. Autoriciclaggio e
voluntary disclosure
:
le cause di non punibilità previste
dalla legge 186/2014.
Con la legge 15 dicembre 2014 n. 186 è stato
introdotto, all’art. 648 ter.1 c.p., il reato di
autoriciclaggio, che punisce, con la pena della
reclusione da due a otto anni, chiunque avendo
commesso o concorso a commettere un delitto
non colposo impiega, sostituisce o trasferisce
in attività economiche, finanziarie,
imprenditoriali o speculative il denaro, i beni o
le altre utilità, provenienti dalla commissione
di tali delitti, in modo da ostacolare
concretamente l’identificazione della loro
provenienza delittuosa. Nei casi in cui il denaro,
i beni o le altre utilità provengano dalla
commissione di un delitto non colposo, punito
con la reclusione inferiore nel massimo a cinque
anni, la pena della reclusione è ridotta da uno a
quattro anni. Al quarto comma è stata
introdotta una causa di non punibilità relativa
alle condotte per cui il denaro, i beni o le altre
utilità vengano destinate alla mera utilizzazione
o al godimento personale.
La norma fa parte di un complesso di disposizioni
relative all’emersione e al rientro di capitali detenuti
all’estero, nonché al potenziamento della lotta
all’evasione fiscale, essendo entrata in vigore
contestualmente alla disciplina istitutiva della cd.
voluntary disclosure,
e cioè a quella procedura a cui –
in virtù delle proroghe intercorse– è possibile accedere
con richiesta presentata entro il 30 novembre 2015,
con la quale il contribuente infedele si autodenuncia al
Fisco, documentando gli investimenti e le attività di
natura finanziaria detenuti all’estero in violazione delle
disposizioni sul monitoraggio fiscale, non indicati in
dichiarazione nel cd. quadro RW, od occultati in Italia.
Dunque, oggetto di autodenuncia devono essere tutti i
beni celati all’erario, posseduti dal cd. collaborante in
Italia o all’estero, avendo l’istituto quale scopo quello
di sanare le violazioni in materia di imposte sui redditi
e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta
regionale delle attività produttive, di imposta sul valore
aggiunto, relative alle dichiarazioni di sostituto
d’imposta e degli obblighi di monitoraggio fiscale.
La disciplina introdotta con la legge 15 dicembre 2014, n.
186
prevede inoltre che la suddetta emersione, laddove
avvenga nel rispetto della particolare procedura di
disclosure
tracciata dal legislatore, comporti il venirmeno
della punibilità di determinati reati, ritenuti più
frequentemente connessi ad episodi di evasione fiscale;
l’esclusione della punibilità a seguito di
disclosure
opera
non solo per chi si è autodenunciato, ma anche per coloro
che siano concorsi nel reato del contribuente infedele.
Così l’art. 5 quinquies, introdotto dalla novella nel
testo del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con
modificazioni, dalla L. 4 agosto 1990, n. 227, dispone
che il collaborante non è punibile per i delitti di
dichiarazione fraudolenta, mediante uso di fatture o
altri documenti per operazioni inesistenti o mediante
altri artifici (artt. 2 e 3 D.Lgs. 74/2000), infedele (art.
4 D.Lgs. 74/2000) od omessa (art. 5 D.Lgs. 74/2000)
nonché per le fattispecie di omesso versamento di
ritenute certificate e dell’IVA (artt. 10 bis
e 10 ter),
seppur ovviamente nei limiti degli imponibili, delle
imposte e delle ritenute oggetto della collaborazione.
È prevista, inoltre, la non punibilità per le condotte di
riciclaggio (art. 648 bis
c.p.) e reimpiego (art. 648 ter
c.p.), ma solo qualora l’oggetto materiale di tali illeciti
sia costituito dai proventi di un delitto tributario
coperto, a sua volta, dalla causa sopravvenuta di non
punibilità [art. 5 quinquies, lett. b)].
Infine, non sono punibili le condotte di autoriciclaggio
(art. 648 ter 1. c.p.) realizzate entro il termine ultimo
per presentare la richiesta di accesso all’istituto,
anch’esse soltanto se commesse in relazione ai delitti
tributari per cui l’esito positivo della procedura in
commento escluda la punibilità, e sempre nei limiti
delle attività oggetto di collaborazione volontaria [art.
5 quinquies, comma 3]
1
.
Quale conseguenza della scelta di limitare la portata
della causa di non punibilità ai soli delitti integranti
l’evasione d’imposta, in relazione a cui il contribuente
si renda trasparente al Fisco, e alle condotte connesse
di riciclaggio, reimpiego o autoriciclaggio, restano
molteplici e rilevanti fattispecie delittuose per le quali
il legislatore non ha stabilito l’operatività della suddetta
condizione sopravvenuta di non punibilità
2
.
Si pensi a titolo esemplificativo, oltre alle diverse
fattispecie tributarie escluse dall’elenco di cui all’art.
5 quinquies
(
in primis
l’art. 8 D.Lgs. 74/2000, ovvero
l’emissione di fatture per operazioni inesistenti), ai
reati di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), di
infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.), di corruzione
tra privati (art. 2635 c.c.), nonché ai delitti di false
comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 c.c.) e contro
la fede pubblica, ipotesi, le ultime due, espressione di
una scelta di segno contrario rispetto a quella compiuta
dal legislatore nel D.L. 78/2009 (cd. scudo fiscale
ter
),
che disponeva la non punibilità per i predetti illeciti,
ove commessi per eseguire od occultare i delitti tributari
coperti dal cd. scudo fiscale.
Nulla quaestio
circa la perdurante punibilità dei
suddetti delitti, così come è indubbio che l’esito
positivo della collaborazione volontaria non potrà
elidere la responsabilità penale per i fatti di riciclaggio
(art. 648 bis c.p.) e reimpiego (art. 648 ter c.p.) ad essi
relativi. Altrettanto rimarranno punibili condotte di
autoriciclaggio eventualmente realizzate prima della
richiesta di adesione alla procedura (purché ovviamente
successive all’1 gennaio 2015, data di entrata in vigore
del delitto di autoriciclaggio), qualora oggettomateriale
delle condotte siano proventi di delitti diversi
da quelli “coperti” dalla legge 186/2014.
Ne deriva che, in tali ipotesi, la collaborazione
volontaria potrebbe rischiare di risolversi in
una sostanziale autodenuncia sul piano
penale, soprattutto se si considera la
comunicazione di notizia di reato che
l’Agenzia delle Entrate è tenuta a compiere
all’esito della procedura. Prospettiva che
tuttavia potrebbe essere almeno parzialmente
attenuata, nelle conseguenze concrete e con
riferimento ai soli reati presupposti, nei casi
di intervenuta prescrizione almeno dei delitti
generatori dei flussi.
2. Autoriciclaggio e
voluntary disclosure
:
la collaborazione volontaria come
condotta di per sé penalmente rilevante
Più articolata è invece la problematica se il
rientro (che appare rientrare nel paradigma
della condotta di “trasferimento” ovvero di
“impiego in attività finanziarie”) dei capitali
provenienti da tali reati (non coperti da clausola di non
punibilità), realizzato attraverso il ricorso alla
procedura di
voluntary disclosure
, possa, di per sé
considerato, integrare un fatto di autoriciclaggio.
Questione ancor più delicata se si considera che la
punibilità ai sensi dell’art. 648 ter 1 c.p. prescinde,
per orientamento giurisprudenziale consolidato già in
tema di riciclaggio e reimpiego, dalla eventuale
prescrizione del reato presupposto. In altre parole si
tratta di valutare la configurabilità di un’ipotesi di
autoriciclaggio consumatasi proprio aderendo alla
collaborazione volontaria (ad esempio mediante
eventuali trasferimenti di utilità propedeutici
all’adesione), posto che, come già sopra anticipato, la
legge 186/2014 ha limitato l’esclusione della punibilità
del collaborante a quei casi in cui l’oggetto materiale
del delitto di cui all’art. 648 ter.1. c.p. sia il provento
di un delitto tributario a sua volta non punibile a norma
della novella legislativa.
Si pensi ad esempio all’imprenditore, cui siano attribuibili
condotte di appropriazione indebita o di infedeltà
patrimoniale ai danni dell’azienda, generatrici di flussi
personali ed extra-aziendali verso l’estero, il quale faccia
rientrare in Italia tali flussi mediante trasferimento
connesso alla
voluntary disclosure
, eventualmente
reintroducendoli e reinvestendoli in azienda.
Sul punto il discrimine interpretativo pare doversi
ricercare, e potersi rintracciare, nella trasparenza con
la quale il collaborante esponga all’Agenzia delle Entrate
l’origine dei proventi oggetto di riemersione, e dunque
nel contenuto della relazione di accompagnamento che
il contribuente che accede alla procedura è obbligato
ad unire alla documentazione, finalizzata a
rappresentare analiticamente, per ciascuna annualità
d’imposta oggetto di collaborazione, i dati
schematicamente riportati nella richiesta, e a fornire
tutte le notizie di supporto atte a rendere gli stessi
intellegibili
3
.
Qualora, infatti, la relazione di accompagnamento
fornisca una specifica e puntuale evidenza della
SEGUE A PAGINA 10
1
Cfr. F. D’A
RCANGELO
,
Gli effetti penali della Voluntary Disclosure e la responsabiltà da reato degli enti
, in Rivista 231, 2015, 9.
2
Cfr. sul punto A. Perini,
Voluntary disclosure: l’elenco incompleto delle fattispecie non punibili
, in Il Fisco, 2015, 348.
3
Cfr il format per la redazione della relazione di accompagnamento e per la predisposizione della documentazione ai sensi dell’art. 5 quater, lett. a), del D.L. n. 167 del 1990,
allegato n. 4 al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate Prot. n. 2015/13193.
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